
I dolori della gauche
L’”onore” di Elly: l’articolo 54, il Quatargate e i “mascariati” della sinistra
Dal Nazareno citano l’articolo 54 che parla in generale di “pubbliche funzioni”? La mannaia della norma “giacobinizzata” deve calare allora anche sulle teste di Fassino, Appendino, Lucano, Davigo...
A memoria, l’articolo 54 della Costituzione fu, per la prima volta, gettato nell’arena politica da Pierluigi Bersani, ma oggi fa parte della cassetta degli attrezzi di Elly Schlein: lo ha esibito e scagliato dai banchi dell’opposizione in occasione della mozione di sfiducia alla ministra del Turismo Daniela Santanchè; trasformata in un atto di fiducia del Parlamento a seguito della sua bocciatura da parte dell’aula. Un capolavoro delle opposizioni.
Disciplina e onore secondo la leader del Pd
Cosa dice l’articolo 54, secondo comma, della Carta? “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”. Per molti anni il costituzionalismo di casa nostra lo aveva considerato una norma ridondante o per dirla tutta, superflua, perché ripete un contenuto già espresso in altri precetti, dai contorni più precisi e meno eticizzanti, della Costituzione (come gli articoli 3, 27, 97, 98). Ora la disposizione è stata riverniciata ad asseriti fini di moralizzazione, come arma impropria giustizialista, per colpire quella categoria di “funzionari onorari” che sono i politici; anche se indagati, imputati, non condannati con sentenza definitiva; cioè innocenti, come ci hanno lasciato detto e scritto i padri costituenti: “L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva” (art 27 Cost). E i più freschi patres conscripti europei: “Ogni imputato è considerato innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata”, ammonisce l’articolo 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. Ma se così è, i fatti politici di tutti i giorni finiscono per incapparci in questi due concetti – disciplina e onore – dal vago sapore patriarcale, diciamo così. Ma i linostoli della Schlein le scrivono speech piuttosto spicci, non glieli spiegano e lei si ruzzola in diretta tv, tra cose complesse, di cui mastica poco o nulla, tanto per aggredire un Delmastro, una Santanchè o addirittura il Guardasigilli Nordio. Insomma, ciò che il convento giudiziario passa in quel momento.
Dal profumo di Fassino al Qatargate di Moretti e Gualmini
Solo che ai già noti nomi dell’area progressista – giustizialista condannati con sentenze passate in giudicato che continuano ad esercitare il mandato in contrasto con la lettura estremista dell’articolo 54 (gli onorevoli Chiara Appendino e Mimmo Lucano e il giudice-presidente tributario Davigo), se ne aggiungeranno altri. Un caso a parte se lo è conquistato il profumo Chanel dell’onorevole Fassino: il giudice ha estinto il reato (che quindi c’è stato), previa condotta riparatoria di 500 euro pagati dal reo al negozio “derubato” (articolo 162 del Codice penale). Insomma, un caso di “onorevole senza onore” stando all’editto Schlein. La quale – e la capisco – in questi giorni è piuttosto agitata per la nuova vicenda che va a cadere proprio in testa a lei: quella delle due deputate Pd per le quali la Procura belga ha chiesto la revoca dell’immunità al Parlamento europeo. Bel guaio questo che coinvolge Alessandra Moretti e Elisabetta Gualmini “mascariate” nell’ambito del Qatargate. Leggo che sono state costrette ad “autosospendersi” dal gruppo socialista europeo ma sono difese, senza se e senza ma, dalla delegazione Pd a Bruxelles: “Siamo convinti dell’assoluta estraneità di Alessandra Moretti ed Elisabetta Gualmini ai fatti contestati dalla procura belga”, scrive la delegazione. “Le conosciamo come persone di spiccata onestà e dedizione al loro lavoro nelle istituzioni ed esprimendo loro la nostra solidarietà e vicinanza, apprezziamo la loro disponibilità a collaborare con la magistratura”.
Un patibolo fragile: le pubbliche funzioni non sono solo di chi governa
Insomma, un codicillo ad personas, una exceptio alla sgangherata lettura “ellyschleiniana” dell’articolo 54 della Costituzione; lettura che io – sostenitore di una maggiore attenzione della destra al versante delle garanzie – non condivido affatto. Va bene, o male, fate voi. Ma si pone una questione: qual è il momento del procedimento giudiziario in cui si diventa “indisciplinati”? A partire da quando esattamente si perde l’”onore” ? Dall’avviso di garanzia ? Dalla richiesta di revoca dell’immunità parlamentare ? Dal rinvio a giudizio? Dalla condanna in primo grado? Dalla sentenza definitiva? O vale il contenuto dei reati? E come si decide – e a chi spetta dirlo – quanto è grave o meno un reato ? Ma non mi si predichi che a questo fragile patibolo “costituzionale” debbano essere mandati solo i membri del governo. Perché – spiegatelo a Elly – se citi l’articolo 54 che parla in generale di “pubbliche funzioni”, vale anche per le cariche parlamentari e giudiziarie: la mannaia della norma “giacobinizzata”, deve calare sulle teste colpevoli di Fassino, Appendino, Lucano, Davigo e – forse, stiamo a vedere solo un pochetto – di Moretti e Gualmini, temo. E non ne sono affatto contento, s’intende. Allora, dicevate di Delmastro e Santanchè ?