
Altro che epoca buia
“Scritti militanti” di Marco Tangheroni: la bellezza e la storia del Medioevo, tra Europa e radici cristiane
Sarà dura estirpare quel pregiudizio tutto moderno che vede ancora nel Medioevo l’età oscura per eccellenza, dominata dall’irrazionale e dalla superstizione. Inutile affermare come le cose non stiano affatto in questo modo, ma tant’è. La polemica storica viene da lontano e passa dall’età rinascimentale e si consolida con l’Illuminismo. E dire che ci sono stati storici che hanno fatto di tutto per smontare alcuni luoghi comuni persistenti. Basterebbe citare Jacques Le Goff, Régine Pernoud, Franco Cardini o il campione di follower Alessandro Barbero (meno distaccato, purtroppo, quando parla di età contemporanea). Ma ci sono anche dei maestri meno conosciuti, che meriterebbero ben altra diffusione, sia per capacità scientifica che per impegno personale.
Marco Tangheroni (1946-2004), storico in forza all’Università di Pisa prematuramente scomparso, è uno di questi. La raccolta Scritti “militanti”. Nel ventesimo del suo transito al cielo per i tipi di Cristianità può servire a colmare un vuoto. Il curatore è Oscar Sanguinetti; la prefazione è di Mauro Ronco, che ci consegna il ritratto di un uomo tanto forte nelle idee, quanto mite e capace di sopportare le angherie di quegli studenti sessantottini che non si facevano scrupoli a maramaldeggiare sulle sue infermità fisiche. Si tratta, ma non solo, degli interventi partoriti in seno ad Alleanza Cattolica, associazione di ispirazione tradizionale fondata da Giovanni Cantoni e da allora impegnata ininterrottamente in una intensa attività di apostolato culturale e spirituale. Marco Tangheroni è stato anche altro: un collaboratore, tra le altre testate nazionali, del Secolo d’Italia e candidato sindaco a Pisa, nel 1994, quale indipendente sostenuto dalla nascente Alleanza Nazionale.
“Scritti militanti”: l’attualità dell’opera di Tangheroni
Sebbene sia spesso una banalità – come lui stesso ammoniva – parlare dell’attualità di un’opera, sono le recenti vicende internazionali che impongono una seria ed estesa riflessione sull’Europa, la sua missione e le sue radici, che evidentemente non possono prescindere dall’eredità del Cristianesimo medievale quale ingrediente di sintesi rispetto alle culture e le filosofie precedenti. La Chiesa cattolica, per intenderci, soprattutto nella fase trionfante, non vide mai nell’Impero Romano o negli scritti di Platone, Aristotele e Plotino delle pagine da cancellare, ma delle premesse fondamentali da maneggiare con cura. Inutile sottolineare come questo spirito vada in direzione opposta rispetto a quegli ideali rivoluzionari che, non a caso, hanno prodotto la decapitazione dei regnanti, un gesto truculento carico di significati non soltanto politici, ma ontologici.
Sono le sue stesse parole a indicarci quali siano le conseguenze concrete dell’addio al reale per abbracciare le chimere dell’ideologia, la tragedia. «Il nostro secolo – insegnava Tangheroni – ha vissuto l’esperienza drammatica e sanguinosa delle utopie e dei totalitarismi. Ora, l’utopia è appunto l’idea di poter costruire un uomo perfetto, un uomo nuovo, nel quale sia abolita la nozione di peccato originale o sia abolita la nozione dei limiti dell’uomo, che pure una corretta antropologia deve farci riconoscere. Poiché non è possibile costruire tutti gli uomini perfetti, dunque non è possibile costruire una società perfetta: quando si tenta di costruirla perfetta, si cozza contro quelli che sono i fallimenti del modello utopico e, non volendo mettere in discussione il modello, ecco che dall’utopia deriva inevitabilmente il sangue».
Un’opera che comunica valori senza tempo
Le pagine di Tangheroni hanno il dono di infondere entusiasmo e comunicare valori non contrassegnati dalla data di scadenza sul retro. Anche per questo la sua lezione può risultare ancora una volta necessaria se non urgente. «Io dico che se un paragone con il Medioevo ha un senso oggi è il paragone con l’alto Medioevo, cioè con un mondo in cui molti miti sono in frantumi, i cui legami, anche naturali, che consentono la vita sono in crisi e sempre più vengono messi in pericolo».
E aggiungeva: «Il nostro compito, in qualche modo assomiglia a quello degli uomini dell’alto Medioevo: dobbiamo saper guardare con fiducia all’alba del terzo millennio, con ottimismo cristiano, che vuole dire con realismo cristiano, cioè una diagnosi precisa della drammatica situazione presente, saper guardare il futuro con questa voglia di costruire un nuovo mondo, che per essere valido deve tuttavia ispirarsi ai valori fondamentali che già animarono i nostri lontani antenati di 1500 anni fa, ai quali è giusto guardare con gratitudine, con “pietas”».