L’ultima aberrazione del “politically correct”: il Comune di Venezia vuole abolire le parole “mamma” e “papà”

30 Ago 2013 17:20 - di Aldo Di Lello

Tutto ci potevamo immaginare meno che le parole mamma e papà potessero diventare impronunciabili, quasi fossero bestemmie. E invece è proprio quello che potrebbe accadere al Comune di Venezia se passasse la proposta della consigliera  con delega sui diritti civili Camilla Selbezzi, eletta nella lista civica (di sinistra) “In Comune” , che sostiene le posizioni di Gianfranco Bettin, già deputato dei Verdi. La vulcanica Camilla, vera e propria pasionaria del politically correct, ha proposto di sostituire, nel moduli comunali, le prime parole che ogni essere umano pronuncia nella sua vita, con “primo e secondo genitore”. Il motivo è evidente: non discriminare le coppie gay che dovessero allevare un bambino.

Non sappiamo se ridere o se piangere. Vogliamo sperare solo che si tratti di una provocazione scaturita da qualche colpo di sole di fine agosto. Perché, se così non fosse, ci sarebbe seriamente da essere preoccupati per il fatto che ci sono  pubblici rappresentanti che vorrebbero abolire  leggi naturali a colpi di carta bollata.

Proviamo solo a immaginare come sarebbe il linguaggio corrente nel mondo sognato dalla consigliera Selbezzi. Se non esistessero  più “mamma” e “papà” , ma solo “primo” e “secondo” genitore, dovrebbero  sparire anche i  nonni  (perché questi sono, inevitabilmente, o  paterni o materni), così pure le altre figure legate da vincoli di consanguineità. Che fare in tal caso? Sicuramente una successiva delibera comunale istituirebbe i parenti di “fascia A” , quelli di “fascia B” e seguenti. E che avverrebbe poi nel caso delle Festività natalizie? Premesso che il politically  correct sta facendo progressivamente sparire il presepe dalle scuole pubbliche, si porrebbe il problema di Babbo Natale. La parola “babbo” non dovrebbe infatti comparire in alcun documento comunale, o atto della Giunta oppure del Consiglio. E allora la creatività della burocrazia imporrebbe sicuramente definizioni del tipo: “erogatore di servizi natalizi a domicilio abilitato alla guida di mezzi di locomozione a trazione animale” . Gli animalisti potrebbero però piantare una grana per via dello sfruttamento capitalistico del lavoro delle renne.  E allora anche il nome  di Babbo Natale finirebbe probabilmente sbianchettato dal documenti comunali, in attesa che il titolare del servizio sia dotato di una adeguato mezzo di trasporto in regola con i parametri di Bruxelles. E gli esempi potrebbero continuare  a lungo. Però  ci fermiamo qui per non suscitare ulteriormente le ire dei nostri lettori, molti dei quali  staranno sicuramente formulando il seguente auspicio: «Ma perché questi ideologi del politicamente corretto non se ne vanno a fare in… Pacs ?»

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