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A sinistra, Almerigo Grilz; a destra, Biloslavo appone la targa sull’albero in Mozambico

L'Albero di Almerigo

Una targa per Almerigo Grilz sull’albero sotto cui è sepolto in Mozambico: il racconto di Fausto Biloslavo

La missione è stata organizzata dall'Associazione "Amici di Almerigo". La targa è stata apposta da Biloslavo nell'ambito di una cerimonia secondo le tradizioni locali. Grilz è stato il primo giornalista italiano ucciso in uno scenario di guerra dopo il secondo conflitto mondiale

Cronaca - di Federica Parbuoni - 7 Aprile 2025 alle 10:50

Sul grande albero secolare sotto cui, nella regione di Caia, in Mozambico, riposano le spoglie di Almerigo Grilz c’è ora una targa che lo ricorda. La targa è stata apposta con una cerimonia tradizionale officiata dai capi villaggio dell’area, alla presenza del giornalista Fausto Biloslavo, che di Grilz era amico oltre che collega. La cerimonia, l’impegno per arrivarci, il difficile viaggio per raggiungere l’«Albero di Almerigo» sono stati raccontati dallo stesso Biloslavo in un reportage sul Giornale. Grilz è stato  il primo giornalista italiano ucciso in uno scenario di guerra dopo la fine del Secondo conflitto mondiale. È accaduto il 19 maggio 1987, a Caia, mentre documentava la guerra civile tra Frelimo e Renamo che insanguinato il Mozambico.

Il racconto di Biloslavo: «L’emozione è forte quando mi consegnano la targa che ricorda Almerigo Grilz»

«L’emozione è forte quando mi consegnano la targa che ricorda Almerigo Grilz», racconta Biloslavo, spiegando che «sulla targa che inchiodo al tronco è incisa una frase dal diario di Grilz in Mozambico: “Mi sporgo fuori per filmarli: non è facile, occorre stare appiattiti a terra perché le pallottole fischiano dappertutto. Alzare troppo la testa può essere fatale”».

La missione organizzata dall’Associazione “Amici di Almerigo”

A 38 anni dalla morte di Grilz, la missione per apporre la targa arriva grazie all’impegno dell’Associazione “Amici di Almerigo” che l’ha organizzata (e che promuove anche un premio giornalistico in memoria di Grilz) con l’aiuto delle regioni Lombardia, Friuli-Venezia Giulia e di Fondazione Cariplo. Si tratta, scrive ancora il giornalista, di «un viaggio nella vera Africa verso il luogo di sepoltura di Grilz individuato oltre vent’anni fa da Gian Micalessin. Il tragitto che si inoltra nella foresta dal mercato di Ndoro non è una strada, ma una pista quasi invisibile nella savana bloccata dalle piogge».

Un viaggio complesso

«Faz Bem, che vuol dire “fare bene”, è la nostra giovane staffetta in moto che conosce il percorso. E segnala gli ostacoli: la pozza d’acqua paludosa, peggio delle sabbie mobili per il nostro fuoristrada, buche grandi come crateri e il fango nascosto dalla vegetazione dove le ruote sprofondano girando a vuoto», scrive ancora Biloslavo, raccontando di come a un certo punto sia stato necessario farsi strada col machete e delle tre ore che sono state necessarie per percorrere 28 chilometri per arrivare a Sicoche, «dove sventola la bandiera del Frelimo, partito di governo al potere da 50 anni».

Il ricordo di Grilz è ancora forte nella memoria degli abitanti dei villaggi: «Il “regulo”, ovvero il capo del villaggio, Felistino Alberto, si illumina quando parliamo di Almerigo: “Vi accompagno io dove è sepolto il bianco morto durante la guerra civile”». È un’altra traversata difficile, ma alla fine Biloslavo e le sue guide locali raggiungono il luogo indicato dalle «coordinate segnate nel 2002 da Micalessin, l’ex collaboratore del Giornale dal Sud Africa, e da Giancarlo Coccia e Franco Nerozzi».

Il ricordo del giornalista ancora vivo nella memoria degli abitanti del posto

«La piccola radura si apre all’improvviso in mezzo alla boscaglia. Un secolare albero di mutondo svetta verso il cielo. Ai suoi piedi i guerriglieri della Renamo hanno sepolto Almerigo Grilz trasportando il corpo per 56 chilometri, dopo la ritirata da Caia. Adesso bisogna organizzare la cerimonia per la posa della targa con il “regulo” che controlla l’area, dove nel villaggio più grande, Mangane, sventola ancora la bandiera della Renamo. Fernando Antonio Raposo Mangane, 80 anni, ci aspetta vicino alla strada nazionale. Si ricorda della missione precedente e rivela, che da giovane regulo, appena succeduto al padre, nel 1987, “era mio dovere assistere alla sepoltura del giornalista, sotto il grande albero, a qualche centinaia di metri dalla base della Renamo”». «Il capo villaggio – riferisce ancora Biloslavo – racconta che Almerigo “era avvolto in una coperta e due soldati hanno scavato dove la terra risultava più morbida. Poi è stato sepolto”».

La cerimonia secondo le tradizioni locali

La cerimonia si svolge all’indomani in base alle tradizioni locali, con tutti i crismi della solennità: i capi villaggio in uniforme, ciascuno con i propri vessilli un tempo inconciliabili; la radura ripulita dai giovani di Sicoche; le piccole buche scavate per il rituale con gin e farina versati nella terra per attirare la benevolenza degli spiriti. «Assieme alla ventina di africani presenti – spiega Biloslavo – ci inginocchiamo con il regulo che da il ritmo per battere le mani. Le donne intonano un canto e l’atmosfera diventa magica. Come amico di Almerigo devo innaffiare la terra dove è sepolto con vino, gin e aranciata, bevendo prima un sorso. Finito il rito, i capi villaggi mi consegnano la targa per la posa sull’albero. “La guerra civile ci ha diviso, ma siamo tornati uniti e vogliamo continuare a vivere in pace”, ribadiscono i due reguli, che – è la conclusione del racconto – hanno voluto ricordare assieme il giornalista italiano caduto mentre raccontava il conflitto».

(La foto di Biloslavo in Mozambico è tratta dal profilo Facebook del “Premio giornalistico Amerigo Grilz”)

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di Federica Parbuoni - 7 Aprile 2025