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Urso dazi

Intervista alla "Stampa"

Urso avverte sui dazi: “Chi vuole la guerra agli Usa non vuole il bene dell’Italia. È un rigurgito di comunismo”

Il ministro: "La strada maestra è il dialogo. Meloni saprà guidare il confronto a Washington con il presidente Trump"

Politica - di Demetra Orsi - 9 Aprile 2025 alle 11:24

Non è un appello, è un monito. E non è diretto soltanto a Bruxelles, ma a quella parte di opinione pubblica – e di politica – che ancora oggi, sotto le mentite spoglie di un protezionismo d’accatto, cova un’irrazionale avversione verso l’America. Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, non ci gira troppo intorno: «Chi chiama alla guerra contro gli Stati Uniti non vuole il bene del Paese. È un rigurgito del comunismo, come vediamo in chi ha creato un’App — il riferimento è tutto per Bonelli e compagni — per boicottare le merci Made in Usa».

Sui dazi, il ministro Urso è chiaro: “Dialogare con gli Usa”

Altro che sovranismo antistatunitense: il governo, rivendica Urso, difenderà l’interesse nazionale senza cedere alle visioni manichee tanto amate a sinistra. Come? «Indicando all’Europa la strada maestra del dialogo con gli Stati Uniti per scongiurare l’escalation e quindi la guerra commerciale e, nel contempo, difendere il mercato interno dall’ondata di sovrapproduzione cinese, adottando misure di salvaguardia per evitare che si riversi interamente sul nostro continente», spiega Urso in un’intervista al quotidiano La Stampa.

La contromossa italiana: meno burocrazia, più investimenti

Il ministro non si limita alle diagnosi. Invoca misure straordinarie da parte di Bruxelles: «Uno choc di semplificazione e sburocratizzazione, una “moratoria regolatoria” e la sospensione delle regole folli del Green Deal». In sintesi, meno ideologia, più industria.

E proprio sull’industria il governo ha già messo nero su bianco un piano: spostare parte dei fondi non spesi del Pnrr sulla transizione digitale e sulle filiere strategiche del Made in Italy. «Abbiamo proposto alla Commissione di utilizzare parte di quelle risorse a supporto di investimenti nella la microelettronica, mentre useremo risorse nazionali per moda, automotive, agroalimentare e meccanica, settori oggi colpiti dai dazi».

In tutto, si potrebbe giungere «anche a 25 miliardi» tra Pnrr, fondi di Coesione e Piano sociale per il clima. Ma attenzione: «Occorre condividere le misure con la Commissione Ue e con le Regioni». Intanto, è stato avanzato alle Regioni l’invito a «cofinanziare i progetti industriali con i contratti di sviluppo, come già stiamo facendo con la Campania e con la Sicilia».

Urso: “Il piano non è tampone, è strategico”

Urso respinge poi al mittente l’accusa di minimizzare la portata dei dazi americani: «Affatto. Il piano presentato a Palazzo Chigi è strategico perché punta a incentivare gli investimenti produttivi, rilanciando la crescita con misure strutturali». Nessun assist passivo agli Usa, dunque, ma nemmeno la corsa a piantare bandiere ideologiche.

I numeri, sottolinea, sono dalla parte del governo: «In questi anni il Made in Italy ha scalato le classifiche mondiali dell’export, gli investimenti stranieri hanno superato i 35 miliardi, più di Germania e Francia. Le retribuzioni hanno recuperato potere d’acquisto e abbiamo un record storico dell’occupazione, con oltre un milione e duecentomila nuovi posti di lavoro».

Noi abbiamo scelto l’Italia. Sappiamo come si tutela la nazione”

All’eterna accusa di ambiguità tra Europa e America, Urso replica con la postura del realista: «Noi abbiamo scelto l’Italia, che ha creato l’Europa e quindi l’Occidente. Il nostro faro è l’interesse nazionale, che si persegue in Europa e con l’Occidente».

E su Elon Musk, che pure non ha risparmiato critiche a Trump, Urso non vede una contraddizione ma un’affinità: «Ha detto due cose in sintonia con le nostre proposte: “zero dazi” e “semplificate le procedure europee per fare impresa”. È quello che chiediamo anche noi».

Meloni alla Casa Bianca, con una missione: ricucire l’Occidente

Tutti gli occhi ora sono su Giorgia Meloni, attesa alla Casa Bianca. «Mi aspetto che contribuisca a riportare il confronto sulla strada maestra», dice il ministro. E avverte: «Non bisogna mai perdere la bussola della riunificazione dell’Occidente. Altri si sono già smarriti; noi no, perché abbiamo una visione fondata sui valori che contano».

“Nessuno può sostituire l’America, così come l’Italia”

Alla tentazione di considerare il protezionismo un’opportunità per diversificare i mercati, Urso oppone il principio della complementarità: «Il mercato americano non è sostituibile, così come i prodotti italiani sono insostituibili per gli americani. Nessuno vuole rinunciare al proprio amore per ciò che è italiano».

Nel frattempo, il governo preme perché Bruxelles concluda nuovi accordi commerciali: «Con Messico, India, il Consiglio di cooperazione del Golfo, Indonesia, Malesia, Filippine, Australia, e il Mercosur». Un’occasione, a detta del ministro, che potrebbe «aprirci all’altra America».

Contro la Cina: “Come 20 anni fa, servono dazi intelligenti”

Infine, la minaccia cinese: «Abbiamo chiesto che siano subito adottate le misure di salvaguardia previste dalle norme internazionali». Urso ricorda la battaglia di vent’anni fa, quando l’Italia riuscì a imporre misure di protezione daziaria nel tessile e nelle calzature: «Quella misura riuscì a proteggere la produzione nazionale per sei anni, accompagnandola verso la riconversione all’alta gamma. È per questo che oggi siamo la “fabbrica del lusso” del mondo».

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di Demetra Orsi - 9 Aprile 2025