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Landini

Cinque quesiti ma ognun per sé

Landini pifferaio tragico di una sinistra a pezzi: si crede un grande “tessitore”, ma la tela referendaria è già sdrucita

Tre incontri, tre esiti diversi, ma il capo della Cgil fa il megalomane: vorrebbe raccogliere un numero di sì ai cinque quesiti superiore alla somma che i partiti di governo hanno raggiunto alle ultime elezioni politiche. Boom! Intanto un esito lo ha già raggiunto dividere ancor più quello che rimane del "campo largo". In pratica, un gran favore al governo. Cronaca di una giornata fallimentare

Politica - di Adriana De Conto - 15 Aprile 2025 alle 14:23

Tragicommedia in tre atti per Maurizio Landini, spesosi in una una giornata particolare,  facendo la spola tra tre partiti. Il lunedì prima di Pasqua, per il segretario della Cgil  è stata una vera e propria maratona tra quello che resta del «campo largo». Il pifferaio tragico di una coalizione più divisa che mai. Tre incontri, Schlein, poi Giuseppe Conte, infine il duo Angelo Bonelli-Nicola Fratoianni. L’obiettivo sarebbe quello di vendersi come “conducator”, condottiero di una coalizione referendaria  per il no al Jobs Act e per la cittadinanza. Conn l’ambizione di diventare l’enzima catalizzatore di un fronte unitario e combattivo. Ebbene, il  mastice non ha funzionato.

Landini incontro Pd,M5S, Avs: tre atti diversi

Entra come un elefante in una cristalleria. Non poteva essere diversamente. In ogni casa politica di sinistra (Landini ha fatto fuori i centristi di Azione e di Italia Viva) vanno in scena copioni diversi. Sulla cittadinanza incombe la crepa di Giuseppe Conte: che annuncia il sì ai quesiti sul lavoro ma concede «libertà di coscienza» ai suoi per quanto riguarda l’altra consultazione. Landini ha avuto poi un incontro di due ore con Elly Schlein. All’uscita si è un po’ “allargato”, come si dice a Roma. «È il momento, con cinque sì, di cancellare leggi sbagliate: l‘obiettivo è portare a votare milioni di persone», dice all’uscita del Nazareno un velleitario Landini. Schlein offre ai referendari l’apparato dem, anche se i riformisti non sosterranno l’abolizione del Jobs Act. Crepa numero due.

Come un elefante in un cristalleria

Sull’incontro con il leader del M5S Landini si spinge oltre ogni ottimismo. Non conosce bene Conte, che si tiene sempre sul filo dell’ambiguità. «L’incontro con il M5s è andato bene, hanno dichiarato il loro impegno, la loro partecipazione alla campagna referendaria», ha detto Landini. Ma il grande “tessitore” viene subito smentito da Conte. «Ci siamo sui quattro referendum per il lavoro e per smantellare il Jobs Act», spiega l’ex premier. Che poi – come detto- si tira indietro sulla cittadinanza: «Il M5s ha avviato un percorso diverso, quello dello Ius Scholae. Abbiamo lasciato libertà di coscienza a tutta la nostra comunità».  Di questa commedia in tre atti, il leader della Cgil fa una sola “acchiappata”: i Dioscuri di Avs Bonelli e Fratoianni. Per i quali quelli di giugno saranno «cinque sì pieni e convinti».

Sembra la tela di Penelope. Ci si mette anche Italia Viva, che non intende mollare sul Jobs Act. «Cancellare il Jobs Act significa cancellare le tutele per chi prima della riforma ne era sprovvisto, per chi perde il lavoro, per le donne lavoratrici, ma soprattutto significa cancellare una legge che ha funzionato», attacca Maria Elena Boschi. Dal campo largo al “campo Landini” la storia è sempre la stessa: un fronte pieno di buche. Alcuni rumors sostengono che il capo della Cgil coltivi un sogno proibito e proibitivo: raccogliere un numero di sì ai cinque quesiti superiore alla somma che i partiti di governo hanno raggiunto alle ultime elezioni politiche. Boom! In vena di megalomania per questo ruolo di “tessitore” di una tela già sdrucita ha affermato:

Landini il mediatore fallito

«Siamo impegnati — dice non avere ricavato un granché da questo lavoro di cucitura- in una grande campagna elettorale per portare a votare milioni di persone. E dimostrare che la maggioranza di questo Paese chiede di cambiare le politiche sbagliate che stanno determinando solo precarietà e peggioramento delle condizioni di vita di chi, in realtà, tiene in piedi questo Paese. La democrazia la si difende praticandola». Insomma, vuole impensierire la Meloni. In quale bolla vive? La tragicommedia si interseca con un il bivio fatale in cui si trova: se il referendum non raggiungesse il quorum, Landini sarebbe “morto politicamente”: dovrebbe convocare un congresso della Cgil. Inoltre farebbe un favore al centrodestra – anzi lo sta già facendo- evidenziando le criticità maggiori in seno alle opposizioni e in seno allo stesso Pd. La maggioranza va a nozze… Con la maggior parte del Pd a votare norme abrogative del Jobs Act che aveva ampiamente votato in passato quando erano al governo. Che figuraccia…

Referendum, Landini mette in crisi il Pd  tra riformisti e movimentisti

Comunque vada è una débacle: nell’ipotesi che il quorum venisse raggiunto, proprio il Pd ne farebbe le spese. Se infatti la consultazione non raggiungesse il quorum, esulterebbe la base riformista e sarebbe sconfessata l’ala movimentista che fa capo alla segretaria.

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di Adriana De Conto - 15 Aprile 2025