
Il dopo Gedda
Tregua a tre condizioni per Mosca, ma Peskov frena. E Putin in mimetica nel Kursk prende tempo
Ecco l'ultimatum: lontano Kiev dalla Nato, via i militari stranieri e riconoscimento delle regioni occupate. Intanto, lo zar va al fronte e ordina ai suoi generali di "liberare completamente" la regione
Mosca pare abbia messo le carte in tavola. Perché il Cremlino conceda una tregua di 30 giorni, servono tre condizioni imprescindibili: Kiev fuori dalla Nato, nessuna presenza militare straniera sul territorio ucraino e il riconoscimento ufficiale della Crimea e delle quattro province occupate – Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia – come parte integrante della Federazione Russa. Questo il prezzo del cessate il fuoco, secondo quanto riportato dall’agenzia russa Ria Novosti citando Reuters. Ma il portavoce russo Dmitry Peskov frena: «Non posso né confermare né commentare». L’accordo per la tregua sarebbe stato discusso tra funzionari statunitensi e ucraini martedì a Gedda, in Arabia Saudita. Ora la palla passa a Mosca: «Oggi si terranno contatti tra Russia e Stati Uniti».
Da Mosca si attendono i contatti con gli americani
«Abbiamo seguito l’incontro tra rappresentanti di Washington e Kiev dell’11 marzo e letto la dichiarazione finale, che contiene varie idee. Al momento, però, non abbiamo ricevuto richieste ufficiali. Da parte nostra, siamo pronti a discutere le iniziative delineate lì durante i futuri contatti con la parte americana», ha puntualizzato Peskov in conferenza stampa, asserendo che contatti in tal senso potrebbero avvenire nelle prossime ore.
Putin tra le truppe: “Liberare completamente il Kursk”
Mentre la diplomazia lavora nei palazzi, Putin si mostra sul campo. Indossando una tuta mimetica, il presidente russo ha visitato la regione di Kursk, ordinando ai suoi comandanti di «liberare completamente» il territorio ancora occupato da truppe ucraine. Una dichiarazione che è la prima risposta indiretta al piano di tregua.
Putin: “Mi aspetto che portiate a termine il lavoro”
«Mi aspetto che tutte le missioni di combattimento siano portate a termine e che il territorio della regione di Kursk sia presto completamente liberato dal nemico», ha detto il leader russo al capo di Stato maggiore Valery Gerasimov. La televisione di Stato ha diffuso immagini del presidente all’interno di un punto di comando militare, mentre ascolta il resoconto delle operazioni secondo cui i russi avrebbero rinconquistato oltre l’86% del territorio della regione. «La leadership di Kiev stava cercando di usare l’incursione nel Kursk per fermare i nostri progressi e portare via le nostre truppe dal Donbass. Il piano del nemico è completamente fallito», le parole di Gerasimov.
Dal fronte ucraino: “Proteggere le vite dei soldati”
Dal fronte occidentale, il generale ucraino Oleksandr Syrsky ha confermato un ripiegamento delle sue truppe dal Kursk: «La mia priorità è stata e rimane quella di salvare le vite dei soldati ucraini. A tal fine, le unità delle forze di difesa, se necessario, stanno manovrando verso posizioni più favorevoli», ha scritto in un post. «Nonostante l’accresciuta pressione dell’esercito russo e nordcoreano, terremo le difese nella regione del Kursk fintanto che sarà opportuno e necessario», ha aggiunto Syrsky.
Witkoff atteso a Mosca: la diplomazia si muove
L’inviato speciale di Donald Trump per il Medioriente, Steve Witkoff, è entrato nello spazio aereo russo. Il diplomatico americano, partito dal Qatar dopo un incontro con i cinque ministri arabi, è atteso a Mosca per discutere dell’accordo di tregua. La Casa Bianca aveva annunciato la visita per questa settimana, segno che Washington intende testare le reali intenzioni del Cremlino.
