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Dazi, Trump scatenato: “Tanti leader vogliono baciarmi il…”. E la sinistra s’inventa un attacco alla Meloni

Dal gala repubblicano: "Pagano. Pagano tutti". Il presidente rilancia la linea dura per rispondere anche ai critici interni, in Italia i progressisti si strappano le vesti

Esteri - di Alice Carrazza - 9 Aprile 2025 alle 14:15

A cena con Trump non ci si annoia. E, soprattutto, non si esce senza aver pagato dazio. Letteralmente. Con l’indice puntato e il linguaggio da pugile, il presidente americano ha trasformato il gala repubblicano del Comitato nazionale del Congresso in un comizio in smoking. Una raffica di stoccate, ironie, cifre da capogiro e un messaggio inequivocabile: «Libereremo il nostro Paese, riprenderemo la nostra ricchezza».

Trump: “Mi baciano il culo per evitare i dazi”

Dal palco, Trump ha distribuito dazi e verità come fossero volantini elettorali. «Questi Paesi ci stanno chiamando, mi stanno baciando il culo, muoiono dalla voglia di fare un accordo», ha tuonato. Il pubblico esulta, i telefoni si accendono, i cronisti prendono appunti col fiatone. E Trump si rivolge ai diretti interessati: «Rispetto Messico e Canada. Ma ci truffano come matti. Il Canada impone il 270% di dazi sui nostri prodotti lattiero-caseari. Sapete cosa fanno? Per i primi due cartoni di latte ti fanno pagare il 2%. Ma poi… il 270%. E i media dicono: “Oh, il Canada impone solo il 2%”. No. È solo sui primi due cartoni».

Coi dazi si guadagna: “Due miliardi al giorno”

La politica commerciale come bancomat e Trump con tutte le ricevute alla mano: «Stiamo facendo una fortuna con i dazi. Due miliardi di dollari al giorno. Ci credete? Mi hanno detto: due miliardi al giorno. La stampa mi attacca, ma ci stiamo guadagnando», ha detto, prima di sorridere sarcastico: «Questo non è come i 35 milioni raccolti stasera: questi sono noccioline».

L’America cambia registro

La parola d’ordine è una: rovesciare il tavolo. «Stiamo ricevendo cose che nessuno ci avrebbe mai dato due, tre, cinque o sette anni fa. Non ci avrebbero nemmeno pensato. Ma ora, ci danno tutto. Non vogliono i dazi su loro stessi. È molto semplice: stiamo facendo accordi, e la gente sta pagando».

La Cina è la prima a dover inchinarsi

E quando il discorso vira sulla Cina, Trump diventa un fiume in piena: «Le stesse persone che ora mi dicono come dovrei trattare con la Cina sono quelle che hanno svenduto l’America ai cinesi per decenni. Io sono l’unico che, sapete quanto ha pagato la Cina? Quasi 700 miliardi di dollari in dazi sotto la mia amministrazione. E poi dicono: “Trump non è stato duro con la Cina”».

Trump: “Ho chiuso io il Nord Stream 2. Putin era furioso”

E poi la Russia. Altro che accondiscendenza. «Dicono: Trump non è stato duro con la Russia. Ok, vi racconto questa. Nord Stream 2. Qualcuno ne ha mai sentito parlare? È il gasdotto più grande del mondo. L’ho chiuso io. Era della Russia. L’ho chiuso io. Putin mi disse: “È la cosa peggiore che potessi fare. Dovresti essere mio amico, non capisco cosa faresti da nemico”. Ho chiuso il Nord Stream 2. Quando è arrivato Biden, l’ha subito riaperto. E loro dicono: “Oh, non è stato duro con la Russia”. Io sono stato molto duro, con le sanzioni e tutto il resto».

“Molti Paesi ci hanno derubato. Ma ora è il nostro turno”

«Molti Paesi ci hanno derubato a destra e a sinistra», ha detto il tycoon. «Ma adesso è il nostro turno. Ed è giusto così. Stiamo rendendo il nostro Paese ancora più forte. Più forte che mai». Poi, la promessa: «Vinceremo le elezioni di midterm e avremo un’enorme vittoria a valanga».

E anche i repubblicani “ribelli” prendono la stangata

Perfino dentro casa, chi osa mettere in discussione il totem dei dazi, viene rimesso al suo posto. «Vedo alcuni repubblicani ribelli, dei tizi che vogliono mettersi in mostra e dicono “crediamo che il Congresso debba fare i negoziati”, ma lasciatemi dire: voi non negoziate come negozio io».

La sinistra nostrana? Ferma alle parolacce

Mentre Trump ridisegna gli equilibri globali e incassa consensi perfino sull’economia, in Italia le sinistre sono impegnate a misurare il grado di politically correct dello speech. «Trump insulta con parole irripetibili», si indigna la segretaria del Pd Elly Schlein. «Meloni si mette in fila per baciargli il…», denuncia Magi dai banchetti tristi +Europa. Il dem Francesco Boccia invoca la «dignità dell’Europa», mentre Benedetto Della Vedova chiede conto di un incontro ancora non avvenuto, lamentando «una delle più grandi umiliazioni per l’Italia dal dopoguerra». Non poteva mancare il rottamatore in cerca d’autore: Matteo Renzi pretende addirittura che Meloni riferisca in Aula, ma il motivo – ammesso che esista – lo conosce solo lui.

«Proprio loro che rappresentano quella sinistra che ha trasformato la sudditanza ai leader stranieri in una costante politica, di cui gli italiani hanno pagato le conseguenze, ora tentano di associare il presidente del Consiglio alle espressioni volgari di Trump. Nessuno più di Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia rappresentano l’orgoglio nazionale», rispondono a tono Lucio Malan e Galeazzo Bignami. 

Giorgia Meloni intanto sorride e si prepara a rappresentare a testa alta l’Italia il 17 aprile. Washington chiama, e l’Italia risponde. Non con il cappello in mano, come vorrebbero i nostalgici del consociativismo eurocratico, ma con il dossier in tasca. Perché mentre la sinistra litiga sulle parole, la destra governa con i fatti. E come dice lo stesso Trump: «Sconfiggeremo i democratici radicali della sinistra, che passano il tempo a lamentarsi di tutto. Tutto quello che fanno è lamentarsi».

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di Alice Carrazza - 9 Aprile 2025