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In Cambogia 50 anni fa la vittoria dei Khmer rossi e del macellaio Pol Pot: la sinistra brindò col sangue

La triste ricorrenza

In Cambogia 50 anni fa la vittoria dei Khmer rossi e del macellaio Pol Pot: la sinistra brindò col sangue

Cultura - di Luca Maurelli - 17 Aprile 2025 alle 17:26

Due milioni di morti, un genocidio, con il macellaio Pol Pot  idolo delle sinistre globali che morto dopo dopo, anno dopo anno, diventa un fantasma da esorcizzare col silenzio, un’ombra su cui gettare un velo, anzi, un bavaglio. Al punto che alcuni media, tra cui il giornale del Pci, L’Unità, quasi fino al termine di quell’era nefasta per la Cambogia, si impegnò a contestare la  la veridicità dei bilanci sanguinari e dei racconti delle atrocità commesse dai Khmer Rossi che filtravano da quell’angolo infestato del mondo.

Oggi, 50 anni fa, il 17 aprile del 1975, cadeva Phnom Penh, nel tripudio dei comunisti di tutto il mondo, italiani compresi. La direzione nazionale del Pci, con Enrico Berlinguer, Armando Cossutta, Massimo D’Alema e Antonio Bassolino tra i più entusiasti, brindò alla sconfitta dei colonizzatori americani per salutare l’avvento di Pol Pot, massacratore senza scrupoli di qualsiasi forma di dissenso si muovesse in Cambogia, finita nelle mani dei Khmer Rossi, il movimento comunista, maoista, più ideologizzato ed efferato della storia. Mandiamo da questo congresso il saluto più fraterno e di operante solidarietà dei comunisti italiani agli eroici combattenti del Vietnam e della Cambogia”, disse con enfasi non abituale Enrico Berlinguer durante il 14º Congresso del Partito Comunista Italiano, nell’aprile del 1975.

Cambogia: 50 anni dopo i Khmer Rossi e Pol Pot la sinistra tace

Nei tre anni successivi, il regime retto con pugno di ferro da Pol Pot, eliminerà un terzo della sua stessa popolazione per realizzare l’utopia comunista entro il 1990, nel sangue e nella fosse comuni. Eppure quattro anni dopo, quando finalmente Pol Pot fu costretto alla resa, il Manifesto ancora lo celebrava come un eroe romantico. “Pol Pot, quindi, non è morto, non governa, non ha ministri nel governo, ma se un uomo che vive nella fitta foresta e non detiene alcun potere riesce a infliggere al cuore della vita politica del Paese un colpo così devastante, occorre chiedersi quale sia il reale valore dei politici che oggi governano a Phnom Penh…”. 

Il genocidio nel segno del comunismo

I Khmer Rossi, guidati da Pol Pot, erano un movimento comunista radicale che iniziò una guerriglia contro il governo cambogiano di Lon Nol, sostenuto dagli Stati Uniti dopo la deposizione del principe Norodom Sihanouk nel 1970. Lon Nol aveva instaurato la “Repubblica Khmer” e si alleò con gli Usa nella guerra contro i comunisti vietnamiti, attirando il coinvolgimento diretto della Cambogia nel conflitto. La presenza del Viet Cong e dell’esercito nordvietnamita in Cambogia spinse gli Usa a lanciare massicci bombardamenti sul territorio cambogiano (1969-1973), che causarono enormi perdite e favorirono il reclutamento nelle fila dei Khmer Rossi, che si presentarono come difensori del popolo contro l’imperialismo, ricevendo sostegno dalla Cina maoista e alleandosi strategicamente con Sihanouk (che viveva in esilio a Pechino). Dopo anni di guerriglia, i Khmer Rossi conquistarono la capitale Phnom Penh senza grandi resistenze militari. Il governo di Lon Nol era ormai allo stremo e non poteva più contare sull’aiuto americano, che si era ritirato dall’Indocina dopo la caduta di Saigon. Una volta al potere, i Khmer Rossi instaurarono un regime totalitario comunista agrario estremamente violento: ordinarono lo sfollamento forzato delle città, abolirono la moneta, la proprietà privata, la religione e ogni forma di istruzione moderna. Nei quattro anni successivi (1975-1979), circa 1,7-2 milioni di persone morirono per fame, lavori forzati, torture e esecuzioni nei cosiddetti “Killing Fields”.

I cambogiani di Botteghe Oscure

E i comunisti italiani, come vissero quella stagione? Compresero, ma come al solito, in ritardo, in grande ritardo. L’11 aprile 1975, il Comitato Centrale del PCI, che includeva figure come Enrico Berlinguer, Giorgio Napolitano, Massimo D’Alema, Antonio Bassolino e Armando Cossutta, approvò un comunicato ufficiale in cui si esprimeva solidarietà al popolo cambogiano e vietnamita, elogiando l’«eroica resistenza» dei Khmer Rossi e dei Vietcong. Il documento invitava ogni democratico e comunista a essere al loro fianco.In concomitanza con questo comunicato, il Pci organizzò una grande manifestazione a Bologna, dove Massimo D’Alema, allora segretario nazionale della Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI), fu l’oratore principale. L’evento celebrava la presa di Phnom Penh come una grande conquista dell’internazionale rossa. Rossa di sangue, ma oggi, da sinistra, non aspettatevi mea culpa.

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di Luca Maurelli - 17 Aprile 2025