CERCA SUL SECOLO D'ITALIA

Le donne “Rivoluzionarie” di Emanuele Ricucci: il femminismo non c’entra nulla con il merito e la lotta

Il libro

Le donne “Rivoluzionarie” di Emanuele Ricucci: il femminismo non c’entra nulla con il merito e la lotta

Cultura - di Claudia Ruvinetti - 6 Aprile 2025 alle 07:00

Lo psicologo sociale rumeno Serge Moscovici, grande studioso dei fenomeni di gruppo, scrisse che la differenza tra l’influenza della maggioranza e quella della minoranza è che la prima crea compiacenza, la seconda crea conversione. Oggi il femminismo di terza generazione, con le sue casse di risonanza mediatiche – ripetitori passivi di quello che è il mondo woke -, è una maggioranza del sentire comune, proprio perché lungi da creare dibattito, penetrando attraverso la superficie liscia delle cose e dei rapporti umani, ha creato una sterile propaganda seminando un un’idea di “giusto” collettivo, elevando ad eroine figure femminili che forse non ne hanno i meriti, ma sopratutto seminando il germe velenoso dello scontro tra i sessi, continuazione bellicosa e infausta dello scontro fra classi. Il due aprile scorso è uscito nelle librerie il nuovo libro di Emanuele Ricucci, dal titolo “Rivoluzionarie – Storie di grandi  donne per una grande Italia”, edito da “Edizioni Archeoares”.

L’autore romano ci conduce attraverso le storie di sette donne del passato italiano, accompagnando il lettore in un elaborato che si situa a metà strada tra il romanzo storico e il saggio, poiché le protagonoste sono descritte nel loro quotidiano, situate nei loro luoghi, con accenni biografici che però guardano al di là dello spazio e del tempo per gettare un faro sul presente. Il libro strappa dall’anonimato sette storie di donne straordinarie, pienamente calate  nel loro tempo, senza farsi però dominare da esso. Una guerriera, una mecenate, una scultrice, una filosofa, una pittrice, una giornalista e una musicista: queste le sette donne del passato d’Italia che il libro rivela come tesori di uno scrigno sigillato.

“Rivoluzionarie” di Emanuele Ricucci, le donne che fanno la storia

Marzia degli Ordelaffi, moglie di Francesco, ha indossato l’armatura per difendere la sua città, Cesena, dalle mire dell’allora Papa Innocenzo VI. Marzia come Marte, che combatte non per sterile ribellismo ma perché ha ricevuto dal marito l’onere e l’onore di essere sua compagna di battaglia, oltre che di vita, devota solo a ciò che il grembo materno può fare, ovunque proteggere i propri figli. Così l’archetipo del materno, che non è solo letterale ma è il simbolo dell’essere generativi, rieccheggia nella storia di Anna Maria Luisa de Medici, ultima della grande famiglia fiorentina a poter salutare il lustro di quella stirpe, costretta a cedere i propri tesori di famiglia, a condizione che restassero a Firenze. Un senso di filiazione con le generazioni future, siglato da un patto che è segno di una maternità pubblica, come scrive l’autore, amore per il bello che però è eredità spirituale e non solo ornamento.

Il filo che lega le donne “Rivoluzionarie” nel libro di Ricucci

Un elemento che accomuna alcune delle protagoniste del libro, come la prima laureata della storia Elena Cornaro Piscopia, è avere avuto dei padri o dei mariti che hanno creduto in loro, suggellando un’ unione familiare che riconosce, incoraggia e protegge il talento, come un talismano di cui avere cura e tramandare ai posteri. La differenza sostanziale tra le donne descritte nel testo e le opache protagoniste del femminismo moderno è che le prime hanno fatto la loro rivoluzione con gli uomini e non contro di essi, utilizzando il loro talento come forma di libertà, spirito di partecipazione al bene comune, non cedendo alla provocazione di cui si fanno protagoniste spesso alcune attiviste del contemporaneo.

Illuminanti sono a questo proposito le parole di un’altra donna straordinaria, la pittrice futurista Valentine de Saint Point che un secolo fa, con lucide doti di lungimiranza scriveva: “Eppure la nostra è un’epoca che vede trionfare il femminismo, con i suoi orrori e la sua bellezza. Accanto alle donne sprovviste di ogni grazia, che, per acquisire diritti che le altre donne hanno in pratica sempre posseduto, copiando l’uomo, si sono virilizzate, al punto di perdere tutte le loro essenziali qualità femminili; altre donne, che sono belle o semplicemente dotate di un’intelligenza più vasta, hanno acquisito una maggiore indipendenza e spirito di vita, un gusto per lo sforzo personale e per un’attività in armonia con la grazia e la fatalità del loro essere”.

L’obiettivo del libro sulle donne rivoluzionarie è un monito per la destra

Ma il libro di Ricucci è anche un monito silenzioso al mondo conservatore e/o di destra: evita l’attacco frontale di quest’epoca urlata, si insinua in maniera delicata nel dibattito della querstione femminile e forse in  punta di fioretto vuole sferrare un attacco anche a chi pensa che la rivoluzione sia lo sterile antifemminismo, o peggio, il machismo.

Anche se non ci sarà mai essere un femminismo conservatore o sovranista, per via della costituzione precipua che tale concetto porta storicamente con sé, è e sarà sempre presente una “questione femminile”, sembra quindi giusto riportare le figure femminili artistiche e storiche per dargli la purezza del loro tempo e del loro spazio. In un’epoca priva di ancoraggi è infatti importante che la politica viva di affermazione e non di semplice reazione, essa, come alta forma di elaborazione sulla società deve ripensare il mondo, recuperando la propria capacità di  mitopoiesi, creando dei miti e delle fonti di linfa nuove, eroine capaci di ispirare generazioni di donne e di uomini.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

di Claudia Ruvinetti - 6 Aprile 2025