150 anni fa la strage del Sand Creek: così gli Usa “integravano” gli indiani
È passato un secolo e mezzo, e sembra già preistoria. Il 29 novembre 1864, mentre era in corso una guerra fratricida tra Nord e Sud degli Stati Uniti, l’esercito dell’Unione (che avrebbe vinto) compì uno dei massacri più atroci della storia americana, alla pari con quello di My Lai e di Hiroshima e Nagasaki, per la ferocia con cui fu attuato. È passato alla storia come il massacro del Sand Creek. Fu perpetrato contro circa 600 indiani Cheyenne e Araphao che erano accampati sulle rive del fiume omonimo in Colorado. Molte vittime erano anziani, donne e bambini. Erano già alcuni mesi che si registravano scaramucce tra coloni e indiani, anche con vittime. L’opinione pubblica, come è noto, era per lo sterminio dei nativi, e questo punto di vista era condiviso anche tra i quadri dell’esercito. Nell’estate del 1864 il governo ordinò alle tribù Cheyenne non ostili di insediarsi nei dintorni di Fort Lyon, ma non tutte le tribù lo fecero, anche perché il grande capo Cheyenne Roman Nose aveva detto di non farlo e di combattere contro gli invasori. Perciò il colonnello John Chivington organizzò il 3° Reggimento dei Volontari del Colorado, uomini senza scrupoli reclutati col compito di massacrare quanti più indiani possibile, rifacendosi a un noto proclama del governatore di quel Territorio, Evans, che esortava la popolazione a cacciare ed eliminare gli indiani. Il capo Cheyenne Pentola Nera obbedì all’ordine di accamparsi lungo il Sand Creek. Alla sua tribù si unì quella degli Arapaho del capo Mano Sinistra. L’accampamento si trovava in un’ansa a ferro di cavallo del Sand Creek. La tenda di Pentola Nera era vicino al centro del villaggio, e poco distanti vi erano le tribù di Antilope Bianca, Copricapo di Guerra e di Mano Sinistra. In totale vi erano quasi seicento indiani, due terzi dei quali donne e bambini. La maggior parte dei guerrieri il giorno del massacro si trovava a diversi chilometri a cacciare. Non c’erano sentinelle e davanti al tepee di Pentola Nera vi era una bandiera americana e, sembra, anche una bandiera bianca. All’alba le squaw sentirono un rimbombo di zoccoli, fino a che si videro i cavalleggeri avanzare verso il villaggio. Pentola Nera disse alla sua gente di non aver paura perché i soldati non avrebbero loro fatto niente, ma si sbagliava. Ma le truppe improvvisamente aprirono il fuoco da due lati. I soldati scesero da cavallo e iniziarono asparare con carabine e pistole, proprio mentre centinaia di donne e bambini Cheyenne si stavano radunando intorno alla bandiera. Il colonnello Chivington fece circondare l’accampamento, nonostante gli accordi presi e attaccò una popolazione inerme che non reagì. Praticamente uttte le testimonianze concordano sul fatto che molti soldati fossero ubriachi e che massacrarono, torturarono e scalparono tutti gli indiani, bambini compresi. Vi furono episodi di autentico sadismo che non stiamo qui a riportare. Alla fine vi furono oltre cento donne e bambini indiani morti e una trentina di guerrieri. L’esercito aveva perso 9 uomini, e aveva avuto 38 feriti, vittime quasi tutti di “fuoco amico” e disordinato dei soldati che si sparavano addosso l’un l’altro. Fra i capi uccisi vi erano Antilope Bianca, Occhio Solo e Copricapo di Guerra. Pentola Nera riuscì miracolosamente a trovare scampo, così come Mano Sinistra, sebbene colpito da una pallottola. Ci fu una commissione d’inchiesta militare, che dette dell’operazione un giudizio severo. Tuttavia nessun provvedimento fu preso nei confornti di Chivington. E bisognerà attendere il 2007 per vedere, sulla lapide posta sul luogo, scritta la parola “massacro” in luogo di “battaglia”… La vicenda colpì l’immaginario del Novecento: vi furono dedicati film, come Soldato blu del 1970, serie tv, libri (anche Salgari lo citò nel 1930) e canzoni, tra cui quella di Fabrizio De André Fiume Sand Creek.