
Un clamoroso autogol
La sinistra non riesce proprio a fare i conti col comunismo: le polemiche sul Manifesto di Ventotene lo confermano
Dai voti in Europa sul totalitarismo al rifiuto di ammettere che nel loro "testo sacro" ci sono passaggi inaccettabili: tutto da quelle parti racconta di un passato che non passa. Ma poi accusano il premier di "fascismo"...
Sempre uguale a se stessa nella sua incrollabile ipocrisia. La sinistra che in queste ore si straccia le vesti perché il premier Giorgia Meloni ha messo in evidenza i concetti insostenibili contenuti nel Manifesto di Ventotene e che l’accusa niente meno che di «apologia di fascismo» per aver preso le distanze da quelle idee non è né più né meno di quella che qualche settimana fa si è rifiutata di condannare i simboli del partito comunista (insieme a quelli nazisti) e prima ancora di condannare il comunismo (insieme agli altri totalitarismi). È, insomma, sempre la solita sinistra che mentre pretende di dare lezioni di storia e democrazia a tutti, fa davvero una gran fatica a fare i conti con la propria storia e con l’idea di democrazia che porta con sé. È tutto qui, in fondo, il tema dell’affaire Ventotene, in cui l’«operazione verità», come l’ha chiamata qualcuno, non l’ha fatta esclusivamente il premier, ma se l’è fatta da sola anche la sinistra. Proprio con le sue reazioni scomposte.
Quel «filo rosso» che ancora lega la sinistra italiana al comunismo
«La sinistra italiana, sotto questo aspetto, si ostina a non crescere e tiene in vita il filo rosso che la lega al comunismo, anche quello che auspicava l’abolizione della libertà. Deve essere questa la ragione per la quale si sono spaccati a Strasburgo sulla risoluzione contro tutti i totalitarismi», ha commentato il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, sottolineando che Meloni «ha messo il dito nella piaga facendo cadere le maschere ai sedicenti democratici». «Tutti i partigiani confinati dal fascismo hanno meritato e meritano il nostro assoluto rispetto, ma se i loro pensieri sono liberticidi – ha aggiunto Rampelli – coloro che hanno una visione democratica della società hanno il dovere di stigmatizzarli».
Quante difficoltà da quelle parti a «fare i conti con la propria storia»
A sottolineare che «la sinistra non è capace di fare i conti con il proprio passato» è stato anche il deputato e responsabile organizzazione di FdI, Giovanni Donzelli. «Ottant’anni fa c’era un altro momento storico. La sinistra continua a usare quelle parole. Non è una questione di fascismo o antifascismo. Non è che se si mette in discussione l’idea della dittatura del proletariato allora si è fascisti. Ricolfi sulla Stampa tre giorni fa ha detto le stesse cose che ha detto la premier: ha detto che chi parla del Manifesto di Ventotene non lo ha letto o non lo ha capito, perché – ha concluso Donzelli – è un manifesto antidemocratico». Anche il capogruppo al Senato di Forza Italia, Maurizio Gasparri, si è soffermato su questo aspetto, spiegando che «nel manifesto di Ventotene ci sono scritte cose inaccettabili, dopodiché la mitologia prescinde dai contenuti che quelli che lo citano non conoscono, quindi abbiamo un caso di analfabetismo politico, perché la gente cita cose che non ha letto».
«Sbagliarono anche i costituenti?»
Il capogruppo al Senato di FdI, Lucio Malan, ha poi sottolineato che «andrebbe ricordato a coloro che insorgono contro Giorgia Meloni per aver semplicemente letto passaggi inaccettabili del Manifesto di Ventotene ed essersene dissociata, che – per il bene dell’Italia – i Padri Costituenti scelsero la strada della democrazia, del rispetto della volontà popolare e della libertà di espressione». «Nel documento tanto celebrato e pochissimo letto si parlava invece di dittatura del partito rivoluzionario, ovviamente partito unico, e di una lontana epoca di democrazia e libertà che poteva arrivare solo quando tutti avranno le stesse opinioni del partito unico. Chi attacca Giorgia Meloni vuol forse dire che i Costituenti sbagliarono?», ha quindi domandato Malan.
Da Meloni una «operazione verità sulla sinistra finto-europeista e sui suoi feticci»
«Il re è nudo» è stato poi il commento del capodelegazione di FdI al Parlamento europeo, Carlo Fidanza, che ha sottolineato che «la coraggiosa operazione verità di Giorgia Meloni sul Manifesto di Ventotene sbriciola uno degli ultimi feticci della sinistra finto-europeista e ne evidenzia la sua vocazione all’intolleranza». «Nell’isteria collettiva nessuno a sinistra riesce ad argomentare una risposta nel merito e gridano al solito fascismo», ha proseguito Fidanza, spiegando che «questa gazzarra rivela una verità piuttosto semplice: se c’è qualcuno che non ha fatto appieno i conti con la propria storia è proprio la sinistra». «Oggi – ha concluso Fidanza – il presunto europeismo della sinistra, alimentato dallo spirito di Ventotene, altro non è che un progetto illiberale di annullamento delle identità nazionali e di annichilimento dell’iniziativa privata a colpi di burocrazia e di ideologia green».
«L’Europa del Manifesto di Ventotene non è la nostra»
Per il co-presidente di Ecr, Nicola Procaccini, poi «oggi è caduto il Muro di Berlino, anche in Italia». «Ha ragione la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni: l’Europa del Manifesto di Ventotene non è la nostra. Con tutto il rispetto per degli uomini coraggiosi che hanno sofferto la prigionia per difendere le loro idee, l’Europa disegnata da Spinelli e compagni era già fuori dalla storia nel 1941, figuriamoci oggi. Ci sta che la sinistra si tenga strette le proprie radici comuniste; è meno comprensibile la sua difesa ancora adesso di una società dove non conta la volontà popolare, ma la dittatura di un partito rivoluzionario. E – ha concluso Procaccini – non fa nulla per nasconderlo, neppure nelle aule parlamentari».