Pagine di storia/Dopo settecento anni, il rogo dei Cavalieri Templari non è stato dimenticato
«Jacques de Molay adesso come ieri, non tremano sui bracieri i tuoi santi cavalieri»… diceva una canzone dedicata dai 270 Bis al capo dei Cavalieri Templari. E Jacques de Molay è meno dimenticato di quanto si pensi. L’ultimo Gran Maestro dei Cavalieri Templari – e il suo sacrificio – sono spesso ricordati nell’immaginario collettivo e soprattutto nelle leggende popolari. I Templari sono considerati come un ordine monastico che fu depositario di conoscenze superiori e di legami con altri gruppi segreti, più o meno esoterici. Considerando che l’Ordine fu perseguitato e soppresso con ben tre bolle papali sette secoli fa, il fatto che ancora oggi ci sia chi ne rivendichi l’eredità o si proclami custode della sua tradizione, la dice lunga sul fascino e il potere che i Templari esercitarono in tutta Europa. Quello che probabilmente li consacrò per sempre alla storia e alla memoria fu la morte atroce del suo capo, Giacomo de Molay, arso vivo sul rogo, assieme al compagno di prigionia Goeffrey de Charney, sull’isola dei Giudei, sulla Senna, non lontano da Notre Dame. Artefice della distruzione dei Templari fu Filippo il Bello, re di Francia, che aspirava all’enorme patrimonio che l’Ordine aveva accumulato in anni di attività, ma forse più ancora all’organizzazione capillare e rivoluzionaria che i Templari riuscirono a mettere in piedi in Europa: tra l’altro, loro crearono il primo sistema bancario moderno della storia. Filippo il Bello, re capetingio, tentò dapprima di entrare nell’Ordine per mettervi le mani ma poi, non riuscendoci, ne programmò la distruzione ricorrendo all’aiuto della chiesa, guidata in quel momento da papa Clemente V, che favorì il massacro di migliaia di monaci guerrieri e la stessa morte del loro capo. L’Ordine aveva prestato a Filippo somme ingentissime, e non potendo restituirle, il sovrano inventò accuse infamanti verso i cavalieri estorte con la tortura, l’arresto, i processi-farsa. Poi incamerò il denaro, si appropriò di tutti i possedimenti dell’Ordine, tra cui anche diverse fortezze sparso in tutta Europa e in parte dell’Asia. Ai Templari rimase la consolazione che sia Filippo sia papa Clemente morirono prima della fine di queell’anno, il 1314, secondo la maledizione che lo stesso de Molay lanciò mentre ardeva sulla pira quel 18 marzo. Il Gran Maestro maledì anche tutta la schiatta dei capetingi, e molti lessero anche la decapitazione di Luigi XVI a opera dei rivoluzionari francesi, come l’avverarsi di quella antica maledizione. Di più: gli storici dell’epoca raccontarono che il boia Charles-Henri Sanson, mettendo la testa del re sotto la ghigliottina gli abbia detto: «Io sono un Templare, e questa è la vendetta di Jacques de Molay». Verità? Leggenda? Quello che è certo è che ai Templari chiesa e Francia fecero fare una gran brutta fine per pura cupidigia e invidia del ruolo che essi rivestivano nel mondo. Sorprende però che un Ordine così potente, armato, organizzato, si sia lasciato distruggere in modo così definitivo e in così breve tempo. E non si pensi che la chiesa non sapesse quel che faceva: ancora oggi le associazioni che si richiamano all’Ordine Templare non sono riconosciute dalla chiesa, perché la bolla Vox in excelso di Clemente proibiva per sempre la ricostituzione di quell’Odine, pena la scomunica….