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Bersani contro tutti

Uno contro tutti

Bersani bifronte ne ha per tutti: in tv attacca Meloni, ma dal Corsera spara a zero sui “compagni” e quei “101 franchi tiratori” che lo silurarono (video)

L'ex segretario Pd in un un labirinto di accuse: dalla Gruber su La7 attacca la premier con le solite litanie, ma in un'intervista al quotidiano di via Solferino spara a zero sulla sinistra e sul fuoco amico degli anni scorsi: «C’erano quelli che volevano far fuori Prodi. E quelli che volevano far fuori me»

Politica - di Chiara Volpi - 29 Aprile 2025 alle 16:33

Pier Luigi Bersani, uno degli ultimi esponenti agguerriti della sinistra italiana, è tornato a far sentire la sua voce, lanciando accuse e riflessioni che spaziano dalla premier Giorgia Meloni ai misteriosi “101 franchi tiratori” che affossarono la candidatura di Romano Prodi al Quirinale nel 2013. Spazia un po’ ovunque, senza restringere il campo delle recriminazioni, della serie di tutto un po’, il famoso “smacchiatori di giaguari”, sparando nel mucchio e attaccando là dove si può ad alzo zero. Ma procediamo con ordine, e partiamo dall’ultima performances.

Bersani tra Meloni e i “101 franchi tiratori”: un labirinto di accuse

Quella resa da Bersani a Otto e mezzo dalla Gruber, dove l’ex segretario Pd ha rinnovato le sue critiche nei confronti di Giorgia Meloni, accusandola di portare avanti politiche che a suo avviso danneggiano il Paese. Le sue parole, cariche di disapprovazione, hanno evidenziato una distanza siderale tra la sua visione politica e quella che estrinseca l’attuale governo.

L’attacco a Meloni a “Otto e mezzo”

«Il 25 aprile ho partecipato alla commemorazione a Sant’Anna di Stazzema, c’era un sacco di gente, hanno dovuto chiudere la strada. Allora, 560 trucidati, anziani, donne, 130 bambini. Con un’operazione calcolata, organizzata, con i fascisti che guidavano le SS che non sapevano la strada», ha raccontato Pier Luigi Bersani nello studio di Lilli GruberOtto e mezzo su La7 (clicca qui per vedere il video dell’intervento dal sito de La7), lanciando poi la solita stoccata contro l’esecutivo.

Bersani all’attacco: «Non chiedo abiure a Meloni, ma sia all’altezza del suo ruolo»

«Davanti agli eventi terribili raccontati nelle tante commemorazioni del 25 aprile, è possibile che non sia mai presente un rappresentante del governo, un esponente di destra? Ma vogliamo scherzare? – ha tuonato da par suo il leader storico della sinistra –. Ci si può stupire se di fronte a queste assenze i rigurgiti fascisti si sentono legittimati? Non sono folkloristici, lo erano anche quelli che poi hanno messo una bomba alla stazione di Bologna (a proposito di mescolare di tutto un po’ ndr). Attenzione. Che tengano la fiamma nel simbolo e quello che vogliono, ma il 25 aprile ci ha dato la Costituzione su cui Meloni ha giurato. Io voglio questo, sennò il Paese non lo tieni assieme. Il solco si sta allargando… E non date la colpa alla sinistra».

Non solo 25 aprile, le recriminazioni si allargano alla geopolitica

E ancora. «Trump, Putin e i grandi leader non hanno bisogno di mediatori, si parlano direttamente. E se avessero avuto bisogno di mediatori non ci sarebbe stata Meloni, perché stare in mezzo senza sostenere una vera posizione non ci porta a casa niente. Gli incontri veri che ha fatto sono stati quelli con Orban e Milei. Doveva spingere sull’immagine che Roma ha dato in questi giorni come posto universale e di pace che ha fatto il giro del mondo, un vero asset», ha tenuto a sottolineare da par suo Bersani nello studio de La7 dalla Gruber…

La doppia “anima rossa” di Bersani

Infine, tanto per mitigare la veemenza degli attacchi sconsiderati, Bersani lancia finanche un appello: «Non chiedo abiure. Ma solo che una presidente sia all’altezza del ruolo che ricopre», è l’auspicio sganciato nell’etere dal guru dem in veste di padre nobile di una sinistra allo sbando e in cerca di un centro di gravità permanente … Eppure, le famose colpe ai compagni che sbagliano – o che hanno sbagliato – le dà proprio lui: Pier Luigi Bersani. Che in un’intervista al Corriere della sera uscita oggi assevera senza timore di smentite il suo doppio ruolo di accusatore implacabile di Meloni e, al tempo stesso, di delatore dei segreti interni alla sinistra. Una doppia immagine che non può non sollevare interrogativi di sorta.

