
Azioni e reazioni
La sbornia anti-Trump costa cara a Macron: The Donald s’infuria per i dazi Ue e minaccia il 200% sui vini francesi (e non solo)
I produttori europei chiedono cautela e dialogo, ma Parigi alimenta l'escalation con una risposta muscolare. Tajani: «A Rubio dirò che una guerra commerciale non conviene a nessuno. L'importante è non farsi prendere dal panico: ci sono altri mercati su cui lavorare»
Non ha tardato ad arrivare la risposta di Donald Trump all’annuncio di dazi da parte dell’Ue, programmati a partire da aprile come «contromisura» alle tariffe del 25% imposte dagli Usa sulle importazioni di acciaio e alluminio. «L’Unione europea, una delle autorità al mondo più ingiuste e ostili su tasse e dazi, formata con il solo scopo di approfittare degli Stati Uniti d’America, ha appena imposto un odioso dazio del 50% sul whisky. Se questa tariffa non sarà subito rimossa, gli Stati Uniti imporranno a breve dazi del 200% su tutti i vini, gli champagne e i prodotti alcolici in arrivo dalla Francia e dagli altri Paesi dell’Unione europea», ha scritto Trump su Truth, aggiungendo che «sarà grandioso per le aziende statunitensi di vino e champagne». «Gli Stati Uniti – ha lamentato Trump – non hanno liberi scambi, hanno scambi stupidi. Il mondo intero ci deruba».
Trump s’infuria per i dazi Ue e attacca la Francia: il 200% sui loro vini
Colpisce in particolare il riferimento alla Francia, che può essere letto, sì, come semplice “simbolo” della produzione vitivinicola europea, ma anche come un avvertimento a più ampio spettro sull’atteggiamento muscolare assunto nei confronti di Washington da Macron e inseguito da alcuni partner europei, sebbene la Commissione abbia confermato di essere ancora e sempre disponibile ai negoziati.
Von der Leyen: «Restiamo aperti ai negoziati. Sefcovic in contattato con i suoi omologhi Usa»
«Non abbiamo nuovi commenti sulla dichiarazione del presidente Trump. Tuttavia, possiamo confermare che il Commissario Sefcovic ha contattato immediatamente i suoi omologhi americani dopo gli annunci di ieri, e sono in corso preparativi per delle chiamate», ha spiegato un portavoce della Commissione, rispondendo alle domande dei giornalisti. È stata poi la stessa Ursula von der Leyen a chiarire che «non ci piacciono i dazi perché li consideriamo tasse. Abbiamo sempre detto e dimostrato che difenderemo i nostri interessi. Allo stesso tempo, siamo aperti ai negoziati: il commissario al Commercio è in contatto con il suo omologo negli Stati Uniti e domani – ha confermato la presidente della Commissione – avranno una telefonata proprio su questo tema».
L’allarme dei produttori, che chiedono «realismo» e «negoziazione»
La minaccia di Trump allarma i produttori di tutta Europa, che dalla Francia all’Italia chiedono alla Commissione Ue di essere «realista» (la Federazione vini francese) e di «agire in modo coeso privilegiandola negoziazione» (Confagricoltura). Appelli che, però, non trovano negli Stati membri le stesse risposte. Così, mentre il governo italiano continua a sostenere la necessità di una linea di confronto, nella consapevolezza che la guerra commerciale non giova a nessuno, il governo francese sceglie di continuare a sulla strada del braccio di ferro, alimentando una escalation dei toni che non aiuta certo a distendere il clima.
Parigi insiste col braccio di ferro
La Francia è «determinata a reagire», ha detto il ministro del Commercio estero Laurent Saint-Martin. «Non cederemo alle minacce e proteggeremo sempre le nostre industrie», ha proseguito il ministro francese su X, deplorando la «prepotenza» di Trump nella «guerra commerciale che ha scelto di scatenare». Insomma, in Francia sembrano intenzionati a perseguire la linea del muro contro muro, inseguendo Trump nelle sue uscite che, spesso, si sono rivelate principalmente più finalizzate a creare le basi per un vantaggio negoziale.
Tajani: «A Rubio dirò che una guerra commerciale non conviene a nessuno»
Impegnato al G7 dei ministri degli Esteri in Canada, Antonio Tajani ha continuato a perseguire, invece, la linea dei “nervi saldi” che più volte Roma ha invocato di fronte alle mosse del presidente Usa, invitando gli alleati a non lasciarsi prendere la mano nel commentare in modo drastico ogni sua affermazione. Al segretario di Stato americano, Marco Rubio (che incontrerà domani mattina, ndr), «dirò soltanto che una guerra commerciale non conviene a nessuno», ha spiegato il titolare della Farnesina, dicendosi «altresì convinto che l’Italia può importare di più dagli Stati Uniti, può investire di più negli Stati Uniti e un import maggiore e maggiori investimenti italiani potrebbero essere anche uno scudo per tutelare le nostre esportazioni in quel Paese».
Negoziare con gli Usa e guardare a nuovi mercati: il pragmatismo italiano, senza farsi prendere dal panico
Ma non ci sono solo gli Usa. «Messico, Turchia, Paesi del Golfo, Giappone, India sono mercati dove noi possiamo lavorare, cercando di incrementare le nostre esportazioni, fermo restando che vogliamo continuare a esportare anche negli Stati Uniti», ha proseguito Tajani, sottolineando che «tenendo conto che i prodotti italiani sono tutti prodotti di altissima qualità, quindi chi cerca il prodotto italiano pur di averlo è disposto anche a spendere un dollaro in più, se ci dovesse essere un dazio in più, questo ci fa essere non contenti, però meno preoccupati». «Quello che è importante in questa fase – ha poi avvertito il titolare della Farnesina – è non farsi prendere dal panico, ma avere delle strategie che permettono di tutelare le nostre imprese: quello che stiamo facendo è cercare di rassicurarle in maniera che possano continuare a dare lavoro». Insomma, la linea dell’Italia resta quella di lavorare per il meglio e attrezzarsi per affrontare l’eventuale peggio, stando ben attenti a non cadere nella trappola di adottare toni che rischiano di favorirlo.