
Dialogo tra Nazioni
Roma crocevia del dialogo e della pace. In attesa di Trump, la Capitale ospita il summit Usa-Iran sul nucleare
Il portavoce iraniano: "Oggi, il secondo round di colloqui indiretti tra Washington e Teheran con la mediazione dell'Oman. Siamo consapevoli delle difficoltà che ci attendono, ma proseguiamo a occhi aperti"
Il teatro è Roma, ma la sceneggiatura è scritta tra Washington, Teheran e Mosca, con la regia silenziosa di Mascate e l’eco nervosa di Tel Aviv. Il secondo atto dei colloqui indiretti tra Iran e Stati Uniti si apre oggi all’Ambasciata dell’Oman, nel quartiere romano della Camilluccia. Una cornice sontuosa quanto blindata, dove la diplomazia tenta l’impossibile: riportare il dossier nucleare sul binario della trattativa, senza farlo deragliare sul crinale della provocazione. «Roma diventa capitale di pace e dialogo – ha scritto il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani –. L’auspicio del governo italiano è che si possa giungere insieme a una soluzione positiva per il Medio Oriente».
L’arrivo, il saluto e il messaggio dell’Iran: “Pronti al dialogo sincero”
La delegazione iraniana è già arrivata. Il capo negoziatore e ministro degli Esteri, Abbas Araghchi, è stato immortalato dalle telecamere mentre scendeva dalla scaletta dell’aereo, vestito di tutto punto con valigetta a seguito. Insieme a lui, il gotha della diplomazia iraniana: il vice ministro Takht-Ravanchi, il portavoce Esmaeil Baqaei, il giurista Kazem Gharibabadi e il consigliere Behzad Saberi. Tutti consapevoli che il tempo della propaganda è scaduto, e che quello che inizia oggi a Roma è un negoziato potenzialmente spartiacque.
Iranian Foreign Minister Abbas Araghchi arrived in Rome on Saturday to lead his country’s delegation in the second round of nuclear talks with the United States, Iranian media reported.
The talks, mediated by Oman, are set to begin later in the day. pic.twitter.com/Qt48CRau1h
— Iran International English (@IranIntl_En) April 19, 2025
«La pace duratura nasce da un dialogo sincero tra le nazioni, non dall’imposizione della forza», ha scritto su X il portavoce Baqaei, salutando l’Urbe con un disarmante «Ciao Roma». Un incipit pacato, ma non ingenuo. Teheran sa bene che le illusioni non abitano più a Vienna — dove per anni si sono svolte trattative infruttuose — , e che il tavolo romano è delicato quasi di cristallo. «Siamo consapevoli delle difficoltà che ci attendono, ma proseguiamo a occhi aperti, forti dell’esperienza maturata», ha voluto aggiungere.
Nucleare iraniano, Tajani incontra Araghchi e Grossi: “Roma capitale del dialogo”
Alla Farnesina, Araghchi ha ribadito la necessità di sfruttare l’attuale apertura diplomatica per raggiungere un’intesa «logica e razionale» sul programma nucleare di Teheran. L’obiettivo, ha dichiarato, è ottenere la revoca delle «sanzioni crudeli e illegali» e adottare misure concrete per «rafforzare la fiducia», affrontando le ambiguità ancora aperte sul dossier atomico. A riportarlo è l’agenzia di stampa iraniana Tasnim.
Nel corso della mattinata, Tajani ha ricevuto anche il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, Rafael Mariano Grossi, a conferma del ruolo attivo dell’Italia nel promuovere il confronto multilaterale su una delle questioni più sensibili dello scenario globale.
Il piano di Teheran per l’accordo sul nucleare
L’Iran si presenta con una proposta, non di certo con la resa. Secondo fonti di alto livello, Araghchi avrebbe già messo sul tavolo un piano in tre fasi: riduzione dell’arricchimento dell’uranio al 3,67% in cambio dello sblocco dei fondi congelati e dell’export petrolifero; ripristino delle ispezioni dell’Aiea e ritorno ai vincoli dell’accordo Jcpoa con revoca delle sanzioni Onu; cessazione progressiva delle sanzioni statunitensi. Nulla di rivoluzionario, ma sufficiente a smuovere le acque stagnanti del dialogo interrotto nel 2018.
