
Bruxelles
Weber promuove Meloni ambasciatrice europea: “Positivo che veda Trump, riassumerà la posizione comune”
Il leader del Ppe: "L’America e l’Europa devono restare unite e trovare un’intesa comune. Insieme rappresentiamo il 50% del Pil mondiale. Possiamo definire le regole per il domani"
«Tutti i canali che abbiamo tra l’Unione europea e l’amministrazione statunitense sono utili in questo momento. Ritengo positivo che Meloni si rechi a Washington e abbia colloqui con Trump». Il giudizio arriva dal tedesco Manfred Weber, presidente del Partito popolare europeo e capogruppo del Ppe al Parlamento Ue, colui che più di tutti incarna la linea moderata, atlantica e centrista del continente. Eppure, nella lunga intervista concessa al Corriere della Sera, è proprio il presidente del Consiglio a ricevere nuovamente la benedizione politica di Bruxelles.
Weber sostiene Meloni: “A Washington rappresenterà una posizione europea”
Non c’è solo l’apertura a Trump, ma soprattutto una narrazione che smentisce la caricatura confezionata da una certa sinistra. Altro che isolazionismo: secondo Weber, Meloni e Tajani stanno avanzando in piena Bruxelles. «Il governo italiano si sta muovendo con spirito europeo e coordinandosi a livello europeo. Meloni ha colloqui con la presidente von der Leyen. In questo modo si crea una posizione europea comune».
Lungi dal voler recitare la parte dell’oppositore pregiudiziale, Weber riconosce i meriti dell’Italia nel giocare la partita commerciale con intelligenza strategica. «I problemi italiani o francesi o tedeschi con i dazi sono una sfida comune che possiamo risolvere solo se restiamo uniti», sottolinea. E il viaggio della premier a Washington, lungi dal minare l’unità europea, viene letto come un segnale di pragmatismo.
I dazi americani? “Danni per tutti, ma l’Europa non si farà mettere sotto pressione”
L’occasione è la sospensione dei dazi reciproci per 90 giorni, annunciata dal presidente Usa e accolta in modo speculare dall’Ue. «I dazi imposti dagli Stati Uniti sono dannosi per tutti. Quindi il nostro messaggio agli Stati Uniti è: per favore, fermatevi». La linea è chiara: nessuna sudditanza, ma nemmeno lo spettro della guerra di mercato. «La reazione europea è equilibrata, in modo da non innescare un’escalation come sta avvenendo con la Cina. Noi siamo responsabili. Ma è anche chiaro che l’Europa non può essere messa sotto pressione dall’amministrazione statunitense. Chiediamo il rispetto di dialogare nel merito».
“Non ci interessano i populisti”
Il leader del Ppe non manca poi di rimarcare le distanze tra il suo gruppo politico e quello di Viktor Orbán colpendo chi sogna una sponda privilegiata con i big americani dell’alt-right. Tuttavia, «l’Europa è forte se votiamo a maggioranza, se restiamo uniti e nessuno ha il potere di bloccare l’intera Unione europea. —e specifica —Per fortuna sul commercio non si decide all’unanimità come in politica estera e dunque possiamo superare anche il veto di Orbán (imposto sui controdazi europei ndr.)»
Weber: “Accordo con Trump? Solo se tutti vincono. E non dimentichiamo la Cina”
Poi la fotografia macroeconomica: «L’Ue rappresenta il 22% del Pil mondiale, gli Usa il 25%. Quindi siamo potenti. Siamo un continente enorme». È questa la base da cui partire per un nuovo patto commerciale transatlantico. Una tregua, certo, ma anche una consapevolezza nuova: «Trump ci dà tre mesi per sederci insieme e discutere. È vero che l’Europa eccelle nella produzione di buoni prodotti e abbiamo un surplus commerciale con gli Stati Uniti sui beni. D’altra parte, gli americani sono forti nei servizi, in particolare i giganti digitali come Apple, Google e Facebook guadagnano molto qui, ma contribuiscono poco al finanziamento dell’Europa. Quindi, se Trump si concentra maggiormente sui beni europei, dovremmo concentrarci maggiormente sui servizi americani».
L’avversario reale, anche per Weber, è altrove. È la Cina, con le sue pratiche «sleali», il vero convitato di pietra del negoziato: «In alcuni settori come i veicoli elettrici Pechino vuole conquistare il mercato globale. L’America e l’Europa devono restare unite e trovare un’intesa comune. Insieme rappresentiamo il 50% del Pil mondiale. Possiamo definire le regole per il domani».
L’appello finale è diretto al dealmaker: «Gli Usa sanno che tutte le opzioni da parte europea sono sul tavolo. È il tempo di negoziare: dobbiamo proporre a Trump un accordo che abbia solo vincitori e nessun perdente».