
Caso Prodi
Noi solidali con la collega Lavinia Orefici. Aspettiamo una “parolina” dall’Ordine dei giornalisti e da Fnsi: se non ora, quando?
La scena restituita dal video mandato in onda nel corso di Quarta Repubblica è inaccettabile nella forma e nella sostanza. Il professor Romano Prodi che tira la ciocca di capelli della collega Lavinia Orefici e quell’aggressività di fronte a una domanda corretta ma sgradita, non si possono guardare. Tanto più se la vittima è una donna, che, in tempi di rivolta contro il patriarcato (vero e presunto), avrebbe meritato ben altra considerazione sui media e vicinanza. Quello sgradevole siparietto dovrebbe imbarazzare ogni sensibilità, al di là delle fedi politiche. Quelle sequenze rappresentano una pagina orribile a cui in decenni di giornalismo non ci è mai capitato di assistere. Non parliamo di violenza o di aggressione fisiche, ma di violenza morale verso una professionista che si era rivolta all’ex presidente del Consiglio in modo garbato. “Mi ha tirato i capelli come le orecchie a un asino”: le parole con le quali la cronista ha raccontato l’episodio riassumono come meglio non si potrebbe l’intero accaduto: l’offesa, il discredito della professionalità e dell’onorabilità, il disprezzo per il suo lavoro (“è un modo volgare di fare giornalismo”). Insomma, la collega è stata trattata come un’ignorante incapace di porgere le domande “giuste” e dunque meritevole della reazione scomposta dell’ex premier. Le immagini parlano chiaro e non lasciano spazio a riduzionismi o giustificazioni, come qualcuno ha avuto l’ardire di proporre.
Non ci stupisce (purtroppo) che alcuni giornalisti abbiano preso le parti del fondatore dell’Ulivo e padre nobile della sinistra con un attacco frontale alla collega definendola con disprezzo “sicaria” di regime. Ci stupisce invece il silenzio di personalità solitamente attente alle questioni di genere, alla libertà di stampa e di espressione. Ci saremmo aspettati una doverosa espressione di vicinanza all’inviata di Quarta Repubblica da parte dell’Ordine dei giornalisti al quale appartiene, di Fnsi, di Stampa romana, solitamente solerti nel denunciare soprusi e sempre loquaci nel difendere diritti lesi nelle varie redazioni o in altri contesti. A tutte queste associazioni che dovrebbero tutelare il nostro lavoro rivolgiamo l’invito a proferire una parola di biasimo per il comportamento di Romano Prodi. Ci risulta impensabile che non abbiano finora espresso solidarietà alla collega e stigmatizzato la reazione dell’ex premier.
Così come ci risulta surreale il silenzio di personalità politiche di sinistra come Laura Boldrini particolarmente sensibili al tema della violenza contro le donne o del variegato universo femminista sempre prodigo di solidarietà alle donne e tuonanti contro rigurgiti di patriarcato. E invece solo un assordante silenzio. Purtroppo non abbiamo avuto il piacere di ascoltare dalla viva voce o dai social la solidarietà dell’ex presidente della Camera che ha fatto della difesa dei diritti delle donne un tratto distintivo del suo fare politica: dalla declinazione al femminile delle professioni alla difesa della possibilità di una giornalista di porgere una domanda su Ventotene a un ex commissario europeo, il passo dovrebbe essere breve, no? Inutile cercare un commento della segretaria del Pd Elly Schlein e delle altre donne dem a diversi giorni dall’episodio. A parti invertite probabilmente avrebbero convocato una piazza a tutela della tenuta democratica e della libertà. Nell’esprimere a nome dell’intera redazione del Secolo d’Italia la piena solidarietà alla collega Lavinia Orefici per l’attacco subìto – ancora più grave vista la statura dell”aggressore’ – non ci arrendiamo e rivolgiamo, una volta ancora, alla Federazione della stampa e all’Odg l’invito a proferire una parola: se non ora quando?