
L'iniziativa della sinistra
L’isola dei divisi: naufraga tra assenze e silenzi il viaggio anti-Meloni. Si sfascia pure il “campo Ventotene”
“Tristi, solitari y final”, come in un romanzo di Osvaldo Soriano. O forse, come in un film “morettiano”, ha vinto il “mi noteranno di più se vado a Ventotene o se non ci vado?“. Metafore in abbondanza, gente poca, a Ventotene, per il sit-in pro-Spinelli e anti-Meloni: alla fine a “indignarsi” via mare non c’è andato quasi nessuno di quelli che “contano” nel centrosinistra, Conte in primis, e di conseguenza anche la sua ombra politica Elly Schlein. Ma a manifestare in trasferta, sull’isola pontina cara ad Altiero Spinelli e “patria” del Manifesto per l’Europa “federata” ma anche comunista, molto comunista e poco democratica – come denunciato da Giorgia Meloni – non c’erano neanche Carlo Calenda, Angelo Bonelli, Nicola Fratoianni, Matteo Renzi. Il “campo Ventotene” è dunque naufragato al primo viaggio, all’indomani della sollevazione politica della sinistra e le urla alla “lesa maestà” per le critiche rivolte dalla premier al Manifesto che viene impugnato come la bandiera della futura Europa da chi si richiama ai valori del progressismo mondiale, ma vetero-comunista, a dir poco.
La sinistra naufraga anche nella spedizione a Ventotene
A Ventotene, di conosciuto, a rendere omaggio ad Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni e al loro Manifesto, c’era solo Nicola Zingaretti e un po’ di dirigenti del Pd laziale, il deputato romano Roberto Morassut, i parlamentari Peppe Peovenzano, Filippo Sensi, Marianna Madia, Michela De Biase e Andrea Casu. Seconde linee, in pratica. Poi c’era qualcuno del micro-cosmo di +Europa, come Andrea Massaroni, il consigliere regionale ed ex deputato renziano Luciano Nobili, il segretario provinciale di Latina di Sinistra Italiana Giuseppe Bortone e il segretario regionale del Movimento federalista europeo Antonio Argenziano. “Noi siamo qui per un atto d’amore nei confronti di quest’isola, una reazione spontanea che c’è stata. E merita il sostegno di tutti coloro che oggi potevano essere qui. Giorgia Meloni doveva solo rendere grazie a quegli uomini perché se oggi lei è seduta su quella poltrona è anche grazie a loro”, ha detto Provenzano, responsabile degli Esteri. Zingaretti c’è rimasto male, ma non vuole ammetterlo. “Chi non è venuto non credo che sia contro, forse aveva altre cose da fare. Io sono contento di esserci, però”.
S’è notato, alla fine, più chi non è andato, come Calenda, che ha pontificato da Roma: “La retorica in Italia serve spesso a fuggire dalle responsabilità. Oggi l’atto più europeista che si può compiere è costruire una Nato europea. Per farlo occorre anche spendere più in difesa. Questo è il crinale dell’europeismo. Rileggere De Gasperi insieme a Spinelli”. E Ventotene? Boh. Non c’è nessuna polemica in questo atto e non va vista come una polemica. Io sono d’accordo che ognuno sta in queste battaglie come decide di esserci. Conte ha detto chiaramente quello che pensa. Noi vogliamo stare nella partita con la nostra identità ed è giusto che sia così. L’importante è che tutti lavoriamo per tentare di costruire una proposta unitaria al termine”. E Conte? Era nell’Avellinese. “Non basta appellarsi a Ventotene, bisogna combattere sul terreno, concretamente”.
Vento d’estate, io vado a Ventotene voi che fate, non mi aspettate, forse mi perdo… avrebbe cantato Max Gazzè.