La confessione (tra dolore e rabbia) di Bersani sui “101 franchi tiratori”

Da un lato infatti, la sua critica alla premier, sembra inserirsi in un copione consolidato: quello dell’opposizione dura e cruda, senza sconti (e spesso senza troppe argomentazioni che non siano datate e dettate dal rigore demagogico firmato mainstream)… Dall’altro, la confessione sui «101 franchi tiratori», che appare come un tentativo di fare i conti con il passato, di svelare verità scomode che hanno segnato la storia del suo partito. Una sorta di tardiva – ma sempre valida – resa dei conti insomma.

Sì, perché come tiene e a precisare Tommaso Labate che l’ha intervistato per il quotidiano di via Solferino, Pier Luigi Bersani ha fatto un viaggio in lungo e in largo per l’Italia, «che gli ha dato la possibilità di affrontare lunghe conversazioni, spesso davanti a una birra, con studenti, giovani attivisti e militanti politici. Da quelle conversazioni è nato il libro Chiedimi chi erano i Beatles, sottotitolo: I giovani, la politica, la storia, che esce per Rizzoli. Dentro ci sono le insidie e le opportunità che il futuro presenta alla politica. Ma anche fatti e cose del passato, prossimo e remoto».

Quel tradimento e una “ferita” ancora aperta…

E allora, nella chiacchierata giornalistica di oggi con il Corsera, Bersani ha riaperto la ferita mai rimarginata dei “101 franchi tiratori”, rivelando che alcuni di loro avrebbero confessato in lacrime il loro tradimento. E qui arriva la bomba: tra i confessori, ci sarebbero stati anche esponenti vicini a Matteo Renzi. Una rivelazione che getta nuova luce su uno dei capitoli più controversi della politica italiana recente, riaccendendo vecchie polemiche e rancori rigorosamente di stampo e provenienza dem.

Un Bersani bifronte

Eppure, questa doppia veste di Bersani, accusatore implacabile di Meloni e rivelatore di segreti interni alla sinistra, solleva interrogativi. Da un lato, la sua critica alla premier sembra inserirsi in un copione consolidato: quello dell’opposizione dura e pure, senza sconti. Dall’altro, la confessione sui “101 franchi tiratori”, che appare come un tentativo di fare i conti con il passato. Di svelare verità scomode che hanno segnato la storia del suo partito. Le dichiarazioni di Bersani offrono uno spaccato interessante della politica italiana, fatta di scontri frontali e redde rationem casalingo. La sua figura, a tratti enigmatica, continua a suscitare dibattiti e riflessioni. Resta da vedere quali saranno le reazioni alle sue rivelazioni. E se queste porteranno a nuove rivelazioni o chiarimenti su uno dei capitoli più oscuri della recente storia politica di casa nostra.

Bersani, la rabbia e il rimpianto per quell’occasione sfumata

«La mancata vittoria elettorale del 2013 le brucia ancora?» Gli chiede l’intervistatore. E l’intervistato, dalle colonne del quotidiano nazionale, risponde:
«L’ambizione personale a fare il capo del governo italiano non c’entra. Il rimpianto, semmai, è per le cose che avevo deciso di fare già dal primo Consiglio dei ministri». Progetti che svela senza remore: «La prima su tutte. Alla vigilia della prima riunione di governo, avrei fatto trapelare ai giornali che ci sarebbe stato un giro di tavolo per conoscersi meglio, nulla di diverso da quello che si faceva di solito. In realtà, avevo già deciso che avrei sottoposto al Consiglio dei ministri l’approvazione di un decreto legge sullo ius soli», rimarca Pier Luigi Bersani al Corriere della sera, ricordando quando fu premier incaricato.

C’erano i renziani tra i centouno? «Anche loro e non solo loro»

Ma non solo. Perché come anticipato e rilanciato, l’ex segretario del Pd parla, tra le altre cose, dei 101: «È tempo perso chiedermi i nomi». C’erano i renziani tra i centouno? «Anche loro e non solo loro. C’erano quelli che volevano far fuori Prodi e quelli che volevano far fuori me». «Qualcuno me l’ha confessato, in qualche caso anche piangendo, quando presentai le mie dimissioni irrevocabili da segretario del Pd. Molti di quelli che presero questa decisione nel segreto dell’urna non avevano un disegno politico. Era gente alla prima elezione, spaventata per il clima che si respirava fuori… Non dimentichiamo che quei giorni vennero pesantemente condizionati dal clima alimentato dai social network…».

Nessun nome, a parte le solite polemiche

E allora la domanda sorge spontanea: «La fine della sua leadership nel Pd coincide con i 101 franchi tiratori che affossarono la candidatura di Prodi al Quirinale. Di quanti conosce l’identità con certezza?». «Non di tutti i centouno – replica secco Bersani –. Ma di settantuno-settantadue (sorride, ndr) sì. Immagino che lei sappia che è tempo perso chiedermi i nomi». E infatti Bersani non fa nomi. A parte citare quello della premier quando si tratta di schierarsi nei ranghi (dem) e fare fuoco contro le fila avversarie.

 

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di Chiara Volpi - 29 Aprile 2025