Il “Financial Times” impallina Monti. Che resta solo con i menestrelli
Gli restano i menestrelli che, con una certa stanchezza, girano di castello in castello narrando le sue gesta. In poche settimane Monti ha perso quasi tutto, persino gli sponsor della prima ora, quelli che – all’inizio del suo mandato – elogiavano qualsiasi cosa facesse, dal modo di vestire alla cena col cotechino e lui si prestava al gioco inventandosi uomo della provvidenza. Dopo un anno di stangate e inserzioni pubblicitarie in formato Palazzo Chigi (“Salva-Italia”, “Cresci-Italia” e magari anche il Cynar come digestivo), i dati stanno condannando – con sentenza definitiva – l’operato del governo tecnico e la campagna elettorale del Professore è diventata una corsa a ostacoli. A dargli l’ultimo schiaffo è il Financial Times, che un tempo lo elogiava: le ambizioni del premier bocconiano sono ridimensionate perché «la più lunga recessione dell’Italia del dopoguerra si fa sentire e Mr. Monti si sta in larga parte prendendo la colpa». Secondo il quotidiano britannico, infatti, i dati economici vanno contro la tesi del Professore secondo cui l’Italia starebbe superando la crisi: «La disoccupazione giovanile ha raggiunto il 37,1%, sette punti in più da quando Monti è diventato premier un anno fa e nonostante le riforme nel mercato del lavoro. La spesa per consumi ha registrato il calo più forte dal dopoguerra, mentre la produzione industriale è al di sotto del 25% rispetto ai massimi prima del 2008». Secondo FT, questi fattori potrebbero pesare sui risultati elettorali della lista Monti e ridurre il potere di trattativa del tecnopremier nel caso di un accordo di governo con il Pd. In verità, alcuni “segnali” erano stati mandati, già da qualche mese, dal Financial Times. Già il 9 dicembre scorso il quotidiano inglese, di fronte alle dimissioni del governo, titolava: «Finalmente la politica italiana ha sgonfiato la bolla Monti». Una frase per certi versi liberatoria del cui valore solo la sinistra e i centristi di casa nostra non si sono resi conto. Crollava anche l’ultima ridotta, dopo che a giugno, sempre sulle pagine di FT, erano emerse le prime perplessità: «I mercati si renderanno presto conto – faceva notare uno dei commentatori del giornale – che l’Italia non ha fatto molto». E bocciava il premier tecnico, a capo di «un governo litigioso» e tutto «focalizzato sulla scena internazionale». Troppi legami con la Merkel, pochi con la realtà. La commedia è finita.