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Il cippo in memoria di Sergio Ramelli ai giardini che gli sono dedicati a Milano

A 50 anni dall'omicidio

Odio aperto e ipocrisia strisciante: a sinistra c’è sempre un “ma” da opporre al ricordo di Sergio Ramelli

Verini lancia appelli per la pacificazione, ma poi alimenta gli alibi che la ostacolano; Zaratti fa la classifica dei morti che hanno subito più ingiustizie; Sala continua ad andare alla commemorazione senza la fascia tricolore. E poi ci sono gli immancabili "presidi antifascisti"

Politica - di Annamaria Gravino - 29 Aprile 2025 alle 18:53

C’è sempre qualche “ma”, qualche precisazione da fare, qualche aspetto da puntualizzare. C’è sempre qualcosa che rende incompleta, a molte latitudini della sinistra, la possibilità di affermare nettamente che Sergio Ramelli fu una vittima innocente dell’odio politico e come tale andrebbe ricordata, senza cercare di attenuare la violenza di ciò che subì allora e la potenza del messaggio di pacificazione che oggi la sua storia potrebbe e dovrebbe trasmettere. È successo anche in questo cinquantesimo anniversario del suo brutale assassinio, un agguato in piena regola, compiuto a colpi di chiave inglese da un commando di Avanguardia operaia, sotto casa sua, mentre legava il motorino.

Se per la sinistra c’è sempre un “ma” da opporre al ricordo di Sergio Ramelli

Così, mentre comunque fa sempre più breccia l’idea che la memoria di Sergio Ramelli appartenga alla memoria di tutti, c’è ancora chi si ostina a mettere paletti, a fare richiami ideologici che poi, a voler usare lo stesso metodo strumentale, si potrebbero facilmente ritorcere contro chi li fa. Prendiamo il senatore Pd, Walter Verini. Era partito bene, benissimo, dicendo che «è giusto ricordare la memoria di Sergio Ramelli ed il suo assassinio per mano di estremisti di sinistra. Ramelli fu vittima di quegli anni di odio, nei quali ragazzi di destra e ragazzi di sinistra venivano reciprocamente aggrediti e ammazzati per quello che rappresentavano, per le idee che manifestavano, per il giornale che leggevano, per l’abbigliamento che indossavano. I nomi sono troppi e indimenticabili nella memoria del dolore collettivo».

Verini si perde sul finale

Aveva colto nel segno ricordando, con Ramelli a Milano, Fausto e Iaio e poi, a Roma, i fratelli Mattei, Paolo Di Nella, Walter Rossi, Valerio Verbano. E aveva lanciato un appello pienamente condivisibile: «Una condizione giusta per ricordare è, nel farlo, bandire sempre e ovunque anche simbologie di odio e violenza». Ma perché, dunque, aggiungere la chiosa sul fatto che «recentissime allusioni, nei manifesti di queste ricorrenze, a simbologie neonaziste o esibizione di saluti romani, per esempio, rendono certamente più difficile la memoria e quella pacificazione che si afferma giustamente di voler perseguire»? A che serve? A chi giova? Qual è il messaggio che vuole mandare Verini? Si è reso conto che quell’argomento è il primo alibi di chi rema contro la pacificazione? Se ne fa portatore volontariamente o è così permeato da certe logiche da non rendersene conto?

Il deputato di Avs che fa la classifica dei morti che hanno subito più ingiustizie

Il deputato di Avs Filippo Zaratti ha poi ritenuto di sottolineare che «Meloni e La Russa parlano dell’omicidio di Sergio Ramelli come se l’Italia lo avesse scordato ma non è affatto così». «Anzi quella tragedia ha avuto giustizia in una aula di Tribunale, a differenza di molte altre tragedie che riguardano tante e tanti altri giovani uccisi in quegli anni di cui non si conoscono ancora gli assassini. Sarebbe stato bello se si fosse fatto lo stesso omaggio a tutte le vittime di quegli anni», ha aggiunto, facendo un elenco di tanti militanti di sinistra morti, «per evitare una memoria selettiva agli esponenti dell’attuale destra di governo». Zaratti, benché deputato, dovrebbe sapere che nel suo discorso di insediamento al Senato Ignazio La Russa ricordò vittime dell’una e dell’altra parte e che Paola Frassinetti, deputata come lui, oltre che sottosegretaria all’Istruzione, a Milano ha reso omaggio a Fausto Tinelli, nella scuola che frequentava, esattamente come fece per Ramelli. Così, tanto per citare due episodi macroscopici che stupisce siano sfuggiti a un dirigente politico.

Sala lascia ancora a casa la fascia tricolore

C’è poi Giuseppe Sala, campione di equilibrismo e ipocrisia, che va sì a ricordare Ramelli ai giardini che gli sono dedicati a Milano, ma ci va senza fascia da sindaco, che non sia mai la città di Milano possa dire chiaramente che Ramelli era un cittadino come gli altri, non un figlio reietto, che non merita il pieno omaggio delle istituzioni.

E ci sono gli immancabili presìdi antifascisti. Poi ci si stupisce dello studente che paragona Sergio Ramelli a Mussolini…

Poi ci si stupisce se uno studente del Molinari, la scuola frequentata da Ramelli e cornice della persecuzione che poi portò all’omicidio, sente di poter dire ai microfoni di una trasmissione tv che «Ramelli è morto per le sue idee, come Mussolini. Ramelli professava idee violente, ciò non toglie che lui magari non abbia toccato una mosca, io questo non lo posso sapere…». E, forse persino peggio, si considera quasi normale che in questa data ci sia chi pensa di organizzare “presidi antifascisti” in risposta al ricordo di Ramelli.

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di Annamaria Gravino - 29 Aprile 2025