
Caos e recuperi
Dazi Usa, i mercati fibrillano: crollano le Borse di Singapore e Indonesia, rimbalzo Tokyo. Indici in rialzo per quelle europee, Milano compresa
A picco i listini asiatici, quelli europei in recupero. La nuova guerra fredda tra Washington e Pechino, e il botta e risposta tra i due rispettivi leader, infiammano quadro economico e scacchiere geo-politico. La Cina sfida Trump: "No a ricatti". Il Tycoon: "Nessuna pausa"
Segnali di ripresa: le Borse europee reagiscono alla giornata difficile di ieri, sulla scia dei dazi Usa e avviano tutte con indici in deciso rialzo. Parigi, la migliore, sale a quota +1,86%, seguita da Francoforte (+1,40%) e Londra (+1,05%). Sul fronte asiatico, almeno Tokyo ha chiuso in forte rialzo, recuperando quasi del tutto le perdite accumulate nella giornata di ieri: l’indice Nikkei è balzato a quota +6,01%. Più incerta Wall Street, invece, che ieri ha chiuso con l’indice Dow Jones in calo dello 0,91% e il Nasdaq in crescita dello 0,10%. Apertura in progresso per la Borsa di Milano: l’indice Ftse Mib avvia gli scambi rimbalzando a 33.253 punti, con un rialzo dell’1,22%.
L’offensiva sui dazi scatenata da Washington innesca un altalenante andamento delle Borse che poi, dopo l’equivoco rimbalzato da oltreoceano di una supposta tregua sulla necessità della «medicina» dei dazi «per sistemare le cose», ieri hanno aperto malissimo. E la fibrillazione continua, proprio alimentata dalla confusione di lunedì mattina (il pomeriggio italiano) sulle voci che il presidente americano stesse prendendo in considerazione una pausa di 90 giorni prima dell’introduzione dei dazi «reciproci» che scatteranno il 9 aprile contro i Paesi con il «peggiore» surplus della bilancia commerciale, inclusa l’Unione europea. L’annuncio, attribuito al consigliere economico Kevin Hassett, ha fatto salire e poi scendere di nuovo i listini. Di fatto, Donald Trump insiste e difende i suoi dazi. E la Cina replica a muso duro, dicendosi pronta ad andare allo scontro con gli Stati Uniti.
Dazi Usa, crollano le Borse di Singapore e Indonesia. Tokyo tenta il rimbalzo
«Non accetteremo ricatti Usa, lotta fino alla fine», sentenzia Pechino. E Trump incalza a sua volta: «Ulteriore 50% per Pechino se non toglie i suoi di ritorsione». Intanto i listini di Singapore e Indonesia vanno a picco. Mentre Giappone, Cina, Hong Kong e Corea del Sud tentano il rimbalzo. Nel frattempo, Trump continua a soffiare sul fuoco con la Ue e torna a dire: «Dovrà comprare energia da noi, il commercio deve essere equo e reciproco». Ribadendo ulteriormente che l’amministrazione americana al momento «non sta valutando di sospendere l’entrata in vigore dei dazi commerciali reciproci per consentire l’avvio di una trattativa con i Paesi coinvolti».
L’invito alla calma del Segretario del Tesoro Usa: «Trump sarà pronto a negoziare»
A mediare sulla veemenza declamatoria del presidente Usa è intervenuto allora il Segretario del Tesoro Usa Scott Bessent, il quale ha suggerito ai Paesi colpiti di «mantenere la calma. A un certo punto Trump sarà pronto a negoziare». L’Ue, intanto, organizza la reazione: dalla bozza del documento della Commissione europea emerge che i dazi che l’Ue metterà in campo dal 15 aprile in due tranche – l’altra è prevista il 15 maggio – prevedono tariffe sui prodotti americani fino al 25%.
Non solo dazi, una sfida di sistema
Ma non è più soltanto una guerra commerciale. È una sfida di sistema. Una contrapposizione sempre più netta tra due visioni del mondo, tra due modelli di potere. Gli Stati Uniti di Donald Trump tornano a impugnare la clava dei dazi, e la Cina risponde con fermezza: «No ai ricatti Usa». E sullo sfondo, il crollo delle Borse di Singapore e Indonesia non è solo un dato economico: è un segnale politico.
Cina e Usa, due modelli di potere a confronto
Così come ribadire «nessuna pausa», non è solo un annuncio operativo: è un manifesto politico. Trump intende riaffermare il primato dell’economia nazionale su quella globalizzata, rilanciando il “Make America Great Again” in chiave protezionista. E in questa partita, il vero avversario non sembra essere l’Asia in sé, ma la Cina come potenza globale alternativa.
La nuova guerra fredda tra Washington e Pechino spaventa i mercati
I mercati reagiscono come termometri impazziti. Singapore e Jakarta vanno in rosso, Tokyo tenta una timida ripresa, ma è evidente che la sfiducia si sta radicando. La crisi commerciale si intreccia con tensioni strategiche più profonde: Taiwan, il controllo delle rotte nel Mar Cinese Meridionale, l’influenza sui Paesi Asean. L’Asia diventa così il nuovo campo di battaglia geopolitico, dove il confronto tra Washington e Pechino si riflette nei numeri delle Borse e nelle scelte di alleanze. Il Giappone prova a mediare, ma è stretto tra la necessità di contenere l’influenza cinese e il timore di un’eccessiva subordinazione agli interessi americani.
Dazi Usa, mercati mondiali in fibrillazione
Una quadro di fibrillazione che perdura, innescata dall’offensiva commerciale americana che continua a scuotere i mercati mondiali. Il messaggio di Trump si delinea sempre più chiaramente, diretto non solo a Pechino. E i primi effetti non hanno tardato ad arrivare: le Borse asiatiche tremano. A Singapore e in Indonesia è stata una vera e propria giornata nera. I principali indici hanno registrato perdite consistenti, con un crollo che riflette il timore crescente di una nuova escalation nei dazi doganali.
Oggi a Palazzo Chigi il summit con le categorie produttive
Intanto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni prepara la sua risposta con due vertici a Palazzo Chigi indetti allo scopo di delineare una strategia anti-dazi con la task force nominata appositamente, seguiti da un vertice con i due vicepremier per un punto più politico. «Dobbiamo lanciare messaggi positivi — è l’impostazione della premier —. Le borse crollano più per il panico che per i dazi».
Non solo. Oggi a Palazzo Chigi si terrà il summit con le categorie produttive interessate dal balzo delle tariffe alle cui associazioni la premier è pronta e determinata a ribadire che il governo non lascerà sole le imprese, forte del fatto che le prime mosse per offrire alle aziende «strumenti negoziali ed economici» di sostegno cominciano a delinearsi. Per venire incontro alle filiere potrebbe essere accolta la proposta di Adolfo Urso di prelevare 6,3 miliardi di risorse del Pnrr dal piano Industria 5.0. Il resto della strategia, come ha ribadito all’unisono anche il ministro Tajani, è lavorare perché la Ue abbatta «tutte le barriere non tariffarie».