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Lavoro, record di inizio anno: +150mila occupati. Schlein e Landini tacciono, Meloni sorride: “Avanti così”

I dati Istat di gennaio

Lavoro, record di inizio anno: +150mila occupati. Schlein e Landini tacciono, Meloni sorride: “Avanti così”

Economia - di Robert Perdicchi - 4 Marzo 2025 - AGGIORNATO ALLE 18:57

A metà giornata, quando i dati Istat certificano che il mercato del lavoro in Italia è vivo e vegeto come non mai, non si registrano commenti significativi dei due gufi della sinistra politica e sindacale, Elly Schlein e Maurizio Landini, distratti, come non mai, dalle facezie della politica virtuale e poco interessati alle evidenze della vita reale. A gennaio, e questa è vita reale, ma anche statistica ufficiale, la crescita degli occupati affiancata alla diminuzione dei disoccupati e degli inattivi è stata considerevole, rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Il mercato del lavoro, dal 2021, è decollato: c’entrerà qualcosa l’abolizione del reddito di cittadinanza e l’arrivo del governo Meloni? Il numero di occupati in Italia a gennaio tocca quota 24 milioni 222mila, il tasso di occupazione cresce al 62,8%, su base annua, l’occupazione aumenta del 2,2%, con 513mila occupati in più. “Numeri importanti, avanti così”, commenta Palazzo Chigi.

Lavoro, boom di occupati: a gennaio un nuovo record

Nel dettaglio, i dati diffusi dall’Istat mostrano un aumento dell’occupazione (+0,6%, pari a +145mila unità) che riguarda gli uomini e le donne, i dipendenti e gli autonomi, tutte le classi d’età ad eccezione dei 35-49enni tra i quali il numero di occupati diminuisce. Il tasso di occupazione sale al 62,8% (+0,4 punti). “Numeri importanti, che confermano la crescita dell’occupazione e il buon andamento del mercato del lavoro. Ma sappiamo che possiamo e dobbiamo fare ancora di più. Proseguiremo con determinazione su questa strada, per consolidare la crescita e rafforzare la competitività dell’Italia”, commenta la Meloni.

I dati fanno il paio con quelli di ieri, sempre dell’Istat, su Pil, crescita e deficit, e che confermavano la solidità della nostra economia, nonostante un contesto internazionale quanto mai difficile, come fa notare il capogruppo di FdI alla Camera Galeazzo Bignami. “Dalla riduzione del deficit del 3,8%, col ritorno all’avanzo primario e la crescita del Pil dello 0,7%, fino ai dati record sull’occupazione forniti oggi dall’Istat: i numeri parlano chiaro e fanno calare un bel silenzio sulle previsioni catastrofiche della sinistra”.

Il tessuto occupazionale, dunque, è vivo. Il calo delle persone in cerca di lavoro (-0,6%, pari a -9mila unità) interessa gli uomini e tutte le classi d’età, con l’eccezione dei 25-34enni per i quali il numero di disoccupati cresce; tra le donne il valore rimane stabile. Il tasso di disoccupazione scende al 6,3% (-0,1 punti), quello giovanile al 18,7% (-0,3 punti). La diminuzione degli inattivi (-1,2%, pari a -146mila unità) coinvolge entrambi i generi, i minori di 35 anni e chi ha almeno 50 anni d’età, mentre si registra un aumento tra i 35-49enni. Il tasso di inattività cala al 32,9% (-0,4 punti). Ed ancora: confrontando il trimestre novembre 2024-gennaio 2025 con quello precedente (agosto-ottobre 2024), si registra un aumento di 85mila occupati (+0,4%). Il tasso di occupazione, in un anno, sale di 1,0 punti percentuali.

Il silenzio dei sindacati, la soddisfazione di Confcommercio

In assenza del Pd e della Cgil, a commentare i dati ci pensa l’Ufficio Studi di Confcommercio: “A mitigare i molteplici elementi di fragilità del quadro macroeconomico all’inizio di questo 2025, arriva la crescita del numero di occupati a gennaio che, al netto di possibili revisioni, rappresenta comunque l’incremento più significativo dall’estate del 2021”. Quanto basta per certificare che da quando c’è il governo Meloni tanto è cambiato.

“I dati Istat pubblicati oggi certificano un nuovo record per il mercato del lavoro, confermando il successo delle politiche del governo Meloni. A gennaio 2025, il tasso di occupazione sale al 62,8%, il livello più alto dal 2004, mentre la disoccupazione scende al 6,3% e quella giovanile, dato che ci rende orgogliosi, al 18,7%. Crescono gli occupati, sia uomini che donne, dipendenti e autonomi, mentre calano disoccupati e inattivi. Questi numeri dimostrano che la strada intrapresa è quella giusta: investire sulla crescita e sulle imprese che creano lavoro e ricchezza. È finita l’epoca fallimentare delle mancette e dei sussidi a pioggia: il nostro obiettivo è un’Italia forte, competitiva e protagonista”, è il commento di  Tommaso Foti, ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr.

Sulla stessa linea anche il ministro Urso. ““Ieri sul bilancio pubblico abbiamo avuto dati buoni, l’Italia è un esempio per l’Europa. E oggi il dato sull’occupazione segna un altro record. Ogni mese sempre più occupazione: significa che il nostro Paese sa reagire, forse meglio di altri, nei momenti di difficoltà”, ha detto il ministro delle Imprese e del Made in Italy.

I dati sulla crescita

Rispetto alle previsioni del gennaio scorso, l’Istat ha rivisto al rialzo di due decimali l’andamento del Pil italiano che, nel 2024, cresce dello 0,73% rispetto all’anno precedente, una crescita in linea con quella registrata nel 2023 e con le stime della Commissione europea per la zona euro. Il settore agricolo cresce del 2% e anche il settore delle costruzioni fa segnare un +1,2%, nonostante la fine del Superbonus, pienamente sostituito dalle opere del Pnrr.

L’economia italiana ha evidenziato un’ottima capacità di ripresa post Covid, con un Pil superiore del 5,6% rispetto al 2019. Migliore solo il dato della Spagna, con un’economia sostenuta dall’aumento dell’immigrazione e della popolazione. In termini di PIL per abitante, l’Italia fa nettante meglio rispetto ai quattro maggiori Paesi dell’Eurozona: +6.9% rispetto al 2019, contro il +3,1% della Spagna e il -1,6% della Germania, con la Francia ferma a +1,1% a fine 2023 (mancano i dati ufficiali del 2024).

I nuovi dati Istat evidenziano, inoltre, la solidità dei conti pubblici italiani, con un andamento migliore di quanto previsto dal Governo nel Piano strutturale di bilancio (Psb) e dalla Commissione europea e decisamente migliore rispetto alle previsioni del FMI e di alcune agenzie di rating.

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