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Il comunicato dei Giovani palestinesi sul 25 aprile

I nuovi "partigiani"

Antisemiti, violenti e filo-Hamas: il 25 aprile ora è roba loro. Ma per la sinistra il problema è la “sobrietà”

A Milano i Giovani palestinesi rivendicano la testa del corteo, a Roma Porta San Paolo. L'allerta per la sicurezza è massima, ma Elly e gli altri sono "distratti"

Politica - di Annamaria Gravino - 24 Aprile 2025 alle 13:22

I Giovani palestinesi e altre sigle della realtà pro Pal rivendicano la piazza del 25 aprile. Di più, a Milano rivendicano la prima fila perché – dicono – sono loro i nuovi partigiani, in riferimento a quella “resistenza” che identificano con la causa di Hamas e con gli attentati del 7 ottobre. A Roma se la prendono anche con l’Anpi che ha «abbandonato la difesa di Porta San Paolo, lasciando che un luogo simbolo venisse usurpato da chi oggi rappresenta un nuovo fascismo», ovvero la Brigata ebraica.

I Giovani palestinesi rivendicano la prima fila al 25 aprile

«È tempo di restituire al 25 aprile il suo significato politico, radicale, popolare. Per questo rivendichiamo con forza di aprire il corteo, insieme ai partigiani e a chi porta avanti oggi la loro memoria. La nostra presenza alla testa del corteo non è una richiesta simbolica, ma una presa di posizione politica precisa: vogliamo e dobbiamo stare davanti, come espressione viva e attuale della Resistenza, perché quella lotta non è finita e oggi continua anche in Palestina. Qualsiasi altra collocazione sarebbe un tentativo di silenziare il senso vero di questa giornata», si legge in una nota diffusa sui social dei Giovani Palestinesi di Milano e firmata anche da Unione democratica arabo-palestinese e Comunità palestinese della Lombardia. «Oggi più che mai – proseguono – riteniamo inaccettabile che nel corteo antifascista trovino spazio anche figure e gruppi che rappresentano il sionismo, il colonialismo e la guerra».

Il parallelo tra 25 aprile e 7 ottobre

Un proclama simile, sebbene senza la rivendicazione della testa del corteo, è stato rilasciato anche sulla pagina Instagram nazionale dei Giovani palestinesi. E si tratta di un messaggio ancora più esplicito: qui i Giovani palestinesi parlano di «bieca operazione di revisionismo storico» in relazione alla Brigata ebraica, che – scrivono – «era composta in realtà da assassini». Il comunicato, accompagnato da una foto di scontri con la polizia, si conclude poi avvertendo che «il 25 aprile non è una ricorrenza. Il 7 ottobre non è una ricorrenza».

L’attacco all’Anpi e la rivendicazione sui partigiani che «oggi sono in Palestina»

A Roma i Giovani palestinesi compaio tra le sigle che hanno accusato l’Anpi, per «la grave responsabilità politica» di aver ceduto Porta San Paolo alla Brigata ebraica. «Quella piazza appartiene ai Partigiani di ieri e di oggi. E oggi, i Partigiani sono in Palestina, a combattere con il sangue per la propria terra, per l’autodeterminazione e per gli oppressi di tutto il mondo», hanno sostenuto insieme al Movimento Studenti palestinesi in Italia, all’Unione Democratica arabo/palestinese e all’Associazione dei palestinesi in Italia-Api.

L’allerta sicurezza

Con queste premesse è facile capire perché gli apparati di ordine pubblico delle grandi città siano in massima allerta. Del resto le aggressioni alla Brigata ebraica e gli scontri che ne derivano sono ormai un grande classico del 25 aprile. E non da quando nelle piazze italiane si sono affacciati i “resistenti” palestinesi. Era il 2004 quando la Brigata ebraica fece la sua prima comparsa in piazza con le proprie insegne, scatenando subito l’ira dei “veri partigiani” dei centri sociali. Allora l’accusa che muovevano era quella di un tentativo di appropriazione della memoria resistenziale.

Ma la sinistra si preoccupa della “sobrietà”

Oggi che ad appropriarsi esplicitamente di quella memoria, sostituendo i fazzoletti rossi con le kefieh, sono i Giovani palestinesi e affini gli antagonisti non sembrano crearsi il problema, anzi. Considerata la saldatura che si è creata in nome di quelli che identificano come i “valori” del 7 ottobre non stupisce. Lascia invece piuttosto perplessi la sinistra istituzionale, sempre così accorta a denunciare le riscritture della storia e, nel caso specifico, del 25 aprile. Ma forse è troppo presa a scagliarsi contro la “sobrietà” per interessarsi di ciò che sta succedendo e promette di succedere a pochi metri dalle proprie folte delegazioni in piazza.

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di Annamaria Gravino - 24 Aprile 2025