
Il libro
“Tecnodestra. I nuovi paradigmi del potere” di Andrea Venanzoni: l’anatomia di un’idea oltre lo stigma
Al centro dell’indagine dell'autore c’è l’incontro tra politica, digitale e big tech. Un’intesa resa plasticamente visibile con la rielezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti
Se un fenomeno è considerato di sinistra la sua narrazione sarà sempre gioiosa, poetica e luminosa. Se quello stesso fenomeno, invece, assume connotati diametralmente opposti, planando a destra, il racconto si farà certamente opaco, tenebroso, inquietante. È la storia di sempre. E ci siamo abituati. Prendiamo il caso di Elon Musk: da eroe ecologista a principe nero globale. Ne sanno qualcosa i coniugi Nicola Fratoianni ed Elisabetta Piccolotti, costretti a fare i conti con lo piscodramma di avere parcheggiata in garage una Tesla non più in sintonia con i dogmi dell’ortodossia new left. E venderla. Mamma mia. La dicitura “tecnodestra” – assieme a “tecnofascismo” e “tecnoreazionarismo” – è stata partorita con tono polemico per stigmatizzare un fenomeno che politologicamente, però, non è stato ancora studiato come si dovrebbe. Andrea Venanzoni, intanto, è andato avanti e ha provato a ripulire il dibattito da quei rumori di fondo che rendono impossibile la comprensione di una realtà inaggirabile. E lo ha fatto con il poderoso – le pagine sono infatti 350 – “Tecnodestra. I nuovi paradigmi del potere” per i tipi di Signs Books.
“Tecnodestra”: l’incontro tra politica, digitale big tech
Al centro dell’indagine c’è l’incontro tra politica, digitale e big tech. Un’intesa resa plasticamente visibile con la rielezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Ma quella stessa intesa era protagonista del dibattito pubblico già da prima, quando i proprietari delle piattaforme digitali avevano sposato e lucrato sulle parole d’ordine woke, fino al punto di decidere di cancellare l’account dello stesso Trump. Allora, però, nel campo progressista globale sono stati in pochi a sollevare dubbi su una censura arbitraria e pericolosa. Il clima, oggi, è decisamente mutato. E non per un risveglio della coscienza critica, ma a seguito di alcuni passaggi che vedono il già citato Elon Musk protagonista assoluto: l’acquisto dell’ormai ex piattaforma Twitter, un tempo social preferito da politici e intellettuali liberal; e l’avvio di una militanza politica a favore “dell’internazionale nera”. L’ipocrisia, anche stavolta, è un tanto al chilo. Perché è davvero difficile – nonostante tutto – imbrigliare il proprietario di X nella categoria “di destra”.
Il suo anarco-capitalismo non può certamente andare a braccetto, ad esempio, con la tradizione sociale del conservatorismo italiano. Una evidenza che da sinistra, per presunzione, si fa fatica a notare. Altra cosa è la comune critica all’euro-burocrazia ealle sue ansie da regolamento. Ma lì le ragioni vanno indagate da vicino. Questo perché al cuore della cosiddetta tecnodestra americana risiede la difesa a oltranza della libertà economica. Venanzoni lo spiega con una chiarezza chirurgica, dedicando un capitolo in particolare alle origini culturali e le caratteristiche della tecnodestra. La libertà economica è sopra le altre libertà perché “da essa deriva l’autodeterminazione dell’individuo, il suo divenire, e quindi il progresso umano e della società”. Ecco. Posta così, la categoria della tecnodestra si presenta effettivamente con delle profonde venature ideologiche, anche se Venanzoni preferisce parlare più esattamente una “prassi ricombinante”.
Come definire complessivamente il fenomeno
Detto ciò è possibile definire complessivamente il fenomeno? La tecnodestra “è pragmatica tensione alla innovazione, opposizione all’accentramento burocratico e radicale, intransigente rifiuto della retorica della giustizia sociale e dei ‘diritti’ e dell’auto-distruzione d’occidente, progresso nel senso profondo del termine, non fanatico ma che del pari rigetta dogmi green e decrescisti, e che nella forza creatrice e disruptive dell’alta tecnologia scorge il profilo della disossificazione di modelli istituzionali paralizzati, in capaci di muoversi, di evolversi, di decidere”. Prendere o lasciare.
Venanzoni, insomma, nel ripulire la narrativa offerta da certa sinistra, cerca di informarci su una realtà che, da almeno dieci anni, è titolare di ampie fette di potere. E allo stesso tempo manda un messaggio disperato a chi vive da questo lato dell’Atlantico: “Mentre USA e Cina corrono – scrive – verso lo spazio e verso forme sempre più evolute e performanti di connettività e di intelligenza artificiale, l’Europa istituzionale contempla il proprio ombelico pietrificato condannando gli europei a divenire vassalli di un mondo nuovo”. Un mondo nuovo, sì.