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Svidercoschi: «Abbiamo bisogno di una Papa che sappia unire e aiutare i credenti a essere veri cristiani»

Verso il Conclave

Svidercoschi: «Abbiamo bisogno di una Papa che sappia unire e aiutare i credenti a essere veri cristiani»

Intervista a Gian Franco Svidercoschi, vaticanista di lunga esperienza che al Secolo d'Italia offre una guida per comprendere i tanti nodi che alimenteranno il Conclave e il mandato del prossimo Pontefice. Fra i più importanti? La necessità di riunire la Chiesa

Interviste - di Fernando Massimo Adonia - 27 Aprile 2025 alle 07:00

Con il funerale di Papa Francesco, che ha visto la presenza a San Pietro di tutti o quasi i principali leader mondiali, entra nel vivo il confronto – anche duro – tra i principi della Chiesa, i cardinali. L’obiettivo è eleggere nel più breve tempo possibile il 267º vescovo di Roma. Sono 135 i porporati elettori, un numero altissimo: 108 sono stati nominati da papa Bergoglio. Molti di loro si conoscono appena. Una situazione inedita anche per Gian Franco Svidercoschi, vaticanista navigato, già inviato dell’Ansa al Concilio Vaticano II e vicedirettore dell’Osservatore romano. Giornalista che, più di altri, ha conosciuto da vicino san Giovanni Paolo II.

Svidercoschi, non crede che il tema della successione del pontefice abbia fatto irruzione troppo presto nel dibattito pubblico?

«Era naturale. Il Papa non stava bene da tempo: questo è evidente. Senza che si possa parlare di complotti salottieri, dialoghi tra cardinali ce ne saranno stati sicuramente. Anche ai tempi di Wojtyla era accaduto. La differenza è che allora nessuno aveva mai rilasciato un rigo di dichiarazione ai giornali. Il mondo sta cambiando».

Pensa che i giornalisti abbiano determinato questo cambiamento?

«Anche loro erano preparati da tempo alla morte del pontefice a causa del lungo ricovero. Fino a vent’anni fa si sarebbe aspettato il decesso del Papa prima di porre talune questioni. Ma i tempi sono cambiati, viviamo una accelerazione in tutto. Dalle vicende personali a quelle sociali. Difficile aspettarsi un altro registro».

Dal dibattito di questi giorni sembrano tante se non le lacerazioni, almeno le divaricazioni all’interno della Chiesa?

«Le divaricazioni ci sono perché quello di Francesco è stato un pontificato, e non lo dico in senso negativo, divisivo. La sua scelta è stata quella di assumere posizioni destinate a suscitare necessariamente reazioni uguali e contrarie. Ha affrontato il tema delle riforme in linea con il metodo gesuita: avviare i processi senza preoccuparsi dei risultati. Molti di questi processi sono rimasti però a metà strada, suscitando reazioni. Reazioni che si ripercuoteranno nel Conclave».

Immagina che dalla Sistina possa venire fuori Francesco II?

«Non ritengo che arriverà un successore in perfetta continuità, come era avvenuto nel passato. Questo perché, in un qualche modo, Bergoglio ha destrutturato molti angoli della Chiesa, senza però finire il lavoro».

Quale sarà, allora, il profilo del prossimo pontefice?

«La questione è sempre quella. Il prossimo Papa dovrà essere, in primo luogo, necessariamente unitivo. Ci sono troppe divisioni e devono essere sanate. In secondo luogo, dovrà affrontare e risolvere, facendosi aiutare dall’episcopato, e non in maniera assolutista, le destrutturazioni portate avanti da Bergoglio».

 Può fare un esempio specifico?

«Le donne. Tutti sono convinti che abbia fatto chissà che per loro. Non è così. Sul campo restano grandi contraddizioni. Nel mettere una donna al vertice del governatorato ha scavalcato le leggi che lui stesso aveva posto e che prevedevano che quei ruoli fossero affidati ai cardinali».

I cardinali, prima del Conclave, dovranno parlare anche di questo?

«È davvero straordinario ciò che ha fatto Francesco, il prossimo Conclave è realmente universale. Anche qui, però, bisogna fare i conti con alcune contraddizioni. Ha avuto senso scegliere come cardinale il seppur bravo Giorgio Marengo, un missionario che ho avuto modo di conoscere e apprezzare, che però sotto di sé ha poco più di mille cattolici in Mongolia, mentre la diocesi più grande del mondo, Milano, non sarà rappresentata. Il principio è che il Papa deve essere eletto sì dai cardinali, ma questi devono essere rappresentativi del popolo di Dio».

Il prossimo Papa parlerà certamente di pace e lo farà dinanzi a un mondo lacerato dai conflitti. In che modo dovrà farlo?

«Con credibilità e autorevolezza. San Giovanni Paolo II era credibile perché era realmente distante dai blocchi, sebbene fosse un anticomunista convinto. Lo era certamente Giovanni XXIII, altrimenti non sarebbe riuscito a mediare la crisi della Baia dei Porci. Francesco si è esposto troppo verso Oriente. Non è credibile parlare di genocidio e, allo stesso tempo, non riuscire a pronunciare il nome di Putin e parlare di invasione dell’Ucraina. In Cina, poi, ha messo la Chiesa clandestina nelle mani del governo».

 Un giudizio duro.

«La verità è che, attualmente, tutte le chiese sono divise al loro interno, lo sono anche le grandi religioni. Se le religioni non daranno spazio alla parte spirituale della loro missione come faranno, dopo, a cambiare le società? Nemmeno la nascita di due Stati potrà mettere fine all’odio tra israeliani e palestinesi se non si metterà da parte l’estremismo religioso. La Chiesa cattolica dovrà favorire la ripresa del dialogo tra le religioni. Credo che sia una cosa determinante. Cosa che la Chiesa, a mio avviso, ultimamente non ha fatto».

Svidercoschi, tornando al Conclave, crede che il prossimo pontefice dovrà avere dunque un forte carisma spirituale?

«Il prossimo Papa dovrà aiutare il cristiano di oggi a essere cristiano. Dopo un Papa che ha pensato tanto agli ultimi, ai poveri, ai transgender e a tante realtà che sono fuori dalla Chiesa, forse è ora di aiutare i credenti a essere dei cristiani veri».

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di Fernando Massimo Adonia - 27 Aprile 2025