
Il linguaggio del presente
L’era del politicamente corretto e dell’ideologia woke è davvero finita? Il dibattito è aperto a “Istantanea digitale” (video)
Nella cornice di Piazza di Pietra, tra algoritmi, satira e libertà di parola, giornalisti, esperti e politici si sono confrontati per comprendere le sfide comunicative del presente
Se c’è una parola bandita oggi nella Sala del Tempio di Vibia Sabina e Adriano, è “moderazione”. Nessuno dei presenti alla due giorni organizzata da Fratelli d’Italia l’ha pronunciata, e nessuno ha osato invocarla. Non era il giorno giusto. I relatori dei panel di Istantanea digitale si sono alternati sul palco con la veemenza di chi sa che non c’è più tempo per parlare sottovoce. E mentre le colonne romane assistevano impassibili, si è consumata una vera messa laica in onore della libertà comunicativa: quella senza bavagli, senza “asterischi”, senza approvazione preventiva dei grandi moralisti.
Il dopo-woke non è il nulla: è il risveglio
A dare il via al dibattito, un confronto senza guanti intitolato “La fine del mondo woke è l’inizio di che cosa?”. Domanda retorica solo per chi si ostina a non vedere. Giovanni Marinetti di la 7, mette subito il dito nella piaga: “Il woke non è morto, è scappato sotto mentite spoglie: rimane un brand. Si è diffusa come un fenomeno americano, abbracciata dall’ex presidente Biden, supportata dalle big tech e dalle università più prestigiose. Ma ora la musica è cambiata: con Trump di nuovo alla Casa Bianca il mercato tira in un’altra direzione”.
Il problema di quest’ideologia è che “cancella e censura“, come ricorda Marinetti. Ma bisogna fare attenzione, in televisione e nei media “bisogna dire delle cose perché siamo proiettati a chi ci ascolta non all’ideologia”, spiega Brunella Bolloli di Libero. Poi, l’affondo di Alessandro Rico di La Verità: “Dobbiamo stare attenti alle cose di cui non ci è permesso ridere. Mi piacerebbe che nell’arte, nel cinema, nella satira e anche nel giornalismo si potesse tornare a ridere di certe cose”.
Algoritmi e censura nell’era del freespeech
Nel secondo panel, l’aria si è fatta più tecnica ma non meno rovente. Perché dai social alla sorveglianza chi scrive le regole del gioco? A prendere parola stavolta sono i rappresentanti delle varie big tech, da Meta a X, passando per Google. Il portavoce del colosso di Mark Zuckerberg, Angelo Mazzetti, confessa: “Si è passati dal controllo censorio di contenuti davvero dannosi o pericolosi a intervenire su tutto. Gli utenti non si fidavano più. Ora, invece, abbiamo deciso di fare un passo indietro”.
Si è parlato però anche di deepfake, intelligenza artificiale e nuove trappole digitali. “Google se da un lato ha creato Gemini, dall’altro bisogna tutelare gli utenti da tutte le deviazioni che uno strumento generativo Ai può portare”, spiega Mattia Tarelli – Responsabile relazioni istituzionali Google.
Le parole chiave della nuova era digitale
A chiudere la giornata il panel “Dall’agenda Lib progressista all’accelerazione di Musk. Le parole chiave della nuova era digitale”. Ad intervenire il sociologo Nuccio Bovalino: “Come siamo arrivati a credere che Musk possa salvare il mondo? Ci sono posizioni diverse, chi lo vede come un demiurgo, la divinità e al contempo il demone, l’ideologo delle tecnodestre. Io credo semplicemente che sia nato, con la rete, un nuovo mondo da abitare, dove lo scontro politico si sposta in questo nuovo ambiente”.