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L’effetto Serra sul campo largo: una piazza senza alcun progetto “batte” il centrosinistra

L'editoriale

L’effetto Serra sul campo largo: una piazza senza alcun progetto “batte” il centrosinistra

Da assist al Pd per tentare stanare il governo sul dossier Ucraina a kermesse "maledetta" che ha amplificato il vuoto pneumatico nel maggior partito della sinistra

L'Editoriale - di Antonio Rapisarda - 16 Marzo 2025 alle 07:00

«Ma non poteva restarsene comodo sull’Amaca?». Premessa: non abbiamo sbirciato la chat interna al Pd (non è il nostro stile) né riportato alcun retroscena fra i lealisti del Nazareno. Stiamo solo verosimilmente immaginando lo stato d’animo di Elly Schlein e dei suoi discepoli a margine della manifestazione convocata da Michele Serra: quello che, scomodatosi dalla sua rubrica “dondolante” su Repubblica per entrare nell’agone dell’anti-trumpismo, ha finito per complicare la vita alla segretaria. Di più. Riempiendo piazza del Popolo senza alcun progetto, il giornalista satirico ha reso plastico il deserto progettuale del campo largo.

Da assist al Pd per tentare di stanare il governo sul dossier Ucraina, dunque, a maledizione che amplifica il vuoto pneumatico nel maggior partito della sinistra. La manifestazione europeista di piazza del Popolo, voluta dal partito “interventista” del gruppo Gedi sull’onda dell’indignazione contro l’ipotesi della pax trumpiana (nient’altro che invidia cieca contro la capacità del tycoon di insinuarsi nei fallimenti dei paladini dem), non aveva fatto i conti evidentemente con il favoloso mondo di Elly. Quello tutto paradossi e sofismi: coi suoi «no» al riarmo nazionale e i «sì» alla difesa europea, la segretaria Pd ha tentato infatti di dare una parvenza di credibilità alla contrapposizione all’europeissimo piano ReArm di Ursula von der Leyen.

Peccato per lei che in Europa ciò ha dimostrato una cosa sola: il clamoroso isolamento del Pd dalla famiglia dei socialisti e dai governi dei 27. Tutti concordi con la necessità di rilanciare gli investimenti nella Difesa continentale. Peggio ancora è andata dentro i confini nazionali, con un Nazareno dilaniato al proprio interno e mai stato ufficialmente così distante dal Quirinale – gestione Mattarella – sul dossier dirimente delle politiche europee. Due crisi che da quella parti di solito producono un responso senza appello: ossia che l’attuale leadership dei dem non possiede le categorie elementari per sperare di far “carriera”. Da partito guardiano del sistema, insomma, a partito di assemblea…d’istituto. Tutto questo poi? Per il timore di lasciare lo spazio della protesta a Giuseppe Conte? Decisamente troppo.

Una gestione dilettantesca che ha lasciato sgomenti i cosiddetti padri nobili del Pd (incluso il demiurgo di Elly, Dario Franceschini), scatenato contro la leader la minoranza interna nonché costretto lo stesso guru di Repubblica a condire di ulteriore vacuità i temi dell’adunata eurolirica pur di permetterle la passerella. Fino a dover esternare dal palco che «questa piazza» sui temi della pace, della guerra, del ruolo dell’Europa, «non ha risposte ma ha ben chiare le domande, è un punto interrogativo di colore blu». Supercazzola perfetta a cui si è associato il Pd: quello chiamato però, sulla carta, a fornire le risposte a piazze come questa. E magari a riuscirle a convocare e a convogliare su una vera piattaforma.

Morale? Se la kermesse europeista avrebbe voluto e dovuto mostrare che tutti insieme quelli del campo largo possono farcela a contendere la partita alla destra, l’effetto Serra ha mostrato in Eurovisione l’esatto contrario: è il campo delle contraddizioni insanabili. Sublimate proprio all’interno del Pd. Ecco perché a quel morettiano «non perdiamoci di vista», con cui Serra ha chiuso la kermesse manca l’elemento di verità nei confronti dei leader della sinistra che inaugurò proprio il successo (illusorio) del Nanni Moretti “girotondino”: «Con questi dirigenti non vinceremo mai». Valeva ieri, vale decisamente oggi.

 

 

 

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di Antonio Rapisarda - 16 Marzo 2025