
Visto da Bruxelles
L’Europa oltre la sinistra: perché la visione conservatrice è l’unica via per salvare il continente dal declino ideologico
Una riflessione sul fallimento del federalismo progressista e sulla necessità di un’Unione che rispetti le nazioni, le culture e le libertà
Il dibattito sul Manifesto di Ventotene si è rivelato estremamente utile. In primo luogo, ha evidenziato la profondità culturale della visione politica di Giorgia Meloni. In secondo luogo, ha contribuito a smascherare, una volta per tutte, l’idea che l’unico progetto credibile di cooperazione europea sia quello promosso dalla sinistra.
L’egomania culturale della sinistra sull’Europa
Da decenni la sinistra cerca di appropriarsi dell’ideale europeo. Chi osa intervenire in questo ambito, magari evidenziando le contraddizioni del pensiero federalista e dei suoi testi fondativi – come il Manifesto di Spinelli, Rossi e Colorni – viene subito etichettato come anti-europeista. Lo schema è sempre lo stesso: dalle aule scolastiche a quelle dei tribunali, chi dissente è invitato ad allinearsi; in caso contrario, scattano le contromisure.
Emblematico è il “cordone sanitario” imposto nel Parlamento europeo, con lo scopo di escludere forze politiche legittimamente elette. Un altro esempio è l’uso strumentale, da parte di Bruxelles, del meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto, impiegato per ostacolare scelte di politica interna.
Ma andando ancora più in profondità, si può stilare un lungo elenco dei danni provocati da certi sedicenti europeisti. Dopo la caduta del Muro di Berlino, costoro hanno sostituito l’ideologia comunista con quella del progressismo, fautore delle frontiere aperte e della globalizzazione. Fallito anche questo progetto, si sono rifugiati nell’ambientalismo ideologico e nella cultura woke. I risultati, purtroppo, sono sotto gli occhi di tutti.
Come rilanciare, come salvaguardare
Per rilanciare il nostro continente e salvaguardare ciò che di buono ha prodotto l’integrazione europea, è indispensabile sostituire l’ormai fallimentare visione federalista e progressista con un’impostazione conservatrice e patriottica. Vediamo ora i cardini di questa visione, applicata all’Unione europea sotto il profilo istituzionale.
Analizzare le competenze dell’Ue
Per riformare l’Europa è necessario avviare un confronto su alcuni punti decisivi per il futuro dell’integrazione. Partendo dalla convinzione che solo una cooperazione efficace ed efficiente tra Stati membri possa affrontare le sfide del domani, l’Ue deve continuare a perseguire alcuni obiettivi fondamentali, come: “promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli” (art. 3, par. 1 Tue); istituire “un mercato interno” (art. 3, par. 3 Tue); offrire ai cittadini “uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne” (art. 3, par. 2 Tue). Il raggiungimento di questi obiettivi resta essenziale per il successo dell’Unione e deve essere garantito anche in futuro.
Ridefinire le competenze dell’Ue per tutelare l’identità nazionale
Occorre, tuttavia, fissare limiti chiari all’esercizio del potere legislativo, esecutivo e giudiziario di Bruxelles, soprattutto nei settori che rientrano nella regolamentazione nazionale.
Oltre ai classici ambiti della sicurezza, difesa, cittadinanza e struttura costituzionale, rientrano tra questi anche il diritto di famiglia, l’istruzione, la libertà di culto, le politiche sociali e i media. Si tratta di materie cruciali per la tutela dell’identità nazionale e per il funzionamento degli Stati membri come entità sovrane.
L’Unione dovrebbe concentrare le sue risorse su un numero ristretto di priorità, perseguendo strategie di lungo periodo e puntando su una reale convergenza tra strumenti, obiettivi e volontà condivisa.
Cosa fare (meglio) insieme
L’apparato comunitario deve rafforzare la propria azione in settori come innovazione, infrastrutture strategiche, commercio, gestione delle frontiere esterne e difesa. Deve introdurre nuove regole e strumenti per approfondire il mercato unico, sostenere l’eccellenza nella ricerca e investire in progetti a dimensione europea come gli Ipcei — progetti industriali e strategici che coinvolgono più Stati membri.
Altri ambiti da potenziare includono lo spazio, l’alta tecnologia (intelligenza artificiale, microchip) e il settore energetico, in particolare produzione e stoccaggio.
Cosa fare meno insieme
L’Ue dovrebbe evitare di intervenire – o farlo solo quando strettamente necessario, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità – in settori privi di un ampio consenso tra gli Union members.
Tra questi: politiche climatiche, agricoltura, pesca, sanità pubblica e alcune componenti delle politiche sociali e occupazionali non legate direttamente al mercato unico.
Le nuove norme su tutela dei consumatori e ambiente, ad esempio, dovrebbero evitare armonizzazioni eccessivamente dettagliate e lasciare più margine d’azione alle autorità nazionali e regionali.
Cosa prevedono i trattati
L’articolo 48 Tue disciplina la revisione dei Trattati, finora impiegata per promuovere una “unione sempre più stretta tra i popoli d’Europa”. Tuttavia, lo stesso articolo (par. 2) consente anche riforme in direzione opposta:
“Il governo di qualsiasi Stato membro, il Parlamento europeo o la Commissione possono presentare al Consiglio proposte di modifica dei trattati”.
Le modifiche possono dunque anche “ridurre le competenze conferite all’Unione”. Inoltre, la cosiddetta procedura di revisione semplificata (art. 48, par. 6 Tue) consente di modificare la parte terza del Tfue.
Punti fermi sanciti nei trattati da cui ripartire
L’Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli.
L’Unione persegue i suoi obiettivi con i mezzi appropriati, in ragione delle competenze che le sono attribuite nei trattati.
Qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei trattati appartiene agli Stati membri.
L’Unione rispetta l’uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e la loro identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali.
Rispetta le funzioni essenziali dello Stato, in particolare le funzioni di salvaguardia dell’integrità territoriale, di mantenimento dell’ordine pubblico e di tutela della sicurezza nazionale. In particolare, la sicurezza nazionale resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro.
Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale e la solidarietà tra gli Stati membri.
Essa rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e vigila sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo.
Concetti cardine della visione europeista conservatrice
L’Ue è un’organizzazione internazionale e pertanto gioca un ruolo secondario rispetto agli Stati nazionali, che restano i protagonisti del processo di integrazione.
L’Ue non detiene poteri sovrani: agisce esclusivamente nei limiti delle competenze conferitele dagli Stati membri.
Il Consiglio europeo è il centro decisionale dell’Unione e deve rappresentarne il motore politico.
La Commissione europea non deve trasformarsi nel “governo dell’Ue” ma bensì in un segretariato operativo al servizio degli Stati membri.