
Le parole di Orsini
Confindustria “benedice” la missione della Meloni da Trump: “Può essere lei il ponte tra Usa e Ue”
Emanuele Orsini: "Bisogna cambiare rotta, che al centro ci sia l’impresa e l’industria, perché noi ci occupiamo del bene generale e anche del lavoro"
Emanuele Orsini guarda a Washington ma parla all’Europa. «Sono convinto che serva calma. Dobbiamo costruire un percorso ordinato con gli Stati Uniti» – afferma il presidente di Confindustria – e non ha dubbi: «Sono certo che trattando uniti come Europa si arriverà a un risultato». È in quest’ottica che la visita di Giorgia Meloni, attesa per il 17 aprile, viene definita «necessaria per l’Europa». Con «la presidente del Consiglio» negli Stati Uniti «sapremo costruire un ponte necessario per l’Europa», sono state le parole del presidente di Confindustria. Una posizione che trova eco anche a Bruxelles. Da Ursula von der Leyen a Manfred Weber, fino agli ambienti istituzionali e diplomatici di tutto il continente, si guarda con favore alla missione della premier, considerata una mossa strategica per rinsaldare l’asse euro-atlantico.
Confindustria: “L’Italia sarà centrale nel nuovo ordine mondiale”
Dal palco del Made in Italy Day, arriva un annuncio importante «Siamo pronti a lanciare una piattaforma, nella nostra Assemblea del 27 maggio, dove daremo evidenza della capacità del nostro Paese di poter incrementare il nostro export di 626 miliardi». L’Italia produttiva è dunque pronta alla sfida, a dire di Orsini.
«Siamo consci – sottolinea– che mantenendo gli attuali interscambi anche con gli Stati Uniti abbiamo margine di crescita con le esportazioni di ulteriori 80 miliardi. E ancora un potenziale a lungo termine di oltre 400 miliardi». È la visione di una Nazione centrale nel nuovo ordine globale, purché sappia fare «i compiti a casa e i compiti in Europa».
Occorre, come sostiene Orsini, un piano di incentivi, un supporto concreto: «Ne abbiamo parlato martedì» al tavolo convocato a Palazzo Chigi con Giorgia Meloni. «Il 94% degli imprenditori in Confindustria sono di micro, medie e piccole dimensioni e vanno aiutati per andare all’estero», questo l’avvertimento. Serve, quindi, «un potenziamento di Simest (la società del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti che si occupa di sostenere l’internazionalizzazione delle imprese)» e investimenti mirati. Dopo ventiquattro mesi di «mancata produttività», come li definisce il presidente, l’Italia industriale chiede il diritto al rilancio, «un supporto per potersi migliorare nell’innovazione e nella trasformazione dei prodotti».
Non a caso, Orsini ricorda di essere appena rientrato da un viaggio a Bruxelles, dove ha ribadito con forza la necessità che l’Europa torni a sostenere concretamente imprese. «Bisogna cambiare rotta, che al centro ci sia l’impresa e l’industria, perché noi ci occupiamo del bene generale e anche del lavoro».
Il dossier India: “Una priorità strategica per l’export italiano”
A New Delhi, intanto, l’industria italiana mostra i muscoli. È Barbara Cimmino, vicepresidente per l’export e l’attrazione degli investimenti di Confindustria, a dichiararlo: «L’accordo di libero scambio tra Unione Europea e India è una priorità strategica per il nostro sistema industriale. Creerebbe un mercato da oltre due miliardi di consumatori, pari a più del 20% del Pil globale».
Il Forum imprenditoriale scientifico e tecnologico Italia-India, organizzato da Maeci e Ice Agenzia, ha visto la partecipazione di oltre 200 delegati, di cui 145 provenienti da imprese italiane, università e centri di ricerca. Un parterre che fotografa chiaramente l’interesse verso quell’Oriente. «Dobbiamo investire su collaborazioni industriali stabili e integrate – aggiunge Cimmino – puntando su filiere comuni, trasferimento di competenze e innovazione».
Centrale in questa traiettoria è il ruolo dell’università: «Sono un ponte tra ricerca e impresa, fondamentali per alimentare l’innovazione, formare competenze avanzate e sostenere la competitività del nostro sistema industriale».
L’India, con i suoi numeri, resta una frontiera ambiziosa: 700 aziende italiane, 11,5 miliardi di fatturato complessivo, 16.500 lavoratori coinvolti. Eppure l’Italia sconta ancora un deficit commerciale di 3,8 miliardi. Per il Centro Studi di Confindustria, il potenziale inespresso verso l’India supera i 3,3 miliardi di euro.
“Rupie Express”, l’arma di Sace per agganciare Nuova Delhi
Se le parole di Cimmino tracciano la strategia, Sace mette sul tavolo lo strumento operativo. È Andrea Mattioli, Head of Asia & America di Sace, ad annunciare la novità in occasione dello stesso Forum: «Con Rupie Express puntiamo a creare nuove connessioni e opportunità per le imprese italiane e ad aprire nuove strade per il nostro export».
La nuova soluzione finanziaria in valuta locale – lanciata nell’ambito della Push strategy – prevede garanzie fino a 200 milioni di euro per finanziare acquirenti indiani di piccole e medie dimensioni. Un’apertura importante, se si considera che finora il meccanismo aveva privilegiato i grandi buyer. Mattioli rivendica i risultati: «Oggi partiamo dall’India, dove abbiamo già finalizzato 3 miliardi di euro di operazioni, con una forte accelerazione nel 2024».
Non è un’iniziativa isolata. L’amministratore delegato di Sace, Alessandra Ricci, ha ribadito come sempre la Push strategy, con 9,7 miliardi di euro mobilitati nel 2024 e oltre 3.200 business matching già effettuati, rappresenti un tassello chiave nella proiezione internazionale del Made in Italy.