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Mogol svela il segreto della braccia tese di Battisti, loda la Meloni e incorona Gasparri: “Un uomo generoso”

L'intervista al "Corriere"

Mogol svela il segreto della braccia tese di Battisti, loda la Meloni e incorona Gasparri: “Un uomo generoso”

Cultura - di Robert Perdicchi - 20 Aprile 2025 alle 16:36

In una lunga intervista al “Corriere della Sera”, Giulio Rapetti, in arte Mogol, ripercorre la sua lunga carriera da paroliere e le sue simpatie anche politiche che rivendica con orgoglio ancora oggi. L’autore delle più straordinarie canzoni firmate con Lucio Battisti, da uomo di sinistra, a quanto pare ha compiuto il percorso inverso. Per chi ha votato l’ultima volta? «Forza Italia». Come mai? «All’inizio ho votato una volta Pci, poi socialdemocratico. Mi sentivo un liberale di sinistra, un riformista. Poi ho conosciuto una persona splendida, mio caro amico ancora oggi». Chi? «Maurizio Gasparri. Fa moltissime cose per gli altri. La comunità di don Gelmini per i tossicodipendenti è andata avanti grazie a lui. Fa tanta beneficenza, infatti ci siamo conosciuti a una partita di calcio benefica. Io non guardo tanto il colore politico, quanto le persone, e quello che fanno in concreto. Anche Dario Franceschini, quando era ministro della cultura, ha fatto cose molto buone». E Giorgia Meloni? «Mi sembra una che lavora dalla mattina alla sera». Poi Mogol manifesta grande apprezzamento per Papa Bergoglio: «Conservo una sua lettera, ancora oggi mi commuove. Gli mandai uno dei miei aforismi, fa così: “Come due fratellini disegnano la mamma in due modi diversi, così gli uomini Dio”. Il Papa mi ha risposto dicendo che questa frase gli fa bene e mi ha chiesto di pregare per lui, così come lui pregherà per me. Il mio sogno è scrivere con Francesco una preghiera universale, che valga per tutti gli uomini e le donne di questo mondo, senza distinzioni di lingua, religione, convinzioni».

Mogol, Battisti e Sanremo

I ricordi su Lucio Battisti sono indelebili. «Christine Leroux, discografica francese che lavorava per Les Copains, me lo portò in studio e mi disse: “È bravo, dimmi che cosa ne pensi”. Lucio era riccioluto, timido, doveva crescere. Mi fece ascoltare qualcosa e io, senza mezzi termini, dissi: non è un granché. E lui: lo so. Gli proposi di trovarci ogni giorno nel mio ufficio intorno alla mezza, per mangiare qualcosa e scrivere. La prima canzone che facemmo insieme è Dolce di giorno , la storia di una donna riluttante a concedersi. Poi vennero Per una lira e 29 settembre, che fu un trionfo. Lucio aveva molta stima di me e io di lui». Battisti era di destra? «Non l’ho mai sentito parlare di politica, Lucio era al di fuori. L’equivoco nacque per l’espressione “planando sopra boschi di braccia tese” contenuta ne La collina dei ciliegi , immagine poi finita sulla copertina di un disco. Ma le braccia erano tese per il Signore, non per il duce. Battisti era un individualista. Credeva nella libertà, nel merito. Non mi risulta che andasse a votare». Perché finì con Lucio Battisti nel 1980? «Perché io rivendicavo un rapporto paritario nella distribuzione dei ricavi, cinquanta e cinquanta. Non andò così. E rompemmo, ma solo professionalmente: Lucio ha continuato a parlarmi anche dopo la sua morte».

Sanremo? «La canzone che ha vinto nemmeno la ricordo. Invece ho apprezzato molto quella di Simone Cristicchi: hanno malignato dicendo che si è inventato la malattia della madre, ma io la madre l’ho conosciuta, è venuta al Cet, il mio centro europeo di formazione musicale in Umbria. È tutto vero».

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di Robert Perdicchi - 20 Aprile 2025