La Pinotti scopre i tagli alla difesa e agli F-35. Quattro mesi fa diceva: «Risparmiare sui militari è demagogia»
«È lecito pensare» la riduzione degli F-35. A lanciare l’annuncio di un drastico taglio delle spese militari il ministro della Difesa Roberta Pinotti. In fatto di tagli, il capitolo più spinoso è appunto quello che riguarda i «cacciabombardieri nemico per eccellenza nell’immaginario comune». Nei giorni scorsi il ministro aveva già detto che c’è la disponibilità a «rivedere anche grandi progetti». Il piano F-35 è un grande progetto da 14,3 miliardi di euro in 15 anni per l’acquisto di 90 caccia: 60 a decollo convenzionale (costo medio 74 milioni di euro l’uno) e 30 a decollo verticale (88 milioni di euro l’uno), parte dei quali (una ventina) da impiegare sulla portaerei Cavour. La svolta “arcobaleno” della Pinotti suona in clamorosa contraddizione con quanto dichiarato quando era sottosegretario alla Difesa del governo Letta. «Tagliare risorse per la Difesa è pura demagogia», diceva appena quattro mesi (per la precisione il 9 novembre in un convegno a Torino). «Questo è un tema importante – sottolineava la Pinotti prima della svolta pacifista – far capire all’opinione pubblica che le spese per la difesa servono. Viviamo in un mondo in cui i rischi ci sono, il terrorismo esiste, ed esiste dunque la necessita’ di proteggersi. Ritengo fondamentale, poi, sottolineare che un pezzo dell’industria italiana – aveva aggiunto riferendosi a Finmeccanica e Fincantieri – è l’industria della Difesa. Questo bisogna riconoscerlo e cominciare a ragionare complessivamente tenendo conto anche di questo aspetto». Un voltafaccia clamoroso quello della senatrice Pd, che qualche mese prima alla trasmissione radiofonica Un giorno da pecora, definiva i caccia F-35 essenziali per le nostre portaerei. «Serve l’Aeronautica per proteggere i tuoi militari in missione? Allora ho bisogno di un tot numero di aerei. Decidi di non avere più l’Aeronautica? Allora non ti servono aerei..».
L’annuncio del ministro della Pinotti convince il coordinatore di Fratelli d’Italia, Guido Crosetto. «L’Italia deve chiedersi se vuole mantenere ancora un’industria della Difesa nazionale. Perché se la risposta è si – osserva l’ex sottosegretario alla Difesa del governo Berlusconi – diventa obbligatorio alimentare nuovi programmi con risorse statali, come fa ogni Paese al mondo. Se la risposta è no, occorre vedere come si possono riqualificare ed impiegare in altri settori gli oltre 100 mila addetti di quel comparto. La decisione non è e non deve essere ideologica, ma seria».