
I brigatisti rossi
E’ morto Alberto Franceschini, fondatore delle Br: tra i suoi crimini l’assassinio dei missini Giralucci e Mazzola
Era morto quindici giorni fa, ma si è saputo solo oggi: all’età di 78 anni si è spento Alberto Franceschini, fondatore delle Brigate Rosse assieme a Renato Curcio, con il quale fu arrestato nel 1974 (foto in alto). Originario di Reggio Emilia e militante in gioventù nel Pci, è stato ritenuto responsabile con sentenza definitiva di numerosi atti terroristici, a cominciare dall’uccisione di due esponenti del Msi avvenuta a Padova nel giugno del 1974 e dal sequestro a Genova del giudice Mario Sossi, avvenuto nello stesso anno.
Morto Alberto Franceschini, fondatore con Curcio delle Brigate Rosse
Franceschini era stato arrestato nei pressi di Pinerolo assieme a Renato Curcio grazie alla collaborazione con i carabinieri di Silvano Girotto detto «frate Mitra», che si era infiltrato nelle fila dei terroristi. Poche settimane prima, il 17 giugno 1974 le Br avevano assassinato, nella sede del Movimento Sociale Italiano in via Zabarella a Padova, Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola. Alberto Franceschini con sentenza definitiva della prima sezione della Cassazione del 2 luglio 1992 fu giudicato colpevole in concorso anomalo per il duplice omicidio, definito cinico e crudele, e condannato a 18 anni di reclusione avendo beneficiato degli sconti di pena previsti dalla legislazione premiale e dal rito previsto dal codice di procedura penale appena entrato in vigore. Con la stessa sentenza furono condannati Renato Curcio, Mario Moretti, Roberto Ognibene, Susanna Ronconi, Giorgio Semeria, Martino Serafini. Fabrizio Pelli anch’egli autore del duplice omicidio era nel frattempo deceduto.
Nel 1982, dopo aver in precedenza rivendicato dal carcere anche il delitto Moro, si dissocia infine dalla lotta armata avendo ancora a carico reati di omicidio per i quali sarà però condannato in via definitiva nel 1992. Pur non rinnegando la sua militanza, negli anni seguenti prenderà completamente le distanze dalla violenza politica, esprimendo un pentimento che verrà giudicato “sincero”. Nel 1987 gli vengono concessi i primi permessi premio e poi gli arresti domiciliari. Lascia il carcere definitivamente nel 1992, quando la sua pena è estinta (grazie agli sconti derivati dai benefici di legge) dopo 18 anni di reclusione. Ha lavorato a lungo per Arci Roma e anche a Milano, dove serviva ai tavoli. Nell’anniversario della morte di Navalny venne identificato dalla Digos tra i partecipanti alla commemorazione.