
Follie dem
Sinistra marziana, dopo “genitore 1 e genitore 2” arriva un’altra priorità: la lista unisex nei seggi elettorali
Dopo l’esultanza per la dicitura genitore 1 e genitore 2 reintrodotta sui documenti dei minori dalla Corte d’Appello di Roma, la sinistra, muta e divisa sui grandi dossier internazionali, è pronta alla pugna per riscuotere nuovi successi su temi, neanche a dirlo, di nessuna rilevanza per i cittadini. Ma tant’è. Nel segno dell’ossessione ‘inclusivista” e della guerra alle discriminazioni di genere spicca l’impegno della senatrice Cecilia D’Elia del Pd per liberare le donne dal patriarcato che si nasconde pericoloso nella divisione tra maschi e femmine nelle liste elettorali.
L’ultimo delirio della sinistra: le liste elettorali unisex
Presidente della commissione Cultura a Palazzo Madama e vicepresidente della commissione d’inchiesta sui femminicidi, l’esponente del partito di Elly Schlein ha presentato una modifica al dl elezioni che introduce due novità. La prima cancella l’obbligo del cognome del marito nelle liste elettorali. L’emendamento a sua prima firma, approvato in Commissione Affari costituzionali del Senato, prevede che al posto del “cognome e nome e, per le donne coniugate o vedove, anche il cognome del marito”, ora venga indicato solo «il cognome e il nome», della donna. Una modifica di buon senso, certo, ma non proprio una proprio una priorità per la nazione. Ma c’è un secondo emendamento, seminascosto, anche questo presentato dall’iperattiva senatrice D’Elia e approvato, nel quale sparisce la divisione per sesso delle liste elettorali. Che orrore quella distinzione negli elenchi elettorali tra uomini e donne, con relative file sperate. «Le parole: “distinto per uomini e donne”, ovunque ricorrano, sono soppresse», voilà la grande conquista del Nazareno. Dalla terza toilette per gender-fluid alla lista elettorale ‘inclusiva’ per maschi e femmine.
“Si tratta di un’abitudine obsoleta e unutile”
Si tratta – tuona la senatrice del Pd – di «un’abitudine obsoleta e inutile. È molto importante e particolarmente significativo che la Commissione si sia espressa all’unanimità su entrambe le modifiche». La ‘storica’ vittoria riporta a un’altra crociata quella di Cathy La Torre, avvocato e attivista della comunità Lgbt, contro la divisione delle file di elettori in maschi e femmine perché “altamente lesiva della privacy e della riservatezza delle persone in transizione di genere. La cui identità di genere è un dato personale particolare e necessita di essere trattato secondo quanto previsto dall’articolo 9 del regolamento 206/2018”. Inutile dire che anche la pasdaran Monica Cirinnà, ex senatrice dem, aveva fatto la sua parte, elmetto in testa. “La divisione dei registri elettorali per maschi e femmine va superata. È un ostacolo all’esercizio del voto delle persone trans e non binarie che, in questo modo, sono costrette a fare coming out”.