Piazza della Loggia, un libro di Adinolfi confuta la tesi della strage fascista. Ma a Brescia non se ne può parlare

1 Apr 2014 14:06 - di Redazione

Una conversazione intercettata sul telefono dell’ambasciatore cubano. La presenza di un brigatista a Brescia proprio il giorno della strage di piazza della Loggia. Un altro br che cerca asilo politico in Germania est ma viene respinto per “opportunità politica” perché accusato di aver preso parte a un attentato dinamitardo in Italia. E, infine, il nome di un gappista che ricorre fra le vittime della strage di piazza della Loggia, trovato con un arto spappolato. Elementi finora totalmente ignorati. E ora riemersi, dopo anni di ricerche e di analisi dell’imponente mole di documenti che formano i faldoni dei processi che si sono susseguiti per la strage di piazza della Loggia, il 28 maggio 1974 a Brescia.
Gabriele Adinolfi oggi scrittore e, negli anni Settanta, membro fondatore dell’organizzazione Terza Posizione, ha ripreso in mano i fili intricati della vicenda andando a rileggersi quelle carte ingiallite dal tempo che custodivano particolari volutamente ignorati. E ne ha scritto un libro. Deciso a presentarlo dopodomani a Brescia sfidando il niet di quanti, sinistra in testa e poi ex-partigiani Anpi e familiari delle vittime, non accettano una rilettura della strage marchiata, come tante altre, con la parola “fascista”.
Quella strage fascista. Così è se vi pare” recita il titolo del libro che ha provocato un terremoto prima ancora, questo è il bello, di essere presentato. Adinolfi aveva prenotato una sala dell’hotel Vittoria di Brescia per presentare il volume. «Abbiamo telefonato e chiesto, appunto, una sala. Ma, quando è stato il momento di pagare, ci è stato detto che non era più possibile».
Ora i proprietari del prestigioso 5 stelle che si affaccia in via X Giornate minacciano denunce per presunti danni di immagine. Il Prc locale ha convocato una riunione d’urgenza. L’Anpi e la rete antifascista annunciano una mobilitazione. Insomma, la solita storia già vista. E Adinolfi? Dopodomani, come detto, spiegherà in una conferenza stampa – ma la location è mantenuta per il momento segreta per evitare altri passi indietro – come si ricostruisce il puzzle utilizzando quelle prove e anche quelle perizie che sono state ignorate. Il risultato del puzzle, una volta ricostruito, porta dritto agli ambienti dell’eversione rossa contigui ai partigiani comunisti.
Di qui la decisione conseguente di Adinolfi: «Sfido i partigiani dell’Anpi a un confronto pubblico, il 28 maggio prossimo a Brescia». Sul tavolo le prove raccolte in questi anni di indagine. E le perizie che portano in una direzione precisa. Non esserci, a quel tavolo di confronto, potrebbe essere un errore clamoroso per chi continua, imperterrito, a puntare il dito sulla strage fascista e a restare arroccato sulle sue posizioni ideologiche.

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