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pace in Ucraina

C'è luce in fondo al tunnel

Putin apre a una “pace permanente” con l’Ucraina. L’inviato di Trump: “Potremmo essere a un punto di svolta mondiale”

Steve Witkoff: "Ci è voluto un po' di tempo per arrivare a questo punto, ma siamo sul punto di qualcosa di molto, molto importante per il mondo intero"

Esteri - di Alice Carrazza - 15 Aprile 2025 alle 13:45

«La richiesta di Putin è di raggiungere una pace permanente. Quindi, al di là del cessate il fuoco, abbiamo ottenuto una risposta». Bastano queste parole pronunciate da Steve Witkoff, inviato speciale della Casa Bianca e uomo di fiducia di Donald Trump, per ribaltare in pochi secondi il tavolo del conflitto russo-ucraino. Dichiarazioni rilasciate in diretta sulla rete americana Fox News, all’indomani del terzo incontro diretto con Vladimir Putin, andato in scena venerdì scorso nella penombra rituale di San Pietroburgo.

La strada verso la pace in Ucraina

Witkoff aveva già definito il colloquio con il leader del Cremlino «utile» e «stimolante», lasciando intendere che la strada verso un’intesa non sia più un miraggio. Accanto a lui, c’erano due figure centrali dell’entourage putiniano: Yuri Ushakov e Kirill Dmitriev. «Penso che potremmo essere sul punto di qualcosa di molto, molto importante per il mondo intero», ha affermato l’emissario del tycoon, lasciando sospesa la posta in gioco: «Ci sono molti dettagli allegati, non solo i cinque territori… Ci sono protocolli di sicurezza, non c’è la Nato, non c’è l’articolo 5 della Nato».

Lavrov: “Se ne sta discutendo

Parole che trovano eco – e prudenza comunque – nel ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, che al quotidiano Kommersant ha dichiarato: «Non è facile concordare gli elementi chiave di un accordo. Se ne sta discutendo». Lavrov ha inoltre riconosciuto agli Stati Uniti il merito di «aver cercato di approfondire il problema». Come spiega Witkoff, «ci è voluto un po’ di tempi per arrivare a questo punto», ma ora stanno emergendo i primi risultati.

Ogni canale è “utile” per la trattativa di pace

La trattativa si muove su più canali: diretti, privati, forse opachi ma non per questo meno efficaci. Lo conferma anche Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino: «Contatti di questo tipo sono estremamente utili e molto efficaci. I colloqui di San Pietroburgo hanno rappresentato un canale necessario attraverso il quale Putin e Trump potrebbero scambiarsi informazioni».

Gli Stati Uniti trattano anche sul commercio

Witkoff lo ha detto senza giri di parole: «Credo che ci sia la possibilità di rimodellare le relazioni russo-americane attraverso alcune opportunità commerciali molto interessanti, che credo possano dare una vera stabilità anche alla regione. Le partnership creano stabilità».

Ma a quale prezzo? Sergey Naryshkin, direttore del Servizio di Intelligence Estero russo (Svr), ha delineato le condizioni alla Tass: «Status neutrale e denuclearizzato per l’Ucraina, smilitarizzazione dello Stato ucraino, abolizione di tutte le leggi discriminatorie adottate dopo il colpo di Stato del 2014, riconoscimento della sovranità degli attuali confini territoriali della Russia».

Nel frattempo, ieri Trump ha affondato un colpo contro il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, reo – a suo dire – di aver «lasciato scoppiare» la guerra, insieme al suo predecessore Biden. Poi la parziale retromarcia: la responsabilità sarebbe condivisa con lo zar Putin.

Iran, l’altro tavolo aperto

Witkoff ha tuttavia accennato a un altro tavolo rovente: l’Iran. «Il primo incontro diretto in Oman con gli emissari di Teheran è stato positivo, costruttivo, avvincente». Ma il vero punto resta il programma nucleare della Repubblica islamica: «Qualsiasi accordo riguarderà in gran parte il monitoraggio dell’arricchimento dell’uranio». Nessuna menzione alla richiesta – presente nei precedenti accordi – di uno smantellamento totale.

The Donald, tornato alla Casa Bianca a gennaio, aveva sin da subito ripreso in mano il dossier iraniano: a marzo aveva inviato una lettera personale all’ayatollah Ali Khamenei chiedendo l’avvio di negoziati, evocando in caso contrario «azioni militari». Oggi, li riporta a negoziare. La diplomazia americana è tornata muscolare.

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di Alice Carrazza - 15 Aprile 2025