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La sinistra piange Vargas Llosa, ma lui l’aveva rinnegata. Folgorato dalla destra, odiava Castro e amava Milei

La vera biografia politica

La sinistra piange Vargas Llosa, ma lui l’aveva rinnegata. Folgorato dalla destra, odiava Castro e amava Milei

Cultura - di Luca Maurelli - 14 Aprile 2025 - AGGIORNATO 14 Aprile 2025 alle 17:49

Il lutto è mondiale, la letteratura a tutte le latitudini piange lo scrittore che più di tutti ha esaltato il valore della parola nella narrazione della vita, ma è in Perù che il vuoto diventa ferita, anche culturale. Il paese andino ha dichiarato oggi il lutto nazionale per la morte di Vargas Llosa, con bandiere issate a mezz’asta sugli edifici pubblici, a ricordare il premio Nobel per la letteratura “il cui lavoro ha contribuito a portare il riconoscimento mondiale alla cultura peruviana”. Tutti gli edifici pubblici, le stazioni di polizia le caserme e altre dipendenze dello Stato su tutto il territorio nazionale, così come quelle delle missioni diplomatiche, dei consolati e delle rappresentanze permanenti del Perù all’estero hanno issato la bandiera a mezz’asta.

Mario Vargas Llosa e la delusione per la sinistra mondialista

Ma la storia di Vargas Llosa, affascinante e avventurosa, è anche un gioco di specchi, di sorprese, di cambi di fronti, anche politici. Se oggi la sinistra mondiale lo piange come si piange “uno dei tuoi” – “La letteratura in lingua spagnola saluta Mario Vargas Llosa, maestro universale della parola”, ha scritto il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez su X – in pochi fanno emergere quel cambiamento di opinione che ne contraddistinse il percorso politico.

Lo scrittore, morto a Lima all’età di 89 anni,  è stato a lungo impegnato sul terreno politico, prima nelle fila dei marxisti, poi dei socialisti, per poi approdare al fronte opposto, perfino con una candidatura nel 1990 per una coalizione di centro-destra alle elezioni peruviane che poi videro eletto Alberto Fujimori. Dalle iniziali simpatie comuniste di gioventù si era avvicinato sempre più a posizioni neoliberali, senza limitare la sua profonda libertà intellettuale che non temeva polemiche né feroci scontri nella stampa internazionale. Allergico ad ogni conformismo, ha difeso sempre la libertà di parola contro ogni censura e il suo spiccato senso per l’individualismo, inteso come “rivolta” per avanzare nel progresso, lo aveva portato ad ammirare la premier britannica conservatrice Margaret Thatcher e a destare il presidente americano Donald Trump. Capace di scrivere romanzi che sfiorano il sublime così come di impegnarsi in battaglie civili che hanno assorbito gran parte delle sue energie (anche se lui si definiva ”uno schiavo volontario e felice della letteratura”), Vargas Llosa è stato un fine polemista, che amava l’affondo paradossale e il resoconto vivace delle sue disavventure e delle sue idee.

L’affronto subito da Castro e lo strappo con i comunisti

Frequentatore di Gabriel Garcia Marquez, divenne uno dei suoi migliori amici e sodale di battaglie civili e politiche, salvo rompere all’improvviso il loro legale nel 1976, sferrando un pugno in faccia all’autore di “Cent’anni di solitudine” per una gelosia femminile. Entrambi si avvicinarono alla rivoluzione cubana di Fidel Castro, pur mantenendo una posizione critica, per poi allontanarsene clamorosamente.

Negli anni ’50 e ’60, Vargas Llosa era fortemente influenzato dal marxismo e dall’entusiasmo rivoluzionario che seguì alla Rivoluzione cubana del 1959. In quel periodo, come molti intellettuali latinoamericani, vedeva in Fidel Castro una speranza per la giustizia sociale e l’emancipazione del continente. Ma dietro l’angolo c’era la doccia fredda.

Un punto di svolta avviene nel 1971, con il cosiddetto “caso Padilla”: il poeta cubano Heberto Padilla viene arrestato per le sue critiche al regime castrista. Vargas Llosa, insieme ad altri intellettuali come Octavio Paz e Susan Sontag, firma una lettera di protesta. Questo evento segna la sua rottura definitiva con la sinistra rivoluzionaria. Vargas Llosa inizia a considerare il comunismo come una minaccia alle libertà individuali, passando gradualmente a una posizione liberale in senso classico, cioè in favore del libero mercato e della democrazia liberale. Negli anni ’80, Vargas Llosa abbraccia sempre più convintamente il neoliberalismo ispirato a pensatori come Friedrich Hayek e Karl Popper. La sua critica si concentra sull’autoritarismo dei regimi di sinistra, l’inefficienza economica del socialismo, il pericolo dell’ideologia. Negli ultimi decenni, Vargas Llosa fu considerato un intellettuale di centro-destra liberale ma sempre con uno spirito libero e anticonformista. Nel tempo era diventato un convinto oppositore di quello che definiva come il populismo della sinistra sudamericana, tanto da appoggiare politici apertamente di destra, come Jair Bolsonaro in Brasile, Javier Milei in Argentina e Keiko Fujimori, figlia del dittatore del Perù, definiti in più occasioni «il male minore».  Male minore rispetto al comunismo.

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di Luca Maurelli - 14 Aprile 2025