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Crollo delle borse asiatiche. Trump: “A volte servono medicine”

Il braccio di ferro

Crollo delle borse. Trump tiene il punto sui dazi: «A volte servono medicine». Ma avvia negoziati con «oltre 50 Paesi»

La caduta europea anticipata dalle asiatiche. L'Asean annuncia un vertice «sulle trattative e non sulle misure di ritorsione». Il segretario al Tesoro Bessent: «Il presidente ha creato una leva negoziale massima come solo lui sa fare»

Esteri - di Sveva Ferri - 7 Aprile 2025 - AGGIORNATO ALLE 09:28

Crollo delle borse asiatiche, in linea con quanto accaduto venerdì a Wall Street e in Europa. A metà giornata si sono registrati cali dell’11% a Hong Kong, del 9,7% a Taipei, dell’8,7% a Shenzhen, del 6,8% a Tokyo, del 6,5% a Shanghai, del 5,3% a Seoul e del 3% a Mumbai. Secondo gli analisti, le brusche perdite sono dovute non solo ai dazi imposti da Trump, ma alla reazione della Cina, che venerdì ha annunciato tariffe al 34% su tutti i beni Usa come ritorsione alle misure americane. Una risposta, sottolinea la Cnn, che solleva «timori di una guerra commerciale in escalation e dannosa alimentata dalla continua tensione commerciale tra le due maggiori economie del mondo».

Crollo delle borse asiatiche ed europee

Sulla scia delle asiatiche, quando è stata la volta dell’apertura delle europee non è andata diversamente: hanno aperto in caduta. Nelle prime contrattazioni, la Borsa di Francoforte è scesa del 7,86% dopo un breve calo di oltre il 10%; la Borsa di Parigi ha perso il 6,19%; Londra il 5,83%; Milano il 2,32% e la Borsa svizzera il 6,82%.

Trump: «Non voglio che nulla scenda, ma a volte servono medicine»

Parlando con i giornalisti sull’Air Force One di ritorno dalla Florida a Washington, Trump ha detto di non essere preoccupato per le stratosferiche perdite dei mercati azionari di tutto il mondo. «Non voglio che nulla scenda. A volte devi prendere medicine per risolvere qualcosa», ha affermato, aggiungendo che «i partner commerciali si stanno sedendo al tavolo e vogliono parlare, ma – ha precisato – non si parla se non ci pagano un sacco di soldi ogni anno». Il tema delle tariffe, secondo quanto anticipato dallo stesso presidente Usa, oggi sarà anche al centro del colloquio che terrà alla Casa Bianca con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. «Parleremo di commercio», ha spiegato.

Trump ha parlato anche della Cina, con la quale «avevamo un accordo, più o meno per TikTok, non proprio un accordo, ma ci siamo andati molto vicino, e poi la Cina ha cambiato l’accordo a causa dei dazi. Se avessi ridotto un po’ i dazi avrebbero approvato quell’accordo in 15 minuti, il che – ha sottolineato – dimostra il potere dei dazi».

Gli «oltre 50 Paesi» pronti a trattare

Secondo quanto riferito dal direttore del National Economic Council della Casa Bianca, Kevin Hassett a Abc News già oltre 50 Paesi hanno contattato la Casa Bianca per trattare sul piano commerciale. «Questi Paesi stanno cercando di farsi avanti perché capiscono che sono loro che devono farsi carico di gran parte delle tariffe», ha spiegato. Intervistato da Nbc, è stato poi il segretario al Tesoro Scott Bessent a dire che «spetta al presidente decidere, posso dirvi che come solo lui sa fare ha creato una leva negoziale massima… Non è il genere di cose che si possono negoziare in giorni o settimane, dobbiamo vedere che cosa offrono questi Paesi e se è credibile».

Il segretario al Tesoro: «Il presidente ha creato una leva negoziale massima come solo lui sa fare»

Dunque, ancora una volta gli indicatori puntano nella direzione di una modalità negoziale molto aggressiva da parte del presidente Usa, ma comunque finalizzata a sedersi al tavolo del confronto. Con l’obiettivo che emerge da più parti dei “dazi zero” di cui ha parlato Elon Musk al congresso della Lega e che è stato esplicitato anche dallo stesso Trump in un post su Truth in cui riferiva della telefonata con il leader vietnamita To Lam, definita «molto proficua» e nel corso della quale «mi ha detto che il Vietnam vuole ridurre le sue tariffe a zero se riuscirà a trovare un accordo con gli Stati Uniti».

La reazione dei governi asiatici: rimuovere le barriere e aumentare gli scambi con gli Usa

Intanto, sempre dall’Asia, arrivano annunci sia singoli sia a livello di Asean sulla volontà di reagire con una trattativa. Il ministro del Commercio indonesiano Prabowo Subianto ha annunciato che il vertice di giovedì dell’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico si concentrerà «sui negoziati e non sulle misure di ritorsione».

Il presidente taiwanese William Lai ha annunciato che non adotterà misure di ritorsione ai dazi imposti al 32% e si è impegnato a rimuovere le barriere commerciali e ad aumentare gli investimenti delle aziende di Taiwan negli Stati Uniti per «approfondire la cooperazione con gli Stati Uniti». La prima ministra della Thailandia, Paetongtarn Shinawatra, ha annunciato che il suo Paese aumenterà le importazioni di energia, aeroplani e prodotti agricoli dagli Stati Uniti in risposta ai dazi Usa del 36%. E il premier giapponese Shigeru Ishiba ha fatto sapere che si recherà quanto prima negli Stati Uniti per discutere la questione dei dazi, che per Tokyo sono stati fissati al 24%, pur definendo la vicenda «estremamente spiacevole» e chiarendo, in una sessione parlamentare, che «dobbiamo sottolineare chiaramente che il Giappone non sta facendo nulla di ingiusto».

La Cina sceglie il muro contro muro

Pechino mantiene invece la linea del  muro contro muro, evidentemente dettata più da ragioni politiche che da un approccio pragmatico. Sul Quotidiano del popolo si legge che la Cina ha già pronti piani d’emergenza per contenere l’impatto dei dazi, sottolineando che il governo cinese risponderà con una tassa equivalente sulle importazioni dagli Stati Uniti a partire dal 10 aprile prossimo. Il vice ministro del Commercio cinese Ling Ji, poi, ha detto che i dazi reciproci del 34% introdotti dal governo cinese nei confronti del prodotti americani sono finalizzati a «riportare gli Stati Uniti sulla retta via» e che «proteggono fermamente i legittimi diritti e interessi delle imprese, comprese le aziende americane».

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di Sveva Ferri - 7 Aprile 2025