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La sfida del XXI secolo

Verso un nuovo ordine energetico: il nodo della vulnerabilità e la ricerca di indipendenza per affrontare le sfide globali

L’Europa alla prova dell’energia: come sottrarsi all’oligopolio mondiale e riscoprire la forza dell’innovazione industriale

Energia - di Gian Piero Joime - 23 Marzo 2025 alle 06:30

La vulnerabilità energetica è un tema cruciale per il futuro della sicurezza globale. Tra gli esempi più significativi vi sono la crisi del gas in Europa – che ha evidenziato la dipendenza dell’Ue dal gas russo, spingendo gli Stati membri a diversificare le forniture e ad accelerare la transizione energetica – e il controllo, da parte della Cina, delle materie prime critiche (come terre rare e litio) e delle tecnologie fondamentali per la transizione ecologica, dalle batterie ai pannelli solari, fino alle turbine eoliche. Una supremazia che genera una vulnerabilità strategica per le economie occidentali.

L’oligopolio energetico globale

Il sistema energetico mondiale è oggi dominato da uno stato di oligopolio. Un numero ristretto di Paesi e produttori controlla, dalla produzione alla logistica, la maggior parte delle fonti fossili – petrolio, gas e carbone. A ciò si aggiunge il controllo delle filiere delle materie prime critiche e delle tecnologie legate alle rinnovabili, anch’esso concentrato in poche mani.

Le fonti fossili, malgrado gli sforzi per la decarbonizzazione e l’impiego di energia pulita, rappresentano ancora circa l’80% del mix energetico globale e costituiscono una rilevante criticità strategica nei rapporti internazionali. Il controllo delle risorse, delle riserve – spesso localizzate in pochi Paesi – e delle principali rotte di trasporto (oleodotti, gasdotti e corridoi marittimi strategici come lo Stretto di Hormuz, il Canale di Suez o lo Stretto di Malacca) è essenziale per la sicurezza energetica globale. In tale contesto, il dominio delle filiere fossili continua a essere una leva geopolitica di primaria importanza. Le Nazioni produttrici – come Stati Uniti, Russia, Arabia Saudita, Iran e Iraq – e i principali consumatori – come Cina, India, Giappone e Unione Europea – continueranno a giocare un ruolo decisivo, mentre le tensioni internazionali e le politiche climatiche influenzeranno gli equilibri del potere lungo tutto il globo.

Transizione energetica e nuove dipendenze

Le politiche per la decarbonizzazione e la lotta al cambiamento climatico stanno modificando gli equilibri globali. Tuttavia, la transizione verso le rinnovabili genera a sua volta nuove forme di dipendenza, legate alla disponibilità e al controllo delle materie prime critiche.

Tra queste, litio, cobalto e terre rare sono elementi centrali per la produzione di batterie, pannelli solari, turbine e auto elettriche. Il controllo su certe filiere produttive è dunque determinante per la sicurezza economica e tecnologica degli Stati. La Cina, che fornisce oltre il 66% di queste risorse, ha consolidato una posizione dominante lungo l’intera catena del valore: dall’estrazione alla raffinazione, fino alla produzione di componenti e veicoli elettrici.

L’Europa tra dipendenza e reazione

In questa nuova guerra economica per l’energia, l’Europa si trova in posizione di debolezza. Dipende ancora dalle fonti fossili e, al contempo, dalle tecnologie per le rinnovabili, in un contesto le grandi potenze, americana e cinese, avanzano con forza per sostenere i propri sistemi industriali, attraverso misure di puro protezionismo, alla ricerca del dominio energetico globale. Allo stesso tempo, però, appare necessario e urgente individuare soluzioni politiche e industriali, soprattutto in settori ad alto impatto strategico come quello energetico, dove le vulnerabilità possono costituire fattori di grave e duratura instabilità.

Nell’ottica di guerra economica per il controllo dei flussi delle fonti fossili e delle catene del valore delle energie rinnovabili, è evidente che Cina e Stati Uniti stanno fissando nuove regole del gioco. Il legislatore europeo ne è consapevole. Il recente Clean Industrial Deal, in linea con il Rapporto Draghi, è un passo nella giusta direzione: mira a un’Europa «competitiva sul piano economico, rispettosa sul fronte climatico e indipendente per quanto riguarda l’energia». Tuttavia, sembra sottovalutare – certamente anche per via delle storiche complessità e degli equilibri sociali da preservare – un fattore chiave per la sopravvivenza economica e lo sviluppo competitivo del sistema europeo: il tempo e la rapidità d’azione.

I limiti dell’architettura decisionale europea

La politica energetica europea si scontra con due grandi ostacoli. Il primo è la difficoltà di conciliare la necessità di decisioni rapide con la complessità del processo decisionale, che coinvolge interessi nazionali, economici e sociali. Il secondo è l’architettura stessa dell’Unione, con i suoi lunghi tempi normativi, fatti di strategie, direttive e regolamenti, a fronte dell’efficienza esecutiva statunitense o del centralismo cinese.
La direzione è chiara, ma il percorso appare estremamente complesso. La prima questione della politica energetica europea risiede nella difficile sintesi tra l’urgenza decisionale e la necessaria composizione degli interessi – nazionali, politici, economici e sociali. L’altra questione fondamentale riguarda l’architettura stessa dell’Unione, con i suoi lunghi tempi normativi, fatti di comunicazioni, strategie, direttive e regolamenti, a fronte dell’efficienza esecutiva statunitense o del centralismo cinese.

Verso una strategia dirompente

È dunque il momento di pensare a una disruptive strategy europea, una strategia di rottura basata sull’innovazione e sul coraggio di cambiare paradigma. Non esistono solo il litio e l’auto elettrica: anche pannelli solari e pale eoliche possono essere progettati e realizzati con eccellenza nei distretti industriali italiani ed europei. La fusione nucleare deve diventare una priorità continentale. Il sistema energetico globale, pur dominato oggi dal primato cinese e dalle risposte industriali statunitensi, non è immutabile: esiste ancora margine per scelte strategiche di lungo periodo e per una rincorsa – ancora aperta – verso nuove materie prime e soluzioni industriali innovative.

L’Europa e la sua vocazione all’innovazione

Il modello europeo si fonda su una tradizione culturale millenaria e non può conformarsi né al modello americano né a quello cinese. La ricerca della competitività, in Europa, non può prescindere dalla storica e viva capacità di innovare, trovare nuove strade, elaborare compromessi e soluzioni, superare le difficoltà. Capacità ancora ben presenti in ogni distretto del continente, ma talvolta offuscate dalle foschie del conformismo. Il patrimonio europeo resta immenso: nell’energia, nel settore automobilistico, nell’industria aerospaziale, nelle telecomunicazioni, nell’agroalimentare. Ed è un patrimonio fondato proprio sulla capacità di generare e diffondere innovazione.

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di Gian Piero Joime - 23 Marzo 2025