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L'inganno rosso

La trappola del salario minimo: così la sinistra colpisce i diritti, affonda i contratti e schiaccia i salari medi

Dietro la promessa dei 9 euro l’ora si cela un pericolo per tutti i lavoratori: un’arma di distrazione di massa rispetto alle questioni vere del lavoro. Le strade sono altre

Politica - di Luca Malcotti - 14 Aprile 2025 alle 11:06

Dopo anni di marginalità, la questione salariale è giustamente tornata al centro del dibattito politico e sociale. I bassi salari sono uno dei problemi strutturali del Paese; basti ricordare che l’Italia è l’unica nazione europea che ha registrato un calo del potere d’acquisto degli stipendi medi nel trentennio 1990-2020 (-2,9%), mentre Germania e Francia hanno registrato rispettivamente un significativo +33,7% e +31,1%, e la Spagna – fanalino di coda prima dell’Italia – un non disprezzabile +6,2%.

Il salario minimo: un rimedio peggiore del male

I bassi salari sono una concausa determinante del calo dei consumi interni, con ovvie ricadute sul Pil, della crisi demografica, del blocco dell’ascensore sociale, dell’insufficiente crescita della produttività delle imprese italiane.

A questa problematica vera e drammatica, alcune forze politiche danno una risposta tanto semplice quanto sbagliata e fuorviante: il salario minimo legale! Una bella legge che stabilisca che il salario minimo orario sia fissato dal legislatore in 9 euro l’ora. Non è poi chiaro se questi 9 euro siano comprensivi di tutti gli istituti contrattuali oppure no, ma intanto la proposta viene rilanciata nelle piazze e nei salotti televisivi.

Tutto è stato innescato dalla Direttiva europea n. 2022/2041 sul salario minimo in Europa. In realtà, bastava leggerla bene per non farsi attirare nella trappola: la Direttiva impegna le nazioni che hanno un tasso di contrattazione inferiore all’80%, mentre in Italia la copertura contrattuale è pressoché totale: sono poche migliaia i lavoratori assunti senza un Ccnl di riferimento!

Effetti collaterali a catena

I rischi conseguenti all’introduzione di un salario legale sono molteplici e di gravità crescente.

Innanzitutto, va ricordato che larga parte della povertà salariale non è determinata (solo) da basse paghe orarie, ma dal lavoro nero, dal lavoro grigio (lavoratori assunti a 18 ore settimanali che ne lavorano 40), dai part-time involontari (soprattutto lavoratrici con contratti da 3 o 4 ore giornaliere), dagli orari spezzati, dalle finte partite Iva e dalle altrettanto fasulle collaborazioni. Tutti fenomeni che non verrebbero intaccati dall’introduzione del salario minimo.

Lavoro senza più garanzie col salario minimo

In secondo luogo, la norma consentirebbe alle aziende più spregiudicate di uscire dalla contrattazione collettiva e adottare solo il salario minimo legale. Le conseguenze per i diritti e le retribuzioni sarebbero drammatiche: i lavoratori non solo perderebbero tutte le garanzie della parte normativa dei Ccnl, ma anche gli istituti contrattuali che concorrono alla retribuzione. Si perderebbero in un sol colpo l’accesso ai permessi per motivi familiari o di studio, le indennità previste dai contratti (ad esempio il maneggio denaro, l’indennità di rischio, la reperibilità e altro), gli scatti di anzianità, le maggiorazioni per lavoro festivo e notturno, gli stanziamenti per il welfare aziendale e sanitario, che oggi sono cospicui e fondamentali in tanti settori. L’elenco potrebbe continuare a lungo.

Infine, una volta uscite dalla contrattazione collettiva, le aziende potranno applicare la tariffa oraria di 9,00 euro (o quella che verrebbe fissata), non solo ai livelli più bassi ma anche a quelli superiori. Il rischio è quindi che, invece di alzare gli stipendi bassi, si abbassino quelli medi.

La vera agenda per il lavoro

Dunque, il salario minimo legale è un’arma di distrazione di massa rispetto alle questioni vere del lavoro. Le strade sono altre.

Bisogna continuare a ridurre il cuneo fiscale, come ha fatto il governo Meloni, trovando le risorse per interventi più massicci e sgravando le imprese da questa zavorra che frena le assunzioni. Occorre contrastare il lavoro nero e grigio, non solo con maggiori controlli, ma anche correggendo la legislazione che consente il ricorso disinvolto alle finte partite Iva e alle collaborazioni non genuine. È necessario affrontare il problema del mismatch (aziende che non trovano lavoratori con le competenze richieste), allineando gli investimenti in formazione e competenze con le richieste del mercato del lavoro.

Insomma, c’è un grande lavoro da fare per il lavoro! Bisogna tuttavia sfuggire alla tentazione della propaganda e delle scorciatoie.

*Luca Malcotti, Segretario Confederale Organizzativo Ugl

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di Luca Malcotti - 14 Aprile 2025