«Non è accertata l’innocenza dei due marò». La Bonino sceglie la diplomazia alla Pilato
«Non è accertata la colpevolezza, e non è accertata l’innocenza. I processi servono a questo». Ha sollevato un vespaio di polemiche la frase del ministro degli Esteri, Emma Bonino ospitata su Facebook per i marò italiani Latorre e Girone. Un pagina aperta dallo staff della Farnesina «per ospitare pareri e commenti sulla vicenda che ha coinvolto i due marò italiani trattenuti in India da circa 600 giorni con l’accusa di aver ucciso due pescatori del posto, scambiandoli per pirati, nel corso di una missione al largo delle coste del Kerala, lo scorso 15 febbraio.
Lo spazio dedicato alla situazione dei fucilieri pugliesi del Battaglione San Marco, «si apre con le dichiarazioni del viceministro Lapo Pistelli, del 25 settembre, al settimanale Il Mondo. dopo una gestione diplomatica «un po’ zigzagante» da parte del precedente governo «abbiamo rimesso la questione su un binario di certezza: scelta di una giurisdizione speciale, condivisa; regole da utilizzare in processo, condivise; nomina di un magistrato che ha tolto al Kerala la questione; avvio di un procedimento convenuto con le autorità indiane, che deve essere equo, in quanto sappiamo qual è la legislazione applicabile, e veloce, il che non vuol dire stabilirli adesso i tempi. All’indomani del giudizio, vi sarà un trattato tra le parti che permette comunque agli eventuali condannati di scontare la loro pena in Italia, nel paese di appartenenza. Siamo costanti e attenti con le autorità indiane e io dico che i due ragazzi torneranno a casa». A quanti nel dibattito parlano di «militari dal grilletto facile», o a chi ritiene non c’entrino «niente con la morte delle persone innocenti e con le vedove» dei pescatori, lo staff del ministro Bonino risponde invitando tutti a «moderare il linguaggio e la presunzione di saperne di più di tutti i ministeri messi insieme, sempre che vi sia possibile: il dubbio è ammesso – sottolinea – ma per la verità giudiziaria è più ragionevole attendere il processo». Ma quella frase pilatesca sui due militari italiani sembra rimandare tutto in alto mare, lasciandoli appesi alle decisioni dei giudici indiani.