Non è escluso che Putin, nella conferenza stampa prevista dopo l’incontro con il presidente bielorusso Lukashenko, affronti il tema della tregua. «Tutto dipenderà dalle domande dei giornalisti», ha detto poi il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, lasciando intendere che Mosca non ha ancora scoperto tutte le sue carte.
Crosetto: “Ora tocca a Putin”
Dall’Europa, il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto accoglie positivamente l’accordo di Gedda: «È un punto di partenza fondamentale per la pace. Adesso spetta a Putin la risposta». Riunito a Parigi con gli omologhi di Francia, Germania, Polonia e Regno Unito, Crosetto ha sottolineato la necessità di un piano strutturale per l’Ucraina: «Per garantire che non sia solo una tregua di 30 giorni, ma sia l’inizio della pace, l’inizio di un nuovo futuro e di una vita normale per l’Ucraina, per la democrazia ucraina. E che abbia la possibilità di durare negli anni».
FdI a Strasburgo ha anche ribadito la posizione dell’esecutivo sull’eventuale invio di truppe al fronte: se la riunione di Londra va in questa direzione, «noi non partecipiamo». Il riferimento è alla video-call convocata da Keir Starmer con i leader europei pronti a sostenere l’Ucraina. Meloni, per ora, non scioglie la riserva sulla sua partecipazione.
E da Mosca la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova lo dice chiaramente: qualsiasi dispiegamento di forze occidentali in Ucraina, anche sotto il pretesto di una missione di pace, è considerato «inaccettabile» e verrebbe contrastato «con tutti i mezzi a disposizione».
Polonia: “Vogliamo armi nucleari Usa”
Varsavia, al contrario, getta benzina sul fuoco e chiede ufficialmente agli Stati Uniti il trasferimento di armi nucleari sul proprio territorio. Un deterrente efficace contro la Russia, a detta del presidente polacco Andrzej Duda al Financial Times.
La richiesta polacca, già ventilata nei mesi scorsi, si inserisce in una logica di rafforzamento dell’infrastruttura Nato a est. «I confini dell’Alleanza si sono spostati nel 1999. Ora deve spostarsi anche l’infrastruttura Nato a est. Per me questo è ovvio», ha affermato Duda. Una mossa che potrebbe cambiare radicalmente l’equilibrio della deterrenza nucleare in Europa.
Mosca sventa un piano di sabotaggio ucraino
Ordigni esplosivi nascosti in confezioni di profumi, pronti a essere spediti a militari e funzionari russi. È il piano che, secondo il Servizio di sicurezza federale russo (Fsb, ex Kgb), l’intelligence ucraina avrebbe tentato di mettere in atto. Un agente di Kiev è stato arrestato a Pervouralsk, mentre gli inneschi sono stati intercettati prima di raggiungere i destinatari.
Nel frattempo, la guerra nei cieli non si ferma. Mosca ha dichiarato di aver abbattuto 77 droni ucraini durante la notte, intercettati in diverse regioni, tra cui Bryansk, Kaluga e Kursk. Un raid aereo russo ha invece ucciso a morte una donna di soli 42 anni, come rende noto il capo dell’amministrazione militare regionale ucraina, Roman Mrochko. Anche le autorità di Kiev e Dnipropetrovsk hanno riferito di essere state attaccate nelle prime ore del mattino.
Bruxelles conferma le sanzioni contro l’ex vicepremier russo Shuvalov
La Corte di giustizia europea ha respinto il ricorso di Igor Shuvalov, ex vicepremier russo e attuale presidente della Vnesheconombank. Bruxelles conferma dunque le misure restrittive nei suoi confronti, incluse il congelamento dei beni e il divieto d’ingresso nell’Unione.
Shuvalov, secondo il Consiglio Ue, sostiene politiche che minano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina. La Corte ha riconosciuto che le sanzioni non violano i diritti fondamentali dell’ex funzionario, giudicandole proporzionate rispetto agli obiettivi di sicurezza internazionale. Una sentenza che riafferma la linea dura di Bruxelles contro gli oligarchi vicini al Cremlino.