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La statua di Giulio Cesare a Rimini finita al centro di una polemica surreale

Il caso di Rimini

Il furore antifascista perseguita pure Giulio Cesare: la sua statua “colpevole” di essere un dono del Duce

La scultura fu installata nel 1933 dove il condottiero arringò le legioni e mai ci sarebbe aspettati che potesse finire al centro di uno scontro politico che rasenta il grottesco quello animato da gruppi di sedicenti "antifascisti" che contestano la presenza del monumento, reo, a loro dire, di rappresentare un "simbolo del Ventennio"

Politica - di Chiara Volpi - 15 Aprile 2025 alle 19:00

L’ondata di furia iconoclasta, alimentata da un cieco e anacronistico antifascismo, si abbatte ora anche su Giulio Cesare. Accade a Rimini, dove una statua dell’imperatore romano, simbolo indiscusso della storia e della grandezza della città, è finita nel mirino di una polemica surreale e pretestuosa. Il “crimine” della scultura? Essere stata donata alla città nel lontano 1933, nientemeno che da Benito Mussolini.

Furia antifascista a Rimini: nel mirino finisce la statua di Giulio Cesare

La vicenda, che ha dell’incredibile, sta infiammando il dibattito politico e culturale locale. Gruppi e singoli sedicenti “antifascisti” hanno iniziato a contestare la presenza della statua dell’imperatore che nel 49 a.C., dopo aver varcato il fiume Rubicone, proprio a Rimini arringò i legionari e pronunciò la celebre frase «alea iacta est» («il dado è tratto»). Un monumento che, a loro detta, rappresenterebbe un “simbolo del ventennio” e che, in quanto tale, «offenderebbe la memoria» delle vittime del fascismo. Un’argomentazione talmente pretestuosa da rasentare il ridicolo, che ignora secoli di storia e travalica grottescamente la figura universale di Cesare.

Il monumento “reo” agli occhi dei suoi detrattori di essere stato donato dal Duce

Una discussione in punta di forchetta (o di forcone?), quella in corso sulla statua di Giulio Cesare donata dal Duce, che venne rimossa dopo la caduta del regime fascista e finì nel greto del fiume Marecchia. E che da quel momento, tra alterne vicende, ha vissuto un percorso a dir poco tortuoso, fino al restauro. Allora, come ricordano Lorenzo Cafarchio su Libero e Massimo Balsamo su Il Giornale sulla vicenda, ad oggi si fronteggiano due schieramenti: chi vorrebbe rimetterla dove era prima, ossia in Piazza Tre Martiri, già Piazza Giulio Cesare. E chi, di contro, sottolinea che nella stessa piazza c’è una targa dedicata a tre partigiani morti durante la Resistenza.

Una polemica grottesca montata su motivi ideologici

Sì perché il motivo del contendere è che la scultura in oggetto, al centro del surreale dibattito viziato dai dogmi della cancel culture, venne donata da Benito Mussolini nel 1933. Mentre attualmente è esposta una copia del 1996: cosa che non scalfisce, e meno che mai inficia, il dibattito sull’originale, più incandescente che mai. Negli anni, del resto, sono state intraprese diverse iniziative per riportare la statua in centro città, ma tutte sono state respinte per motivi ideologici, riporta TgCom24.

Il dibattito surreale sulla statua di Cesare a Rimini: due fazioni a confronto

Oggi allora, a favore del ritorno della statua originale in Piazza Tre Martiri c’è Fratelli d’Italia, con il capogruppo in Consiglio Comunale Gioenzo Renzi che rilancia: «Torni in Piazza Tre Martiri, già Piazza Giulio Cesare, dove era collocata all’inizio». Richiesta a cui ha fatto immediatamente seguito la replica perentoria dell’assessore alla Cultura Michele Lari: «Giù le mani dalla Resistenza, quella piazza è il simbolo della Rimini antifascista. La statua di Mussolini sarà collocata altrove».

E spunta una richiesta che offre una terza via…

Per completezza dell’informazione, allora, va detto – come riportato dal Resto del Carlino – che tra le ipotesi in campo, a fronte di una «precisa richiesta delle forze militari», spiegano dal Comune, c’è che la statua torni nella Cittadella della Sicurezza, che sarà realizzata al posto dell’ex caserma. Ma la prospettiva lungi dallo spegnere gli ardori revisionisti e il fervore woke, non soddisfa e non placa le polemiche. Tanto che i più smaliziati, pensando male ma azzeccandoci, come sovente accade, sono pronti a scommettere che lo scontro proseguirà anche nei prossimi mesi. E che il furore antifascista – per quanto anacronistico e forzato nelle sue declinazioni – non si fermerà di fronte a niente e a nessuno. Fosse anche una statua…

La statua di Cesare a Rimini oggetto di un contenzioso che rinnega la storia

Nel frattempo, non resta che arrendersi allo sconcerto nell’assistere a questa deriva ideologica, che vorrebbe riscrivere la storia con la logica del “damnatio memoriae”. Ossia, cancellando ogni traccia di un passato che si ritiene “scomodo”, anche quando quel passato affonda le radici nella grandezza di Roma antica. Cesare non è Mussolini. E la sua statua a Rimini è un omaggio alla storia millenaria della città. Un legame con le sue gloriose origini romane. Tentare di oscurare questa verità, solo perché un gesto di mecenatismo dell’epoca porta una firma non gradita ai post partigiani, è un’iperbole ideologica che non rende onore a storia. Cultura. E intelligenza.

Questa assurda “querelle” riminese è l’ennesima dimostrazione di come una certa frangia ideologizzata della sinistra continui ad alimentare un antifascismo stantio e fuori dal tempo, trasformandolo in una sterile e dannosa caccia alle streghe. Si vorrebbe epurare la storia, selezionare ciò che è “politicamente corretto” e cancellare ciò che non lo è, con il rischio di impoverire il nostro patrimonio culturale e il nostro stesso passato storico.

La storia falsata da rigurgiti ideologici anacronistici e pretestuosi

La statua di Cesare a Rimini non è un monumento al fascismo, ma un simbolo della romanità della città, un richiamo alla sua storia bimillenaria. Chi chiede la sua rimozione, o ne contesta la presenza, dimostra una profonda ignoranza storica e una pericolosa inclinazione all’intolleranza ideologica. Pertanto, ci auguriamo che il buon senso prevalga e che questa polemica sterile si spenga rapidamente. Rimini ha ben altro a cui pensare che inseguire fuochi fatui del passato. La sua storia, gloriosa e millenaria, non può essere oscurata da rigurgiti ideologici anacronistici e pretestuosi.

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di Chiara Volpi - 15 Aprile 2025