
Rigenerarsi fra le rovine
Visitare un museo è come innamorarsi: fa bene alla salute. Parola di scienziati
In un’epoca dominata dal rumore, interiore ed esteriore, immergersi nella quiete di un museo o di un sito storico diventa un atto rivoluzionario, in grado di restituire armonia all’uomo
Rendere i musei più a misura d’uomo vuol dire anche ricordare a noi stessi che questi rappresentano una vera e propria medicina e non un mero aggregato di pezzi da collezione, assemblati secondo criteri più meno selettivi. Fare del museo un luogo vivo vuol dire attualizzare racconti antichi, diradare la nebbia dell’oblio quotidiano, riuscire a far parlare la mente e liberare le emozioni. All’ingresso di ogni museo, grande o piccolo, pubblico o privato che sia, di ogni parco archeologico, di ogni istituto culturale, di ogni monumento, dovrebbe esserci un cartello che invita a rallentare, a contemplare, a riscoprire quel senso di meraviglia che spesso, nella routine e nella frenesia quotidiana, ci sfugge.
L’arte fa bene allo spirito (e al corpo)
La scienza avvalora ciò che l’intuito già suggerisce: l’arte e la cultura fanno bene alla salute. Il turismo di massa, con visite consumate in fretta e furia come un hotdog, questo non lo contempla, ma quando, al contrario, si vive l’esperienza di un luogo memorabile, si permette che, in qualche parte di noi, si cristallizzino impressioni che ci nutrono. Queste ci arrivano da ciò che la vista coglie, insieme all’udito e (perché no?), al tatto e al gusto, ed ecco che si comincia a sentire in se stessi che la cultura oltre a essere “nutrimento per l’anima”, come spesso in tanti amano dire, è anche balsamo per il cervello e per il nostro corpo.
Non è un caso che in città come Neuchâtel, in Svizzera, i medici abbiano iniziato a prescrivere visite ai musei come forma di terapia per migliorare il benessere generale dei pazienti e la stessa salute fisica e mentale. Uno studio condotto alcuni anni fa presso la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma ha rilevato che le visite ai musei possono avere effetti benefici sulla salute e che l’arte figurativa può riuscire ad abbassare la pressione sanguigna sistolica, indicando una riduzione dello stress fisiologico. Un’altra ricerca apparsa su “Museums & Social Issues” ha evidenziato come una breve visita a un museo possa diminuire significativamente i livelli di stress auto-riferiti e di eccitazione, sottolineando il potere calmante dell’arte. E qualche anno fa, un progetto realizzato dalla Casa Museo di Palazzo Maffei insieme al Centro OMS per la ricerca in Salute Mentale dell’Università di Verona, ha rilevato che, dopo tre visite museali guidate da uno storico dell’arte, nei partecipanti si è riscontrata una significativa riduzione dei sintomi ansiosi e depressivi, oltre a un incremento del benessere psicologico.
La rigenerazione di sé stessi fra le rovine
Stessa cosa di può dire, ovviamente, dei parchi archeologici: passeggiare tra le rovine di antiche civiltà, toccare con mano la storia, è un’esperienza che ricollega profondamente con le radici dei nostri progenitori, di chi è venuto prima di noi, offrendo una prospettiva rinnovata sulla propria esistenza. Questi luoghi, immersi nella natura e nella storia, invitano al rilassamento, alla scoperta, affascinano per la loro bellezza (quando sono ben tenuti), contribuendo al benessere psicofisico della persona.
A pochi anni da quando, per un periodo medio-lungo, ci hanno inibito l’ingresso ai musei, ritenendoli fonti di contagio della pandemia da Coronavirus (non vi siete dimenticati di questa assurdità, spero), è tempo di affermare come l’arte e la cultura posseggano, al contrario, un indubbio potere terapeutico, poiché l’unione tra storia e bellezza è una miscela che apre alla ricerca e all’ottenimento del benessere. In un museo non ci si ammala, ma si guarisce! Lasciamoci, dunque, guidare dalla mano e dall’ingegno di coloro che ci hanno consegnato la propria opera d’arte e perdiamoci nei musei, nei siti archeologici, davanti a un monumento: non solo per arricchire il nostro sapere, ma per ricevere energia, per tornare alla vita.
Un po’ come innamorarsi
Come riportato un paio di anni fa anche dal giornale tematico Artribune, una ricerca dell’Università di Londra condotta dal neuroscienziato Samir Zeki, ha dimostrato che l’esposizione alle opere d’arte stimola il rilascio di dopamina, il neurotrasmettitore associato al piacere e alla ricompensa, e dell’attività nella corteccia frontale del cervello, evocando sensazioni simili a quelle dell’innamoramento. Gli scienziati, dunque, attestano il grande vantaggio che ha per la salute la visita in un museo: per i ricercatori statunitensi Samuel e Robert Kaplan questo comporta alle sinapsi di funzionare in modo migliore, alleviando stress e preoccupazioni e rigenerando la nostra mente, in quello che hanno ribattezzato come “ristorative effect”.
Una ricerca italiana, ma anche una del Regno Unito, effettuata su un campione di persone, conferma che dopo la visita al museo, nei partecipanti si è registrata la diminuzione del 60 per cento dei livelli di cortisolo, considerato un ormone che favorisce lo stress. Dati che confermano ciò che i filosofi e gli artisti hanno sempre saputo: l’arte e la cultura sono essenziali per l’equilibrio dell’essere umano. E dunque, costituiscono una sorta di terapia naturale.
I luoghi della cultura sono da considerare, perciò, spazi di meditazione, dove il silenzio e la bellezza si fondono, offrendo un’occasione unica per ritrovare noi stessi. In un’epoca dominata dal rumore, interiore ed esteriore, immergersi nella quiete di un museo o di un sito storico diventa un atto rivoluzionario, in grado di restituire armonia all’uomo, senza uso di medicinali o di artifici. È un vaccino naturale che può curare dalla peste della cecità contemporanea, dal sonno della coscienza e da una serie di effetti psichici e fisici. Alziamo lo sguardo dal display del telefono cellulare e specchiamoci nella vita che si rigenera nell’arte.