Trump: “Niente fretta”, con l’Iran ci vuole sangue freddo
Trump ha dichiarato di “non avere fretta”, ma è stato categorico: «Voglio che l’Iran sia felice e prospero, ma non devono avere l’arma nucleare. In caso contrario, la loro vita sarebbe in grave pericolo». Formula tagliente in perfetto stile The Donald: bastone e carota, mentre i repubblicani spingono e Israele si agita. E a farlo infuriare ancor di più le parole del ministro degli Esteri iraniano Araghchi: «Israele rappresenta l’unico ostacolo al raggiungimento di un Medio Oriente libero dalle armi nucleari».
Il timore israeliano per le trattative
Ron Dermer e David Barnea, rispettivamente ministro israeliano per gli Affari strategici e capo del Mossad, hanno incontrato venerdì a Parigi l’inviato americano Steve Witkoff. L’agenda israeliana non lascia spazi: l’Iran non solo deve rinunciare all’atomo, ma anche ai missili. Un’agenda che Teheran ha tuttavia già respinto: «Il diritto dell’Iran ad arricchire uranio non è oggetto di trattativa», ha ribadito Araghchi da Mosca, dove ha consegnato il messaggio della guida suprema Ali Khamenei direttamente al presidente Vladimir Putin.
Mosca: “Siamo pronti ad aiutare”
La Russia torna a rivestire il ruolo di mediatore. «Siamo pronti ad aiutare, mediare e svolgere qualsiasi ruolo utile e accettabile per entrambe le parti», ha dichiarato il titolare degli Esteri Sergej Lavrov, ricordando l’accordo del 2015 voluto da Obama e poi stracciato da Trump.
«Accogliamo con favore l’avvio dei colloqui indiretti tra Teheran e Washington. Siamo favorevoli a proseguire il processo negoziale basato sui principi di considerazione degli interessi di entrambe le parti e del rispetto reciproco». «La Russia considera la risoluzione pacifica del programma nucleare iraniano come una delle sue priorità ed è pronta a fare tutto il possibile per facilitare in modo completo il processo negoziale attraverso mezzi politici e diplomatici», ha aggiunto.
Informazioni mancanti e rischi
Il quadro è oggi ben più complesso. Il Wall Street Journal parla di una “situazione ad altissimo rischio”, in quanto l’Aiea avrebbe perso la «continuità informativa» su parti cruciali del programma atomico iraniano, tra cui lo stock di centrifughe e i relativi componenti. Dal 2021, la Repubblica degli ayatollah ha tagliato infatti l’accesso agli ispettori, sospendendo anche la condivisione delle registrazioni delle telecamere di sorveglianza installate nei siti più sensibili. «Senza una base di partenza, è quasi impossibile garantire il rispetto dei limiti sull’arricchimento dell’uranio previsti da un accordo», avverte il rapporto. Secondo Grossi, Teheran è «non lontana» dal possedere una bomba. A Washington, il tempo stringe.
Il ruolo dell’Italia di Giorgia Meloni
Nonostante ciò, mentre l’Europa balbetta, l’Italia si propone nuovamente come ponte. Tajani ha dichiarato: «L’Italia è pronta a dare il suo contributo per la pace e la stabilità del Medio Oriente». Meloni potrebbe giocare la carta del “lodo romano”, rilanciando l’influenza italiana nel Mediterraneo allargato in stile Aldo Moro.
Gli uomini di Trump nella Capitale
Steve Witkoff, l’uomo scelto da Trump per gestire il dossier, è un imprenditore con licenza diplomatica, gestendo parallelamente anche la questione ucraina. Identificato ormai come beniamino del presidente, pare sia disposto a trattare senza isterismi.
Secondo Fadahossein Maleki, membro della Commissione Sicurezza nazionale e Politica estera del parlamento iraniano, «i colloqui proseguiranno con ogni probabilità. Trump è sotto pressione da parte di alcuni esponenti della linea dura», ma Witkoff «gode della sua fiducia». E aggiunge: «Sono ottimista».