
I conservatori si rafforzano
Scenari: se Simion vincerà in Romania, il Consiglio Europeo si sposterà a destra
Se Aur, favorita nei sondaggi, dovesse vincere alle elezioni del 4 maggio non ci sarà solo un cambio di scenario in Romania ma in tutta l'Unione
Se c’è una cosa che la politica europea insegna è che le partite si giocano spesso su scacchiere più grandi di quelle che appaiono a prima vista. E la Romania, oggi, è la casella che potrebbe cambiare l’equilibrio di potere dentro l’Unione Europea. Un dettaglio che pochi hanno notato: se George Simion dovesse vincere le elezioni presidenziali del 4 maggio, il gruppo dei Conservatori e Riformisti (Ecr) si ritroverebbe con un altro leader nazionale direttamente dentro il Consiglio europeo.
Il colpo strategico per Ecr (e per Meloni)
Non è solo una questione di numeri, ma di dinamiche di potere. Il Consiglio europeo è il vero tavolo delle decisioni, dove i capi di Stato e di governo trattano sulle grandi questioni dell’Unione: dall’economia alla sicurezza, passando per l’energia e la migrazione. Attualmente, Ecr vanta già una presenza significativa con Giorgia Meloni, il premier ceco Petr Fiala e il primo ministro belga Bart De Wever. L’arrivo di Simion allargherebbe il fronte conservatore e ridisegnerebbe gli equilibri dentro l’istituzione più influente dell’Ue.
La Romania poi, con la sua “posizione cerniera” tra Oriente e Occidente, ha un ruolo chiave su dossier delicati e strategici, specialmente in materia di difesa. Avere un presidente rumeno schierato con i Conservatori dunque significherebbe spostare l’asse del Consiglio verso una linea meno incline al dirigismo di Bruxelles e più orientata a una cooperazione intergovernativa tra nazioni sovrane.
Il “grande equivoco” su George Simion
C’è chi si ostina a dipingere Simion come un personaggio radicale, un outsider pericoloso, magari persino filo-russo. La realtà è ben diversa: il timoniere di Aur è sempre stato un politico coerente con la linea conservatrice della sua famiglia politica, di cui è anche vicepresidente di partito. Saldamente ancorato all’Alleanza atlantica, vicino agli Stati Uniti e pienamente consapevole dell’appartenenza del suo Paese all’Europa; la sua presenza all’insediamento di Donald Trump, insieme alla delegazione Ecr, non è che l’ennesima conferma della sua collocazione.
Eppure, oggi, in molti sembrano scoprire con stupore la sua “postura politica“. Ma cosa c’è di nuovo nel definire la Russia una minaccia? Nulla, se non il tentativo di certi osservatori di rimettere a fuoco una narrazione che, fino a ieri, lo dipingeva come un estremista. Simion, del resto, non è Călin Georgescu e non ha mai avuto bisogno di emularlo. Se qualcuno lo ha definito ultradestra, si è semplicemente sbagliato.
Il vero test: come reagirà Bruxelles?
Se la guida di Aur vincerà, la reazione dell’establishment a Bruxelles sarà il vero termometro dello stato di salute della democrazia in Europa. Lo si è già visto con Viktor Orbán e, in misura diversa, anche con Giorgia Meloni prima della sua ascesa: quando un leader conservatore vince, scatta l’allarme nei salotti. Ci si può aspettare la solita narrativa del “pericolo per la democrazia”?
Ma ormai sempre più Stati membri si stanno spostando a destra, e l’elezione di Simion sarebbe solo l’ennesima prova di questo trend. E allora la domanda diventa un’altra: l’Ue accetterà la volontà popolare o si chiuderà in un fortino di resistenze ideologiche? Simion ha già avvertito: «È sicuro al 100%! Sarò presente alle elezioni presidenziali del 4 maggio. Vinceremo e riporteremo la democrazia non solo in Romania, ma ovunque in Europa! È il momento dei patrioti!».