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Il caso delle moschee “informali” di Monfalcone

Sharia vs legge italiana

Moschee “abusive” a Monfalcone, sfida alla legge italiana. Gli islamici ignorano il Consiglio di Stato: per noi vale la sharia

Dopo sentenze e aspre polemiche il caso esplode: le comunità musulmane sfidano apertamente una sentenza del Consiglio di Stato, nonostante una lunga battaglia legale e una decisione definitiva che vieta l’utilizzo degli immobili come luoghi di culto. E rilanciano: «Per noi prevale la legge islamica»

Cronaca - di Lorenza Mariani - 9 Aprile 2025 alle 18:59

A Monfalcone, dove la legge dello Stato viene messa da parte e superata dall’ossequio alla sharia, esplode definitivamente il caso delle “moschee mascherate” deflgrato già da un po’. Sì, perché sembra che in Italia ci sia chi ritiene che la legge della Repubblica valga solo quando non contrasta con la sharia. È il caso delle comunità islamiche radicali di Monfalcone, che ora sfidano apertamente una sentenza del Consiglio di Stato. L’alta magistratura ha accolto il ricorso del Comune contro due centri culturali islamici – Darus Salaam e Baitus Salat – che da anni sono al centro di polemiche per l’uso improprio dei loro locali. Nonostante una lunga battaglia legale e una decisione definitiva che vieta l’utilizzo di quegli immobili come luoghi di culto, le comunità insistono: «Prevale la legge islamica».

Monfalcone, esplode il caso delle moschee informali

Tutto comincia quando il centro Baitus Salat presenta al Comune documentazione per avviare lavori di ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso. I locali in questione non erano mai stati autorizzati ad accogliere fedeli in preghiera. Eppure, nei fatti, sono diventati delle moschee informali: centinaia di persone si riuniscono regolarmente in preghiera, creando veri e propri assembramenti in spazi non idonei né autorizzati.

Una vicenda che parte da lontano

Il Comune, guidato da un’amministrazione ferma nel voler far rispettare la legalità, impone un divieto d’uso. Ma i centri ricorrono al Tar, che in prima istanza annulla il provvedimento. Il colpo di scena arriva con la sentenza del Consiglio di Stato, che ribalta la decisione e dà ragione al Comune: non è ammissibile un uso degli immobili contrario alle normative urbanistiche e di sicurezza. Non si tratta di un attacco alla libertà religiosa, ma di rispetto delle regole che valgono per tutti.

«La sharia prima della legge italiana»

La reazione delle comunità islamiche è però allarmante: ignorano la sentenza e continuano a riunirsi, come se nulla fosse. Di più. Fonti locali raccontano di una retorica inquietante: «Quando la legge italiana entra in conflitto con la legge islamica, per noi prevale la sharia», sarebbe il segnale di un’inquietante deriva, che vede in crescita sacche di radicalismo pronte a mettere in discussione i fondamenti dello Stato di diritto.

Sul filo di un doppio binario giuridico che non esiste

Non si tratta solo di una disputa urbanistica, ma di una questione più profonda: il rispetto dell’ordinamento italiano e la compatibilità di certe interpretazioni religiose con le regole della convivenza civile. A Monfalcone, oggi, si gioca una partita che riguarda tutta l’Italia: può un gruppo chiudersi in comunità parallele che si autogestiscono ignorando le leggi dello Stato?

Il duro commento dell’ex sindaco di Monfalcone

Il Tar si era opposto alla decisione del Comune, perché ha considerato ingiustificato il divieto d’uso dell’area esterna, ma il Consiglio di Stato ha dato ragione all’amministrazione, ponendo la sicurezza degli avventori sopra ogni altro interesse. Da qui il richiamo allo «stop all’illegalità dei centri islamici di Monfalcone con tre sentenze destinate a segnare finalmente una svolta alle pretese islamiche di poter impunemente gestire le loro strutture al di fuori del rispetto delle nostre leggi», che Anna Cisint – ex sindaco di Monfalcone, ora deputata europea – ha ribadito commentando la vicenda.

Richiami e sollecitazioni che i centri lasciano cadere nel vuoto, disconoscendo la sentenza del Consiglio di Stato. Gli islamici – rileva non a caso tra gli altri oggi il sito de Il Giornale – «non riconoscono la decisione e procedono nella loro attività come se non fosse accaduto nulla». Tanto che la Cisint incalza: «Sovversione. Come nei periodi più bui della nostra Repubblica, è questo il termine più appropriato per descrivere quanto sta accadendo con le comunità islamiche più radicali, da Mestre a Monfalcone. Qui, alcuni gruppi di musulmani rifiutano di rispettare sentenze definitive del Consiglio di Stato”. Una situazione inaccettabile che, secondo l’ex sindaco, «avviene con la complicità della sinistra, che per anni ha prima coperto, poi corteggiato politicamente i leader delle comunità fondamentaliste, nella speranza di raccattare qualche voto in più».

Il ruolo delle istituzioni, i richiami della legge

Un allarme che la Cisint ha lanciato a più riprese, esprimendo più volte la sua preoccupazione per una situazione che rischia di sfuggire di mano. «Non è possibile che in Italia ci siano zone franche dove valgono leggi diverse da quelle della Repubblica. Le sentenze vanno rispettate da tutti, senza eccezioni». Ora la palla passa alle autorità preposte al controllo del territorio. Il rispetto della sentenza del Consiglio di Stato non può restare lettera morta. Serve fermezza, serve legalità. E serve – più che mai – il coraggio di chiamare le cose con il loro nome: qui non si tratta di religione, ma di legalità violata e di sfida aperta allo Stato. Perché non esiste un doppio binario giuridico. E perché non è lecito continuare a tollerare il cortocircuito per cui la libertà religiosa diventa uno scudo per aggirare le leggi.

 

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di Lorenza Mariani - 9 Aprile 2025