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Londra smentisce Macron sulla tregua di un mese per l’Ucraina

Il commento

Londra smonta l’ultima macronata. Ma su una cosa il presidente francese ha ragione: c’è un gran bisogno dell’Italia

Il ministro britannico delle Forze armate smentisce l'accordo con Parigi per la tregua di un mese in Ucraina: «Non è stato concordato»

Politica - di Annamaria Gravino - 3 Marzo 2025 alle 14:29

Francia e Gran Bretagna non hanno ancora trovato un accordo su un piano di tregua parziale per l’Ucraina. A renderlo noto è stato il ministro britannico delle Forze armate, Luke Pollard, frenando, se non smentendo, la rivelazione che Emmanuel Macron ha affidato ieri sera a Le Figaro, a vertice di Londra appena concluso. «Non è stato raggiunto alcun accordo su come dovrebbe apparire la tregua», ha dichiarato Pollard a Times Radio. La versione è stata confermata all’Afp da un funzionario britannico, che ha ammesso che «non è stata concordata la tregua di un mese». E, soprattutto, da Downing Street, che lo ha derubricato a una delle «varie opzioni sul tavolo».

Londra smentisce Macron sulla tregua di un mese in Ucraina

Parlando in esclusiva con il quotidiano francese, Macron ha presentato la proposta congiunta per la tregua di un mese «nell’aria, nei mari e nelle infrastrutture energetiche» come qualcosa sostanzialmente di fatto, precisando che una sospensione di questo tipo «sappiamo come misurarla» mentre per le truppe di terra «bisogna considerare che il fronte, oggi, è l’equivalente della linea Parigi-Budapest. In caso di cessate il fuoco, sarebbe molto difficile – ha sottolineato – verificare il rispetto del fronte».

L’ennesima fuga in avanti del presidente francese

L’impressione, insomma, è Macron abbia compiuto una nuova fuga in avanti, anche rispetto al partner con cui pure ha deciso di intestarsi un attivismo piuttosto rischioso, a partire dall’impatto che può avere sull’Europa, sulla sua immagine, sulla sua possibilità di trovare una sintesi che le consenta di presentarsi al tavolo come player unico e autorevole.

La differenza tra Starmer e Macron

È un terreno assai scivoloso quello sul quale il presidente francese ha scelto di giocare. E, d’altra parte, l’all in è una mossa coerente per un leader che nei nuovi scenari che si sono aperti intorno all’Ucraina sta cercando di ritagliarsi uno spazio di sopravvivenza. In questo in buona compagnia del premier britannico Keir Starmer, che a sua volta vive problemi interni molto forti e avrebbe un ritorno politico e di immagine senza pari da un eventuale successo dell’operazione.

Ma Starmer è fuori dall’Ue e, dunque, la sua accelerazione non solo si giova di presupposti diversi da quelli di Macron, ma può essere più facilmente ricompresa in uno sforzo collettivo in cui i diversi partner, in questo caso il Regno Unito, operano ciascuno per la propria parte e facendo leva sulle proprie specificità per poi rimetterle sul tavolo dell’azione comune. Lo stesso non si può dire di Macron, leader di un Paese dell’Ue, al quale legittimamente il premier Giorgia Meloni qualche giorno fa ha chiesto a che titolo avesse parlato con Trump.

Uno schema superato

Cosa muove Macron? Ad oggi la risposta che appare più plausibile è quella di una ricerca della perduta grandeur. Non a caso lo schema che torna a proporre all’interno dell’Ue, dopo quella fuga in avanti fuori dai suoi confini, è l’antico asse franco-tedesco, allargato ora all’Italia ma senza dismettere il retropensiero per cui “noi dettiamo la linea”. «Stiamo cercando di muovere le cose. E abbiamo bisogno dell’Italia, di un’Italia forte che agisca a fianco della Francia, della Germania, nel concerto delle grandi nazioni. Per questo ho invitato il primo ministro italiano, Giorgia Meloni, lo scorso 17 febbraio», ha detto il presidente francese intervistato da Il Foglio. «È necessario che l’Italia sia al nostro fianco, che si impegni in questo percorso, e che lo faccia da grande Paese europeo, sulla scia di quanto ha fatto Mario Draghi. In questo momento dobbiamo restare uniti», ha aggiunto.

Quello su cui Macron ha ragione: serve l’Italia

Diverse cose non funzionano in questo ragionamento. La prima che quella Francia e quella Germania non esistono più, così come non esiste più la credibilità che i loro leader hanno avuto in passato. La seconda è che, anche a prescindere da questo, quell’Ue non esiste più o, per lo meno, ha intrapreso la strada del superamento della logica dei Paesi di serie A, che decidono, e dei Paesi di serie B, che devono seguire. È invece maledettamente vero che serve un’unità, ma in questa fase storica non è più quello schema a poterla garantire. Per questo è altrettanto vero che non Macron, ma l’Europa e le difficili trattative in atto hanno bisogno dell’Italia, il cui premier ha molto ben chiaro che quel paradigma non può più funzionare e che l’Ue deve poter contare su leadership che fanno le leadership, ovvero che sanno guidare guardando oltre il proprio orticello, trasmettendo il senso di una reale unità di intenti e senza far valere una voce grossa che rischia di essere controproducente. E questo anche al netto di quel ruolo di ponte con gli Usa che oggi nessuno nell’Ue può giocare quanto Meloni.

La lezione di Meloni: «Giocare le proprie carte nell’interesse di tutti»

«L’ombrello nucleare europeo è un tema che mi pare prenda in considerazione un disimpegno anche degli Stati Uniti. Io eviterei questo scenario, sono tutti scenari che non auspico», ha detto tra l’altro la premier italiana, al termine del summit di Londra sull’Ucraina. «Io penso, invece, che noi dobbiamo lavorare per rafforzare la nostra unità e penso che questo sia l’impegno e il ruolo dell’Italia in questa fase. Penso che l’Italia su questo possa giocare le sue carte, non semplicemente nel suo interesse ma – ha chiarito Meloni – in un interesse che è di tutti».

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di Annamaria Gravino - 3 Marzo 2025