
Le figuracce del Professore
Romano Prodi, disistima e “antipatia epidermica”: ecco cosa pensava Oriana Fallaci di mister Mortadella
La reazione a dir poco scomposta di Romano Prodi alla garbata domanda dell’inviata di Quarta Repubblica su Ventotene, campeggia sui social, diversamente dall’attenzione riservata dai grandi giornali, sedicenti “indipendenti’, che hanno preferito minimizzare il pasticciaccio brutto del fondatore dell’Ulivo, che, lungi dall’andare in pensione, continua ad atteggiarsi a padre nobile della sinistra in debito d’ossigeno. Tra le chicche emerse tra le pieghe del web è ricomparsa una lettera aperta a mister Prodi firmata da Oriana Fallaci. Un pezzo da manuale della grande giornalista fiorentina che non nascondeva una grande disistima verso il personaggio. Un’antipatia “quasi epidermica” suffragata da considerazioni politiche difficili da confutare. Non servono commenti aggiuntivi né esegesi perché la prosa urticante di Oriana Fallaci parla da sé.
La lettera aperta di Oriana Fallaci a mister Mortadella
“Signor Presidente della Commissione europea, so che in Italia la chiamano Mortadella. E di ciò mi dolgo per la mortadella, che è uno squisito e nobile insaccato di cui andar fieri, non certo per lei che in me suscita disistima fin dal 1978″. Questo l’incipit della missiva datata 2004, inserita in “La Forza della Ragione”, che è già un manifesto programmatico. Il resto è una appassionato j’accuse al campione di figuracce europee, all’epoca presidente della commissione Ue, con annotazioni quasi profetiche. Schietta, visionaria, penna tagliente, venti anni fa anticipava le future, non proprio meritorie, imprese prodiane. Il 1978 non è una data casuale, spiega la stessa giornalista, ma l’anno in cui il professore di Bologna partecipò alla ormai famigerata seduta spiritica per chiedere alle anime del Purgatorio dove i brigatisti nascondessero Aldo Moro.
Dalla seduta spiritica su Moro alle figuracce europee
“Non mi parve serio, Monsieur Meglio: non mi parve rispettoso, pietoso, umano, nei riguardi di Moro che stava per essere ucciso. E supplicai il Padreterno di tenerLa lontana dalla politica. Peccato che al solito il Padreterno non m’abbia ascoltato, che in politica lei ci si sia buttato senza pudore”, scrive Fallaci. E ancora: “Da allora quella disistima s’è approfondita nonché arricchita d’una antipatia quasi epidermica. Il solo udire la sua voce manierosa e melliflua m’innervosisce, il solo guardare la sua facciona guanciuta e falsamente benigna mi rattrista, Monsieur. Mi rammenta la Comèdie Italienne o Commedia dell’Arte, Pulcinella e Brighella, Arlecchino e Tartaglia, Con lei ho riso solo due volte. Quando al suo agglomerato politico dette l’acconcio nome e l’acconcia immagine d’un Asino, e quando D’Alema La rimpiazzò a Palazzo Chigi. Il guaio è che per spodestarLa, dovette rifilarla all’Unione Europea, ove ci ha fatto fare non poche figuracce, Monsieur”.