CERCA SUL SECOLO D'ITALIA

Iran-Usa

C'è aria di distensione

Nucleare, tra Iran e Usa spiragli di intesa. Tajani conferma l’ottimismo di Trump: “Forse ci siamo”

Dopo anni di minacce e sanzioni, si riscopre la lingua dei negoziati. Il secondo round di incontri di sabato a Roma fa ben sperare. In Oman ora pronti a discutere la bozza dell’accordo

Esteri - di Alice Carrazza - 22 Aprile 2025 alle 16:48

Di solito, quando si parla di Iran e Stati Uniti, la parola “ottimismo” non trova posto neppure tra le righe. E invece sabato scorso, a Roma, è accaduto qualcosa che ha ribaltato il tavolo: non ci sono stati insulti, né anatemi, né l’eco dei tamburi di guerra. Ma scambi, sorrisi misurati, formule sospese. E ora persino Donald Trump si dice soddisfatto: «Abbiamo avuto incontri davvero ottimi con l’Iran. Il prossimo passo è che abbiamo bisogno di un po’ di tempo». Parole pronunciate alla Casa Bianca durante l’Easter Egg Roll senza minacce stavolta, segno che, davvero, qualcosa si è mosso.

“L’Iran è pronto a raggiungere un accordo”

Da Teheran, il presidente Masoud Pezeshkian mette i puntini sulle “i”: «L’Iran è pronto a raggiungere un accordo con gli Stati Uniti solo entro un quadro preciso e tutelando gli interessi nazionali. Se l’America non vorrà negoziare con noi da una posizione di parità, andremo avanti per la nostra strada». Non è entusiasmo, ma nemmeno una sfida. «Non siamo né ottimisti né pessimisti», ha puntualizzato.

Tajani: “Forse ci siamo”

Intanto, l’Italia si ritaglia il ruolo di protagonista silenziosa. Antonio Tajani non nasconde l’impegno della Farnesina: «È stata una giornata importante, forse ci siamo. Ho incoraggiato il ministro iraniano Abbas Araghchi a rispondere alle mediazioni dell’Oman. Avevo incontrato anche il ministro degli Esteri omanita, il quale aveva chiesto il supporto dell’Italia per incoraggiare le controparti a raggiungere un accordo». E ha aggiunto: «Continuiamo a sostenere il lavoro del leader dell’Agenzia nucleare dell’Onu, Rafael Grossi, e lo incoraggiamo a fare passi determinati in avanti per un’azione che impedisca all’Iran di utilizzare un’arma atomica».

Iran-Usa Tajani

Le richieste di Teheran

Ma l’Iran non si lascia incantare dalle promesse. La donna portavoce del governo, Fatemeh Mohajerani, lo ribadisce: «La revoca effettiva delle sanzioni è la nostra principale richiesta nei negoziati indiretti con gli Stati Uniti». E su un punto è inflessibile: il trasferimento dell’uranio arricchito fuori dal Paese resta la «linea rossa».

Prossima tappa Muscat

Dietro le quinte, la diplomazia corre. Sabato prossimo, a Muscat, i tecnici torneranno al tavolo per redigere i principi base dell’accordo. E se la bozza sarà approvata, capi delegazione e diplomatici torneranno a confrontarsi. «Il secondo round ha registrato buoni progressi», spiega al Corriere della Sera Seyed Hossein Mousavian, veterano delle trattative sul nucleare e ora docente a Princeton. «C’è speranza – aggiunge – ma servirà ancora prudenza». Prudenza, parola chiave anche per Kelsey Davenport dell’Arms Control Association, che all’Ap chiarisce: «Accettare colloqui tecnici suggerisce che entrambe le parti esprimono obiettivi realistici. Ma senza un’intesa politica solida, i tecnicismi rischiano di svanire nel nulla».

Israele allerta: riunione di sicurezza questa sera

E Israele? Non resta a guardare. Mentre a Roma si discuteva di pace, l’Aeronautica israeliana simulava attacchi sulle basi già colpite dai missili iraniani. Secondo Kan News, «l’esercitazione mira a rafforzare la prontezza in caso di fallimento dei colloqui». Il premier Netanyahu ha convocato per stasera il gabinetto di sicurezza. All’ordine del giorno: Iran e nucleare. Perché Bibi Netanyahu non si fida. E Washington dovrà scegliere se trattare o appoggiare eventuali piani militari. Per ora, Trump mantiene il profilo basso, ma con sei bombardieri B2 in zona e portaerei in standby.

Tuttavia, non tutti, nella sua squadra Usa, sono favorevoli al dialogo: il segretario di Stato Marco Rubio e il commissario per la sicurezza nazionali Mike Waltz restano contrari. Ma il vicepresidente J.D. Vance e Pete Hegseth, vicepresidente e capo del Pentagono, spingono per un’intesa. E il tycoon li ascolta. Soprattutto ora che, ormai passati i 100 giorni del nuovo mandato, un successo negoziale potrebbe trasformarsi in un prezioso boost di consensi.

Fronte russo e fronte cinese

Nel frattempo, Abbas Araghchi si prepara al viaggio a Pechino. Anche lì si parlerà di nucleare e di sanzioni. Per il portavoce Esmaeil Baqaei, «la revoca delle sanzioni è naturale, perché ingiustificate e illegali». A marzo, la Cina ha già ospitato un trilaterale con Iran e Russia, conclusosi con una dichiarazione congiunta: “ritirare tutte le sanzioni unilaterali”. Il Dragone ora chiede “scambi approfonditi” e promette di “rafforzare la fiducia politica reciproca”.

Khamenei, la svolta e il precedente religioso

A Teheran, intanto, l’ayatollah Ali Khamenei ha dato il via libera ai negoziati. Un cambiamento radicale, spiegano gli analisti, motivato dal timore di un attacco militare, da una crisi economica ormai fuori controllo e da un’opposizione interna sempre più visibile. Per convincere i più scettici, il regime scomoda persino la storia sacra. Il trattato di Hudaybiyyah, siglato da Maometto nel 628 d. C. con i suoi nemici della Mecca, viene paragonato ai negoziati con gli Stati Uniti: una pace apparente, ma strategica. La “flessibilità eroica” già evocata nel 2013 ora ritorna come unica ancora di salvezza.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

di Alice Carrazza - 22 Aprile 2025