
Tornare potenza
La crescita del Pil e i traguardi italiani in economia di cui quasi nessuno parla: oltre il pessimismo delle opposizioni
Allora perché questo pessimismo diffuso? Perché essere fiscalmente responsabili ha un costo. Un costo che sconta gli errori di dieci anni di governi a trazione sinistra
Quanto cresceremo nel 2025? Dello 0,7% dicono. Molto poco, dicono dall’opposizione. Ma siamo sicuri che sia così? Partiamo dal Pil perché è il primo indicatore che si cita solitamente. E che viene definito asfittico da più parti. Lo si ripete meccanicamente, ma non si considerano mai due fattori importanti: a che periodo ci riferiamo e chi sono i soggetti cui ci paragoniamo. Se prendiamo a riferimento, ad esempio, il quinquennio 2019-2024, scopriamo che siamo cresciuti (nonostante il Covid) del 5,6%. Quattro volte il Giappone (1,4%) e quasi diciannove, diconsi diciannove volte la Germania (0,3%). scusate se è poco. Certo, ci batte la Spagna (6,9%), ma siamo sicuri che anche questo dato sia letto correttamente?
La crescita del Pil e il confronto con gli altri paesi
La crescita del Pil è stata guidata da due fattori: debito pubblico e aumento di popolazione. Precisiamo, questo vale per Spagna, Inghilterra, Usa, Germania e Giappone. Noi abbiamo peggiorato il rapporto debito/Pil solo dell’1,7% e abbiamo perso 726.000 cittadini. La Spagna ha aumentato la popolazione di 1,7 milioni e ha peggiorato consistentemente il proprio bilancio pubblico. Neutralizzando questi fattori la sua crescita si fermerebbe al 3,4%. la nostra arriverebbe comunque al 4,6% arrivando in testa. Questo neutralizza anche gli effetti negativi delle misure suicide come il Bonus 110% e del reddito di cittadinanza. E, come ci ricorda sempre l’opposizione, gli effetti del Pnrr non sono ancora scontati, avendo speso poco più di 60 miliardi in tutto.
La responsabilità fiscale ha un costo a causa degli errori della sinistra
Allora perché questo pessimismo diffuso? Perché essere fiscalmente responsabili ha un costo. Un costo che sconta gli errori di dieci anni di governi a trazione sinistra (2011-2018 e poi 2020-2022) che non solo non crescevano, ma peggioravano costantemente il retroterra sociale. Quando si legge che il 51% della popolazione si lamenta per la sanità, il motivo non è difficile da capire. Purtroppo, non ci sono alternative alla serietà. Dobbiamo crescere per i meriti dei nostri imprenditori e lavoratori, non possiamo e non dobbiamo usare la leva del debito per spesa sociale. Da questo punto di vista, impopolare che sia, va detto che spendere in armi (inclusa la ricerca correlata), per il futuro della nazione, conviene di più che continuare come si è fatto finora.
Lo ha capito la Germania, che per rilanciare la manifattura, punterà su questo. Lo sanno anche gli Usa che, di tutto ciò che stano tagliando con il dipartimento Doge, non toccano la spesa per la Difesa. Dobbiamo accettarlo anche noi, per duro che possa essere. Anche perché questo ramo della manifattura evita la tagliola che sta soffocando la locomotiva tedesca: i dazi. I dazi sono la principale minaccia per il futuro. Insieme al costo dell’energia. Due argomenti correlati, visto che i primi colpiscono il settore che ha trainato principalmente la nostra crescita, cioè l’export, e la seconda influenza negativamente la manifattura. Il settore, con il turismo, che ancora tiene a galla l’Italia. A proposito, nel turismo abbiamo superato la Spagna. Ogni tanto giova ricordarlo, soprattutto mentre si attacca costantemente il titolare del relativo ministero. Purtroppo, in questa come nelle altre vicende economiche, la narrazione pesa troppo. E, come siamo abituati, è a senso unico. Ma la realtà è tenace e resiste anche alle distorsioni più evidenti.