
Vandali contro Musk
Roma, al rogo 17 Tesla incenerite nella notte in una concessionaria. Ipotesi di attacco anarchico
C’è chi accende i riflettori sull’elettrico e chi, a quanto pare, accende direttamente il fuoco. Nella notte tra domenica e lunedì un rogo ha trasformato in carcassa fumante diciassette auto Tesla. È successo in via Serracapriola, zona Torrenova, periferia est di Roma Capitale: una concessionaria della casa automobilistica di Elon Musk è andata in fiamme. E con essa anche l’idea che l’Italia sia al riparo dal clima d’odio che negli Stati Uniti, e non solo, ha già preso la via delle molotov e dei proiettili. «Terrorismo», è stato il commento di del magnate su X.
Tesla al rogo e l’ipotesi del dolo per mano degli anarchici
Non ci sono feriti, ma le immagini parlano da sole: carrozzerie sventrate, vetri liquefatti, la tettoia annerita di una struttura che fino a poche ore prima esponeva l’orgoglio hi-tech dell’automotive americana. «Manifestazioni violente, insulti, assalti e incendi. Troppo odio ingiustificato contro Tesla. La stagione dell’odio e delle guerre deve finire al più presto. La mia solidarietà a Elon Musk e a tutte le lavoratrici e i lavoratori minacciati e aggrediti», ha commentato il vicepremier e segretario della Lega Matteo Salvini.
Le cause sono da chiarire, ma l’ipotesi che qualcuno abbia agito con mano armata di benzina e accendino non è affatto inverosimile. Anzi, è sul tavolo degli investigatori: si parla apertamente di possibile incendio doloso, e non si esclude, parola degli inquirenti, «un attacco anarchico».
L’intervento delle autorità
Sul posto, insieme ai vigili del fuoco, sono arrivati anche gli agenti della scientifica e quelli della Digos. I rilievi sono partiti all’alba, ma sarà solo l’analisi dei filmati di videosorveglianza a stabilire se nella notte qualcuno si sia intrufolato tra le griglie del concessionario, eludendo – o forse disattivando – eventuali sistemi d’allarme.
Nel frattempo, i titolari della concessionaria saranno ascoltati nelle prossime ore. Sarà utile capire se la ditta avesse ricevuto minacce, se vi siano state falle nella sicurezza, o se qualcuno – magari tra i tanti che oggi considerano Tesla il simbolo di un potere da abbattere – avesse già dato segnali inquietanti.
Perché questa, ormai, è una guerra a tutti gli effetti. E il bersaglio non è solo Musk, ma l’idea stessa di “un capitalismo tecno-futurista” legato all’amministrazione Trump.
I precedenti, anche in Europa
Negli Stati Uniti, le proteste contro Musk sono ormai all’ordine del giorno. Cybertruck crivellati di colpi, showroom devastati, stazioni di ricarica ridotte in cenere. La parola d’ordine è «Tesla Takedown», ed è già diventata un movimento internazionale.
A Londra, manifestanti hanno paragonato l’imprenditore a Hitler. A Seattle, quattro pick-up Tesla sono stati dati al fuoco. A Salem, Oregon, un uomo ha lanciato molotov e poi ha imbracciato un fucile semiautomatico per sparare alle vetrine di uno stabilimento.
In Germania, il gruppo di militanti ambientalisti, denominato Vulkan, ha rivendicato l’incendio di un traliccio ad alta tensione nei pressi della gigafactory di Grünheide, spegnendo di fatto lo stabilimento europeo di Tesla. Obiettivo dichiarato: «Il più grande blackout possibile». Non è certo la prima volta, già nel 2021, il movimento era sospettato di aver dato fuoco alla rete elettrica del cantiere.
Musk, Trump e la miccia globale
C’è un filo rosso che collega questi episodi. E porta diritto a Washington, dove Donald Trump ha arruolato Musk come capo del Doge, il Dipartimento per l’efficienza governativa. Un’agenzia nata per «tagliare la spesa pubblica» e che, secondo i critici, centralizza potere e dati sensibili in mano al tycoon dell’auto e dei razzi spaziali.
La sinistra americana e nostrana, un tempo amica del car brand nato sotto Obama, ora lo combatte come un simbolo del trumpismo. Non bastano più i tweet indignati. Ora si incendia. Si vandalizza. Si mira a colpire l’immagine, e con essa il valore in Borsa: -35% in pochi mesi, con un crollo delle vendite fino al 76% in Europa.
Dall’Oregon a Torre Angela: Tesla diventa bersaglio
Ecco perché il rogo di Roma non può essere archiviato come un semplice incendio. Il contesto è globale, l’avversione è politica, e la polarizzazione sull’immagine di Musk è tale da aver trasformato le sue vetture in catalizzatori d’odio. L’Italia, finora spettatrice, potrebbe ora risultare sulla mappa degli obiettivi.
Nelle scorse settimane, infatti, sempre nella Capitale si erano registrati episodi allarmanti: Tesla vandalizzate con scritte ingiuriose contro Musk e Trump, fiancate imbrattate, vetri infranti. Non è chiaro se ci sia un nesso diretto, ma le tempistiche fanno riflettere.